Campus Irifor: lo speciale campeggio del rifugio Sores

Venti ragazzi dai 6 ai 17 anni, ciechi e ipovedenti, in vacanza tutti insieme – Gli esperti:«Così imparano a essere più autonomi»


 
Svolgono laboratori teatrali e manuali, fanno musicoterapia, cantano. Ma il loro è un campeggio davvero speciale.
Una ventina di ragazzi, dai 6 ai 17 anni di età, ciechi e ipovedenti, sono in val di Non, al rifugio Sores.
Con i loro assistenti della cooperativa Irifor stanno in compagnia, fanno passeggiate ed escursioni, svolgono attività di riabilitazione visiva e integrazione scolastica.
Tra le altre attività hanno visitato il caseificio e la segheria del posto e andranno all’Acropark.
 
«Lo scopo è quello di renderli sempre più autonomi. Imparano a mangiare da soli o, ad esempio, a rifarsi il letto, – spiega la psicologa di Irifor, Roberta Zumiani. – C’è poi un altro aspetto. quando rientrano dalle vacanze estive noi rimaniamo con loro, li seguiamo nelle scuole dove sono affiancati da un facilitatore dell’integrazione e della comunicazione.»
«In questo modo – spiega Giulia Pieropan, operatrice Irifor – possiamo predisporre per ciascuno di loro un percorso individualizzato, a scuola e con le famiglie.»
 
Il campus di una settimana, coinvolge per lo più ragazzi trentini, ma c’è anche chi viene da fuori regione. Uno di loro, quest’anno, è arrivato Foggia.
Questo è ormai il sesto anno di campeggio: i genitori sono soddisfatti.
«C’è stato chi ha chiesto di allungare il campeggio o riproporlo in inverno, ma per motivi di risorse non è facile – prosegue Zumiani – In compenso, però, riusciamo a riproporre in inverno la giornata delle famiglie, un momento d’incontro che, per i ragazzi, è molto importante.»
 
Quanto valga per questi giovani stare insieme, lo spiegano le parole di Ludovica Giovannetti, adolescente.
«Mi diverto sempre, per me questa non è la prima vacanza in campeggio con Irifor, – racconta. – Ogni anno cambiamo posto, sempre in Trentino ma in zone diverse, e incontro vecchi e nuovi amici.
«Con loro sto bene: mi ricordo che non sono l’unica che ha questi problemi. A scuola mi capita, a volte, di sentirmi fuori dal mondo, di sentirmi esclusa.
«Quando vengo qui siamo in un gruppo, impariamo tante cose, sono contenta.»