«Gli incontri del giovedì»: 12 gennaio 2017 – Di Daniela Larentis
«La difesa dell’italianità dell’Ufficio zone di confine di Bolzano, 1945-1954» con Giorgio Mezzalira a Mezzolombardo
>
Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con l’appuntamento fissato il prossimo giovedì 12 gennaio 2017.
Il ritrovo si terrà come sempre alle 20.30 presso la Sala Civica di Mezzolombardo, Corso del Popolo 17, e avrà come protagonista il giornalista e storico Giorgio Mezzalira, il quale parlerà di difesa dell’italianità dell’Ufficio zone di confine di Bolzano, 1945-1954.
Ricordiamo che l’evento rientra fra quelli inseriti dall’Ordine dei giornalisti nell’ambito della Formazione professionale continua.
Prima di passare all’intervista, ci preme dare qualche informazione sul relatore dell’incontro.
Giorgio Mezzalira insegna a Bolzano, al Franziskanergymnasium. Laureato in Storia contemporanea all’Università di Bologna, è socio fondatore del gruppo «Storia e regione/Geschichte und Region», membro del comitato scientifico della rivista «Qualestoria», socio Sissco.
Fa parte del Comitato di indirizzo della Fondazione Museo Storico del Trentino e del CdA della «Fondazione Alexander Langer Stiftung».
È inoltre editorialista del «Corriere dell'Alto Adige» e del «Corriere del Trentino» dal 2006.
Ha tenuto numerose conferenze e seminari su tematiche legate alla storia contemporanea, ha svolto attività di docenza a contratto in corsi universitari e attività di collaborazione, ricerca e documentazione storica su incarico di istituzioni ed enti pubblici e varie associazioni.
Ha svolto anche attività di ricercatore e di coordinatore in molti progetti, tra cui segnaliamo gli ultimi in ordine di tempo:
2009-2012 – ARCHIVIO PROVINCIALE DI BOLZANO – FONDAZIONE MUSEO STORICO DEL TRENTINO – UNIVERSITA’ DI TRIESTE, ricerca storica L’Ufficio zone di confine (1946-1954)
2008-2016 – FONDAZIONE DEL MUSEO STORICO DEL TRENTINO, membro del Comitato scientifico del progetto editoriale Storia regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol nel XX secolo
Ha poi collaborato come ricercatore, autore e conduttore di programmi radiofonici per la Sede Rai di Bolzano. Diversi i contributi su riviste scientifiche, fra cui ricordiamo solo:
- Bilinguismo in Alto Adige-Südtirol tra urgenza e minaccia: profilo retrospettivo di una questione, in Altrestorie, n. 46, Fondazione Museo storico del Trentino, 2015
Ha pubblicato numerose monografie sulla storia regionale del 900. Si citano di seguito solo le ultime in ordine di tempo:
- D. D’amelio, A. Di Michele, G. Mezzalira, La difesa dell’italianità. L’Ufficio per le zone di confine a Bolzano, Trento e Trieste (1945-1954), il Mulino, Bologna, 2015;
- S.Lechner, G. Mezzalira, A. Spada, M. Verdorfer, Passaggi e prospettive. L’Età contemporanea in Alto Adige, vol. 3, Athesia, Bolzano, 2013 (versione in lingua tedesca: Übergänge und Perspektiven. Südtirol seit 1919. 3. Band, Athesia, Bozen).
Svariate le curatele al suo attivo, fra cui ne citiamo una del 2015:
- Siegfried Baur, Giorgio Mezzalira, Alexander Langer. Südtirol Abc Sudtirolo, Edizioni Alphabeta Verlag, Merano, 2015.
Fra i saggi in opere collettanee ne riportiamo solo due, fra le più recenti:
- La questione dell’immigrazione italiana in Alto Adige nel dopoguerra, in Rodolfo Taini, Michael Wedekind (a cura di), La regione Trentino Alto Adige nel XX secolo. Popolazione, III vol., ed. Fondazione Museo Storico del Trentino, (in corso di pubblicazione)
- Sebastiano Vassalli e il confine. Brevi note di uno dei suoi venticinque lettori, in G. Riccio (a cura di), Vassalli, il Sudtirolo difficile, Edizioni Alphabeta Verlag, Merano, 2016.
Inoltre, ha scritto numerosi articoli e recensioni bibliografiche su: Mosaico di pace, Distel, Skolast, Sturzflüge, Idee (rivista di Alpha-Beta), Nuova Ecologia, Gaismayrkalender, Arcipelago, il Mattino dell'Alto Adige (quotidiano), Alto Adige (quotidiano), Corriere dell’Alto Adige, Der Erker (mensile dell’Alta Val d’Isarco); su Il mestiere di storico (semestrale Sissco), Politika, Informa e Rassegna (riviste dell'Istituto Pedagogico per il gruppo di lingua italiana), Geschichte und Region / Storia e regione.
In attesa dell’incontro di giovedì prossimo, abbiamo avuto l’onore di porgergli alcune domande.
Quando e come è nata l’idea del libro dal titolo La difesa dell’italianità dell’Ufficio zone di confine di Bolzano, 1945-1954 e chi vi ha collaborato?
«Era l’inizio degli anni Novanta quando, nel corso di alcuni studi sull’immigrazione italiana nel secondo dopoguerra, mi sono imbattuto nell’Ufficio zone di confine.
«Allora avevo potuto consultare solo una pubblicazione edita dall’ufficio e avevo trovato alcuni riferimenti bibliografici circa la sua esistenza e la sua attività. Si trattava di riferimenti molto vaghi ma si capiva che si trattava di un ente importante.
«Alcune visite all’Archivio Centrale dello Stato di Roma me lo hanno in seguito confermato, visto che negli schedari del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri risultavano assenti dei fascicoli che erano stati richiesti dall’Ufficio e lì erano rimasti.
«Vi era traccia dell’ufficio anche nella letteratura che riguardava la Venezia Giulia e la voglia di conoscere il misterioso oggetto di studio cresceva. Nel corso di un convegno a Venezia nei primi anni duemila ho conosciuto Raoul Pupo, storico triestino, anche lui alla ricerca delle carte dell’Ufficio zone di confine. Abbiamo perciò deciso di metterci insieme alla caccia.
«Ci sono voluti altri due anni circa prima di riuscire ad individuare la sede in cui il fondo Uzc era stato collocato e una volta trovato, grazie all’allora direttrice dell’Archivio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Bruna Colarossi, abbiamo avuto la possibilità di consultare per la prima volta i documenti. Era il 2008.
«Considerata la considerevole quantità delle carte custodite, abbiamo pensato di organizzare due gruppi di ricerca, uno triestino e uno altoatesino, e programmato la pubblicazione degli esiti della ricerca. Il volume è uscito nel 2015.»
Ci potrebbe spiegare cosa era esattamente l’Ufficio per le zone di confine e qual era la sua funzione?
«Provo a rispondere in poche battute, premettendo che l’Uzc sovrintendeva per così dire al governo dei confini. Non c’era solo il Brennero ma anche il confine orientale con la Jugoslavia e quello occidentale con la Francia.
«Sotto la guida autorevole di Silvio Innocenti, già Commissario del Governo a Bolzano, che De Gasperi ha voluto a capo dell’Ufficio stesso ed al quale affidò la stesura del progetto di Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige l’Uzc ha avuto una funzione politica di rilievo.
«È stato strumento di coordinamento tra i vari Ministeri, di studio e di decantazione dei problemi derivanti dalla applicazione del primo Statuto di Autonomia in attuazione dell’Accordo di Parigi, nonché di monitoraggio degli equilibri tra i gruppi etnici e di sostegno all’italianità. Proprio la sua funzione politica costituisce, sul piano della ricerca, uno dei temi di maggiore interesse, consentendoci di inserire un fondamentale tassello nella storia dei rapporti tra Roma e Bolzano ed esaminare quali furono gli atteggiamenti e gli orientamenti di governo nei confronti di popolazioni di altra lingua e cultura, che si venivano a trovare dentro ai confini del nuovo stato.»
Come era strutturato da un punto di vista organizzativo-gerarchico l’Uzc?
«L’organigramma dell’Uzc purtroppo non lo conosciamo perché non risulta dalle carte che abbiamo consultato. Sappiamo comunque che l’ufficio poteva contare su un una nutrita schiera di collaboratori e aveva nell’allora giovane Giulio Andreotti un importante responsabile dei rapporti con il governo.»
Come è stata condotta, da un punto di vista metodologico, l’analisi storica dell’argomento trattato?
«È stato ovviamente fondamentale l’incrocio con altre e diverse fonti d’archivio, unitamente ai riferimenti alla ricca bibliografia esistente in lingua italiana e tedesca e, per il versante orientale, anche a quella in lingua slava.
«Va ricordato che l’ufficio, proprio per la sua azione di coordinamento, aveva un flusso di carte che provenivano dai diversi ministeri (esteri, interno, difesa, economia…) e, da questo punto di vista, il lavoro di ricerca e di analisi è stato complesso.»
Cosa è emerso dalla documentazione esaminata?
«Difficile in poche parole dare conto della ricchezza delle questioni emerse. Possiamo dire in breve che il nostro lavoro è servito innanzitutto per togliere l’alone di mistero e di segretezza che avvolgeva l’Uzc e riconsegnarlo alla storia, contestualizzato e analizzato nelle sue importanti funzioni.
«Nel dibattito storiografico sulla questione dei confini, il tema della difesa dell’italianità ha permesso di procedere verso un’approfondita ricognizione sui nodi relativi alla questione nazionale e ai processi di ricostruzione, anche identitaria, dopo il 1945 in Italia.»
A proposito dell’ipotesi dei finanziamenti che furono concessi dal governo italiano a milizie paramilitari operanti nella zona del confine orientale in difesa dell’italianità, cosa ci può raccontare?
Cosa proverebbero i documenti rinvenuti in occasione della perizia fatta dallo storico Aldo Giannuli, emersi nel corso di un’inchiesta giudiziaria sull’attentato all’aereo Argo 16?
«Credo che la migliore risposta a questa domanda l’abbia data Anna Millo nel contributo che appare nel nostro volume e che cito: Il robusto filo che appare legare la variegata galassia dei movimenti di matrice neofascista attivi al confine orientale al governo italiano che li sovvenzionava, agli apparati dello stato, all’esercito, ai servizi segreti che in vario modo li sostenevano e se ne servivano, non può essere inteso come un fenomeno che nel corso della sua non breve esistenza - dal 1945 al 1954 - è rimasto sempre eguale a se stesso, come se fosse l’espressione di un’unitaria alleanza tra i suoi contraenti, dettata da una consonanza strategica sempre concorde negli obiettivi e continuativa nel tempo. Al contrario, l’archivio dell’Ufficio per le zone di confine, con l’ampiezza del suo arco cronologico e la circostanziata profusione di prove documentali, ci permette di capire come questa sia stata un’alleanza tattica, strumentale, dagli obiettivi divergenti, al cui interno possiamo rilevare scansioni temporali diverse.»
La vicenda dei confini non si presta a letture univoche: dalla ricostruzione fatta dell’Ufficio per le zone di confine che conclusioni si possono trarre?
«In termini generali, direi che la complessità non si fa ridurre a semplici e univoche chiavi di lettura. Va semmai colta e interpretata in tutte le sue articolazioni e, da questo punto di vista, l’approccio comparativo che percorre l’intera nostra ricerca e l’intero nostro volume ci ha aiutato.»
Progetti futuri?
«Sì. Ho iniziato un lavoro di ricognizione sulle fonti relative alla cosiddetta stagione delle bombe in Alto Adige, anche alla luce dei nuovi documenti oggi consultabili a Roma. E fra qualche anno una pubblicazione.»
Daniela Larentis – [email protected]