Il Parlamento deve affrontare il problema della pirateria somala
La nostra opinione sui 156 attacchi in 3 mesi, sulle 532 persone ancora sequestrate e una media di 5 milioni per riavere una nave
Sarà molto difficile che a breve il
governo trovi un'intesa qualsiasi che possa permettere agli
armatori italiani di equipaggiare con militari o con scorte armate
private le navi che solcano i mari più pericolosi, le così dette
high risk water.
Nonostante la richiesta venga da più deputati della maggioranza e
che il presidente di Confitarma Paolo d'Amico si sia espresso in
tal senso, fin'ora dal Parlamento non è arrivato nessun via
libera.
Il fenomeno della pirateria ha ormai raggiunto un'ampiezza senza
precedenti.
Parlano chiaro gli ultimi dati dell'International Maritime Bureau:
156 attacchi dall'11 gennaio ad oggi, 532 persone attualmente in
ostaggio di cui 307 negli ultimi mesi, e una media di 5 milioni di
richiesta di riscatto per la liberazione della nave.
Cifre da capogiro che hanno fatto impennare verso l'alto i premi
per le polizze per chi passa per il Golfo di Aden, aumentate del
300% con costi per la comunità mondiale che oscillano tra i 7 e i
12 miliardi di dollari al'anno.
L'ultima nave, in ordine di tempo, caduta nelle mani dei pirati è
proprio un'unità italiana, la Rosalia D'Amato della Perseveranza
Navigazione.
La dinamica del sequestro ha dimostrato tutta la debolezza
dell'azione di contrasto messa in atto dalla NATO con la missione
Eunavfor Atlanta.
La nave infatti, anche se molto lontana dalle coste somale e
comunque sprovvista di un team di sicurezza a bordo, è stata
attaccata giovedì scorso a 350 miglia a sud dell'Oman.
A nulla è valsa la presenza di una unità da guerra proprio nel
momento del sequestro così come non è stato possibile alcun altro
tipo d'intervento.
Un tentativo di abbordaggio della Rosalia D'Amato o anche di un
solo semplice inseguimento, infatti, avrebbe soltanto messo a
repentaglio tutto l'equipaggio (7 italiani e 15 filippini) con il
rischio di uno scontro a fuoco e, come tale, dagli esiti
imprevedibili.
Una strategia simile venne messa in atto dalla marina militare
indiana il 26 di marzo, causando la morte di 2 ostaggi pakistani
membri dell'equipaggio.
Medesima la sorte di 4 americani caduti nelle mani dei pirati
somali lo scorso 18 febbraio, i coniugi Jean e Scott Adam,
pensionati californiani con il pallino del mare e i loro amici di
Seattle, Phyllis Mackay e Robert Riggle.
Sequestrati per 5 giorni a bordo del loro yacht, il Quest,
sarebbero, il condizionale è d'obbligo in questi casi, stati uccisi
dai pirati dopo un lungo inseguimento da parte di 4 unità della
marina militare americana.
Secondo quanto dichiarato dal contrammiraglio Fox e affidato un
comunicato ufficiale diffuso dalla Marina, i pirati avrebbero prima
lanciato una granata a razzo verso le imbarcazioni americane che li
seguivano e poi, pochi momenti dopo, si sarebbero uditi degli spari
a bordo dello yacht, spari che avrebbero portato alla morte i
quattro ostaggi.
Di qui la decisione delle teste di cuoio USA di compiere il blitz:
le truppe americane avrebbero raggiunto il Quest e
ingaggiato un conflitto a fuoco con i sequestratori, uccidendone
due e catturandone 13.
Il fenomeno della pirateria rischia di influenzare
significativamente il commercio marittimo mondiale, perché un po'
alla volta risulterà opportuno evitare il canale di Suez.
I pirati attaccano lungo un'area enorme: 2,5 milioni di miglia
nautiche quadrate, dal Golfo di Aden fino a pochi chilometri dalle
coste indiane, in una zona geografica che mette in collegamento
l'Est e l'Ovest del mondo.
La possibilità per le navi italiane di poter imbarcare un
equipaggio di sicurezza a bordo sarebbe una soluzione importante ed
efficace, in grado di ripristinare le condizioni di competizione
tra gli armatori italiani e quelli stranieri.
Non ha completamente torto il presidente di Confitarma Paolo
d'Amico nel criticare il governo che su questo punto tace
inspiegabilmente, tuttavia sarebbe più giusto ricordare che i
disegni di legge in materia di pirateria marittima che giacciono
alla Camera e a Senato, hanno subito un forte rallentamento a
proprio causa della posizione contraria all'imbarco di team di
sicurezza armati a bordo da parte di Confitarma nella figura del
suo CSO Chief Security Officer Cesare d'Amico.
Come a dire «chi è causa del suo mal pianga se stesso...»
E intanto, in attesa che la politica diplomatica europea coadiuvata
da Onu e Nato, il governo italina, gli armatori e i sindacati dei
marittimi si mettano all'opera per contrastare realmente il
fenomeno.
È di oggi la notizia che la Industria Armatoriale Tonniera di Bari,
la società armatoriale italiana che arma la moderna moto nave
tonniera Torre Giulia, ammiraglia della flotta peschereccia
italiana di base alle Seychelles, ha ammainato la bandiera italiana
per issare quella, più garantista degli interessi nazionali,
francese.
Antonio De Felice