Verso le elezioni del 20 settembre – Di Paolo Farinati

Seconda parte dell’intervista a Gloria Canestrini, candidata sindaco di Rovereto per Verdi, Leu, parte del PD e civiche

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Proseguiamo la serie di interviste ai candidati sindaco della Città della Quercia con Gloria Canestrini, la cui prima parte è raggiungibile tramite questo link.
 
Avvocato Canestrini, ci consenta di stimolarla su un'area ben specifica della città: il grande spazio del Follone. Come lo utilizzerebbe?
|Le numerose palazzine previste sull’area del Follone sono impensabili. Innanzitutto tenendo presente la somma dei flussi veicolari: concentrare ancora nuove costruzioni ammassate nel centro porterebbe inevitabilmente ulteriori congestioni di traffico.
«Il motivo principale per cui quello spazio va ripensato e preservato è però anche un altro. Il verde urbano è la principale fonte naturale di lotta all’inquinamento da polveri sottili e ha un importantissimo ruolo di regolazione delle temperature e del clima. Spazi verdi godibili dai cittadini sono quindi una risorsa fondamentale per la salute e il benessere di tutti.
«Detto questo, lo spazio del Follone è talmente ampio che potrebbe tranquillamente contenere anche una palazzina di un piano o due adibita a servizi. Le ipotesi potrebbero essere quella del trasferimento degli uffici tecnici dalla zona Cartiera in centro città, un obiettivo fondamentale del nostro programma.
«La Rovereto di domani dovrà avere gli uffici pubblici a portata di mano, raggiungibili agevolmente a piedi o in bici. Altre ipotesi allo studio, che stiamo considerando nelle nostre riunioni, potrebbero essere quella dello studentato (necessario farlo in fretta) e di un mercato giornaliero dedicato ai prodotti della nostra zona.
«Nella parte dedicata a verde pubblico già sin d’ora escludiamo interventi di arredo urbano che possano togliere agibilità e versatilità agli spazi pubblici.
«L’esempio da seguire è quello dei nostri meravigliosi parchi storici cittadini, un patrimonio storico, culturale e naturalistico non solo da preservare e curare, ma anche da copiare.»
«I giardini interni alla città sono, come appena detto, un grande patrimonio per Rovereto. Sono anche da considerare, appunto, beni storico-culturali e quindi non suscettibili di modifiche o, peggio, di scempi, come quello perpetrato ai danni dei Giardini Italia di Via Dante per l’insensato ampliamento del Circolo Tennis.
«Tre aree, di cui due coperte dedicate non bastavano? Tanto più considerando il doppione della Baldresca.
I Lavini di Marco, lungi dal poter essere campi da golf attrattivi per frequentatori internazionali, come si vorrebbe far credere (18 buche sono troppo poche per siffatte ambizioni) potrebbero ospitare un campeggio o una struttura di accoglienza turistica per i giovani, che a Rovereto manca.
«Data l’ubicazione defiliata, anche qualche concerto. La zona di Miravalle ha già trovato la sua vocazione, ma vedrei bene un collegamento navetta continuativo, per chi non ha le forze per affrontare il Colle a piedi. Anche qui è necessario uno sforzo collettivo per incentivare sempre una mobilità alternativa nell’interesse di tutti.
«Idem per il Bosco della Città, un luogo affascinante a pochi passi dal centro. Invece di percorsi ginnici ormai in disuso, incentiverei il valore naturalistico della selva, ricavandone anche un piccolo giardino botanico di essenze montane.
«Quel posto io lo conservo nel cuore, perché gli alunni delle elementari di un tempo venivano accompagnati lì una volta l’anno a piantare un piccolo albero ciascuno. La festa degli alberi, la chiamavano. Chissà, la mia passione per il verde e la botanica forse è nata così e sono certa di non essere la sola. Si potrebbe pensare di ripristinarla, quella festa: oggi, in tempi di emergenza ambientale, assumerebbe una valenza ancora più forte.
«Qui potrebbe anche aver sede il nuovo laboratorio-giardineria comunale, per la formazione e l’occupazione dei giovani che vorranno prendersi cura delle aree verdi cittadine. Non credo esista investimento migliore.
«Tutti i luoghi bellissimi che abbiamo citato, meritano la stessa regola: riguardo, attenzione e amorevole valorizzazione, nel rispetto dell’ambiente specifico.»
 


L'Università, più sogno che realtà finora per Rovereto. Lei crede in una Rovereto Città Universitaria? E come la costruirebbe nei prossimi anni?
«Rovereto è stata città universitaria, anche se nei tempi passati. Ora questa dimensione è molto ridotta, con la sola presenza del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive (Università di Trento) il cui apporto alla vita cittadina (rassegne, convegni, incontri) non è comunque da sottovalutare.
«Persino una mia amica di Trento ha voluto frequentarla, per la sua seconda laurea! Battute a parte, è vero che in città appare un po’ come un corpo a sé, ospitata ma non percepita come propria.
«C’è bisogno di una rinnovata voglia di dialogo sia con l’Istituzione (ritengo fondamentale la presenza universitaria per la vivacità culturale che ogni Facoltà universitaria regala alla città che la ospita), sia con gli studenti che hanno espresso innegabili necessità, purtroppo sinora inascoltate: studentato, aule studio e miglior collegamento del trasporto pubblico, anche nelle ore serali.
«Non è più rinviabile un nuovo Statuto dell’Università del Trentino, che preveda un concorso paritario fra i due centri di Trento e di Rovereto.
«Posto che vorremmo dare un forte impulso alla conversione ecologica, sia del sistema produttivo che di ogni altro aspetto del futuro cittadino (sto pensando anche a un assessorato ad hoc), affiancare agli sforzi istituzionali anche una facoltà dedicata e multidisciplinare orientata verso questa tipologia di sviluppo potrebbe costituire quel supporto scientifico di cui questo tipo di progetti necessita.»
 

 
Rovereto quale città della cultura e, quindi, anche potenzialmente città turistica. Cosa ne pensa e cosa propone in merito?
«Nell’ambito culturale Rovereto è imbattibile, ma molte di queste potenzialità per ora sono ancora sulla carta. Faccio l’esempio del Mart: viene talvolta ancora percepito come una sorta di cattedrale nel deserto, avulso dalla realtà territoriale che lo circonda. Trattandosi del più grande Museo d’Arte moderna e contemporanea italiano, sia pur voluto e collocato in un sito un po’ defilato e poco visibile, è sorprendente che rimanga spesso un’incognita per gli sperduti visitatori che arrivano da fuori.
«Non è solo colpa della scarsa segnaletica cittadina, ma per buona parte della disattenzione di fatto che il Comune ha riservato a questo enorme centro espositivo (ma anche di ricerca). Mi riferisco, ad esempio, a quello che dovrebbe essere l’importante ruolo del rappresentante del Comune nel Consiglio di Amministrazione del Museo. O alla mancata prosecuzione della splendida Mostra permanente di Fausto Melotti a Palazzo Alberti, una grave perdita recente per la nostra città.
«Il legame istituzionale oggi è scarso, così come lo è il canale informativo e valorizzativo. Bisogna riportare il Mart alla sua funzione originale di interfaccia culturale fra le realtà urbane di Rovereto e di Trento, con un occhio al serbatoio turistico del Garda.
«Nel contempo, renderlo ente propulsore della rete degli altri Centri culturali e museali presenti a Rovereto, che godono di ottima salute.
«Da questa premessa, si evince chiaramente che ritengo la vocazione turistica di Rovereto imprescindibilmente legata alla cultura. Un turismo lento e di qualità è un obiettivo centrale per la nostra città.
«Rovereto e la Vallagarina offrono sia questo aspetto, che un territorio ricco dal punto di vista naturalistico e storico. Tale ricchezza deve avere una ricaduta turistica maggiore. Perché questo avvenga occorre un rilancio del marketing territoriale di valle, che sappia illustrare e promuovere una proposta turistica appetibile in un contesto davvero unico anche nel panorama trentino.»

Paolo Farinati – [email protected]
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