Lo Shylock di Giorgio Albertazzi apre la rassegna teatrale di Ala

Al Teatro Sartori, martedì 18 novembre esordisce la stagione di prosa con un’importante messinscena shakespeariana da non perdere

Nel 450° anniversario dalla nascita di William Shakespeare (1564 - 1616), la compagnia di Giorgio Albertazzi ha realizzato quest’anno «Il Mercante di Venezia», una produzione del Teatro del Ghione per la regia di Giancarlo Marinelli, in scena fino a marzo 2015.
La notissima commedia, presumibilmente terminata nel 1597, narra del patto tra l’usuraio ebreo Shylock e il mercante veneziano Antonio: la garanzia per un prestito chiesto da un amico di Antonio a Shylock innesca la morbosa dinamica di azioni guidate da avidità, cattiveria e invidia del vecchio usuraio da un lato, contro le reazioni legate all’amore e all’amicizia, al rispetto e all’onore che conducono i personaggi più giovani dall’altro.
 
È questa l’opera che inaugura, martedì 18 novembre alle ore 21, il cartellone della rassegna di prosa 2014/2015 presso il teatro Sartori di Ala. Abbonati e appassionati sanno bene quale occasione si offra per assistere a uno spettacolo di estremo valore.
La rappresentazione ruota attorno al protagonista Shylock, impersonato da un imperdibile Giorgio Albertazzi che ha curato anche la traduzione e l’adattamento del testo e che, come sempre, catalizza l’attenzione del pubblico, sospeso tra il ripetuto rinnegare e sostenere una delle due parti in causa.
«Giorgio Albertazzi ha fatto del Mercante un perfetto ibrido che sembra ora scritto da Strindberg e ora da Sartre – indicano le note di regia di Giancarlo Marinelli – passando per la lussuria di Baffo e per i giocosi azzardi di Goldoni. Ha subito capito, fin dai vagiti della luce, che qui l’alba e il mattino (sommariamente intesi come il primordio della vita e quindi la giovinezza) e il tramonto e la sera (da considerarsi come tenebra, come male: come Shylock) sono di fatto non distinguibili.
«È come se i giovani veneziani e il vecchio ebreo siano cerchi nell’acqua creati dallo stesso sasso, riflessi specchianti dello stesso corpo, della stessa vita.»
 
Inoltre, la Venezia che il regista Marinelli mette in scena nulla spartisce «con quella pastellata e appestata di Thomas Mann o con quella livida e morente di Giuseppe Berto».
«Immagino questa Venezia simile a una spiaggia della California; ragazzi bellissimi, donne sinuose come sirene, moto (scafi) che alzano la sabbia e le onde, un senso continuo di vertigine, una perpetua vacanza, musica dappertutto, feste dappertutto, un sabato sera periodico nell’impossibile moltiplicazione della giovinezza: questi ragazzi veneziani fanno continuamente ciò che io, ogni volta che approdo in Laguna, vorrei fare: il bagno.
«Li vedo sempre umidi e seminudi, distesi al sole; anfibi verticali che sbracciano e abbracciano la città».