Quando il teatro sa parlare al cuore – Di Maurizio Panizza

«Noi diciamo no», un lavoro portato in scena la scorsa settimana a Besenello dalla compagnia «Prove de Teatro» di Calliano

Se l’intento era quello di scuotere gli animi, di ribaltare certezze e in definitiva di rendere partecipi e coscienti gli spettatori di un fenomeno tanto intollerabile quanto inspiegabile quale il tema dei femminicidi, orbene il teatro stavolta ci è riuscito alla grande.
Parliamo di un lavoro ambizioso portato in scena per la prima volta la scorsa settimana a Besenello dalla compagnia «Prove de Teatro» di Calliano che da quasi dieci anni propone opere coraggiose che spesso vanno al di là di dei repertori classici delle nostre filodrammatiche.
Un sold-out di pubblico, quello di Besenello, che ha giustamente premiato il gruppo amatoriale lagarino per una scelta che, a ben vedere, può benissimo essere considerata una proposta degna di una compagnia professionale.
 
Sotto il titolo «NOI diciamo NO», liberamente ispirata agli atti processuali di fatti realmente accaduti, il gruppo guidato dal regista Michele Torresani ha saputo proporre un’opera di forte impegno civile da far trattenere il respiro (e pure le lacrime) ad un pubblico ammutolito dall’inizio sino alla fine.
La scena - peraltro minimalista - è quella di un interno (una casa e un carcere con un tavolo e due sedie) dove, in particolare, si intrecciano dialoghi familiari fra madre, padre e figlio, quest’ultimo incarcerato con la tremenda accusa di femminicidio.
Quello di «Prove di teatro», nel dispiegarsi dei dialoghi qualche volta delicati, spesse volte rabbiosi, diventa così un viaggio doloroso nelle stagioni della vita di una famiglia alla disperata ricerca di risposte improbabili.
 
Una madre (Lia Torboli) sprofondata improvvisamente nella disperazione e annientata nell’anima, all’inizio sottomessa alle pressioni del figlio per garantirlo con l’alibi, poi convinta a mettere la verità al primo posto.
Un padre impulsivo e violento (Enrico Tisi), incapace di instaurare un benché minimo ragionamento con quel figlio tanto diverso quanto uguale a lui.
Una giovane (Valentina Pedretti), decisa a coprire il fidanzato omicida a qualunque costo, anche al di là delle evidenze, accantonando in uno sforzo di malinteso amore pure la gravità del gesto di cui lui si è macchiato.
Il tutto, inserito in un drammatico e incalzante confronto dove le accuse si sprecano nel tentativo di trovare negli sbagli, nelle incomprensioni e nelle parole non dette, la causa di tanta aggressività (se non di cattiveria) espressa dal figlio, impersonato magnificamente da un Mattia Romani in perfetta forma teatrale.
 
E alla fine, quando lo scontro si è consumato e tutti i personaggi ne sono usciti tragicamente sconfitti, rimane nell’aria l’amarezza inespressa e paradossale che forse per i protagonisti l’unico vero colpevole sia proprio la povera vittima, quella ragazzina minorenne che per l’omicida, in fondo, «se l’era andata a cercare».
Come a dire: tutti colpevoli, nessun colpevole.
La pièce della Compagnia «Prove de Teatro» - che non suggerisce mai giudizi, ma sa proporre riflessioni - verrà quanto prima portata in tournée, disponibile ad essere riproposta nei teatri e nelle scuole che ne faranno richiesta.

Mautizio Panizza