Ci sono patologie nei disturbi del comportamento alimentare? – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con la dottoressa Francesca Lazzarotto, biologa nutrizionista esperta in educazione alimentare
L’alimentazione ha assunto nella società attuale un ruolo primario.
È ampiamente dimostrato che un corretto nutrimento è di vitale importanza, non solo per assicurare all'individuo uno stato nutrizionale ottimale, ma anche e soprattutto per tutelarne la salute e garantirne la qualità di vita.
La correlazione tra salute e alimentazione è ormai nota, così come è dimostrata la possibilità di prevenire diverse patologie attraverso uno stile di vita corretto.
I disturbi del comportamento alimentare rappresentano una realtà diffusa e preoccupante.
L'obesità è il più serio problema nutrizionale dei paesi industrializzati.
Il nutrizionista deve fornire una vera e propria educazione alimentare. A volte bastano pochi consigli per riequilibrare una situazione alimentare problematica.
Noi li abbiamo chiesti alla dottoressa Francesca Lazzarotto nelle seguente intervista.
Chi è la Dottoressa Francesca Lazzarotto Lazzarotto Francesca, nata a Vicenza il 12/11/1979, laureata a Padova in Biologia molecolare e sucessiva laurea specialistica a Ferrara in Scienze Biomolecolari e Cellulari. Ha conseguito successivamente il Master in Dietologia e Nutrizione umana, il Master biennale in Nutrizione clinica e applicata, il «First certificate of professional training in eating disorder and obesity», «The body project: promoting body acceptance and preventing eating disorders facilitator guide». Dal 2008 esercita la libera professione di Biologo – Nutrizionista occupandosi di educazione alimentare. Collabora con il CST Trento e il centro AIDAP (Associazione Italiana Disturbi Alimentazione e del Peso) di Verona, di cui è socio ordinario. Collabora con l’Istituto Dame Inglesi di Rovereto per un percorso di educazione alimentare alle classi seconde medie e prima superiore e con la D.O.C. service di Trento in percorsi di formazione HACCP rivolti ad alberghi e case di riposo. Aderisce a programmi di educazione alimentare organizzati dai servizi sociali di Trento (Progetto 92, Centro Epicentro e «La cosa nostra»). |
Dottoressa come si svolge una visita nutrizionale?
«La prima visita prevede varie fasi. Inizialmente vi è una fase di ascolto del paziente al fine di conoscere le motivazioni che lo hanno portato a seguire una terapia nutrizionale.
«La consulenza nutrizionale viene svolta sia a persone in condizioni fisiologiche sane, sia a persone con patologia accertata e, in quest’ultimo caso si richiede la diagnosi medica e l’eventuale integrazione di indagini biochimico-cliniche.»
«Successivamente si effettua la misurazione del peso e dell’altezza, calcolando l’indice di massa corporea (IMC o BMI, body mass index), ovvero il rapporto tra il peso espresso in kg e l’altezza al quadrato (kg/h2).
Poi viene effettuata la valutazione antropometrica delle circonferenze corporee di polso, braccio, collo, ascelle, addome, fianchi, a cui segue il calcolo del rapporto vita-fianchi (WHR) con il conseguente rischio relativo.
Infine, il paziente viene invitato a stendersi sul lettino per la misurazione bioimpedenziometrica, un metodo semplice e non invasivo che prevede l’applicazione di quattro elettrodi: due sul dorso della mano destra e due sul dorso del piede destro. Viene così stimata la massa grassa, la massa magra, l’acqua (totale, intracellulare ed extracellulare) e il metabolismo basale.»
«In questo modo abbiamo un quadro completo sullo stato del paziente per poter, in ultima fase, svolgere un’accurata anamnesi alimentare, importante per individuare lo stile di vita del paziente, i suoi pasti e le sue quantità procedendo poi alla stesura di un piano alimentare personalizzato.»
Uno stile di vita sano comprende anche una costante attività fisica, quindi, ritagliare nella settimana qualche ora da dedicarvi migliorerà il peso e la salute?
«Certo, purché venga rispettato il buon senso e la costanza. Qui c’è da fare una distinzione tra stile di vita attivo ed esercizio fisico formale. Il primo si riferisce all’attività fisica che si fa nel quotidiano, come camminare, salire e scendere le scale, pulire casa. Questa attività si monitora con l’utilizzo di un contapassi.
«Studi scientifici pongono come obbiettivo i 10.000 passi al giorno che, a seconda del peso della singola persona, significa consumare dalle 200 alle 500 Kcal al giorno e da 1.400 a 3.500 Kcal alla settimana.
«È bene iniziare gradualmente, magari con 5000 passi la prima settimana per poi aumentarli a 7500 la seconda settimana fino ad arrivare a 10.000 passi. Cercare di camminare mantenendo fiato sufficiente per poter conversare e non avere dolori muscolari.
«L’esercizio fisico formale, invece, è quell’attività come il nuoto, la corsa, il ciclismo, la pallavolo, il calcio, ecc., che comporta uno sforzo tale da aumentare la frequenza cardiaca e respiratoria. Anche in questo caso, se non si è allenati e abituati ad uno specifico sport è consigliabile cominciare gradualmente previa visita medico sportiva.»
A volte le persone fanno uso di integratori per avere più energia e sentirsi meglio. È necessario l’utilizzo di queste sostanze?
«Spesso dipende da quanto si suda: con due litri di sudore viene perso circa un grammo di sodio; considerando che nell’alimentazione c’è sempre un esubero di sale, è sufficiente bere acqua minerale o mangiare della frutta per prevenire crampi muscolari.
«Le cose cambiano per la pratica sportiva di resistenza e prolungata nel tempo dove si consiglia di assumere un’integrazione idrica addizionata di zuccheri, eventualmente anche con minerali, soprattutto prima, durante e dopo l’evento sportivo.
«Importante è ricordare che un abuso di integratori salini è sconsigliabile in quanto un loro eccesso porta problemi di eliminazione renale.»
Quanto sono importanti gli antiossidanti nel nostro corpo e se si in quali alimenti sono contenuti?
«Gli antiossidanti svolgono un ruolo importante in quanto proteggono il nostro organismo dalla formazione di radicali liberi che accelerano il naturale processo di invecchiamento dei tessuti causando danni a molti livelli come le rughe sulla pelle o patologie serie come, aterosclerosi, ipertensione, artrite. Frutta e verdura sono fonte di vitamine la cui importanza nutrizionale risiede principalmente nelle loro potenti capacità antiossidanti.»
A chi vuole perdere peso a tutti i costi, cosa fare e cosa evitare per una corretta dieta ipocalorica? Suggerimenti per le diete fai da te?
«Innanzitutto è bene ricordare che ogni tipologia di alimento ha la sua importanza ai fini del buon funzionamento del nostro organismo, pertanto è consigliabile farsi seguire da persone qualificate.
«L’indicazione migliore per una sana e corretta alimentazione rimane quella di una dieta varia, in cui non vi sia l’esclusione preconcetta di una o più categorie di alimenti (come ad esempio nelle diete dove è prevista l’esclusione di pasta e pane piuttosto che di formaggi, ecc.).
«È sicuramente sconsigliabile intraprendere diete fai da te fortemente ipocaloriche, in quanto queste possono portare a situazioni che producono degli stress dannosi all’organismo, senza peraltro ottenere gli obbiettivi di riduzione del peso che ci si era prefissati.»
I disturbi del comportamento alimentare, cosa sono e quali sono le possibili cause?
«Non c’è una risposta semplice a questa domanda. Le cause dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione non sono ancora note. I dati forniti dalla ricerca più recente sembrano indicare che derivino dalla combinazione di predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali.
«Purtroppo, non si sa ancora nulla sui processi casuali individuali coinvolti e su come i fattori genetici interagiscano con quelli ambientali, nonostante siano stati individuati dalla ricerca numerosi fattori di rischio potenziali; essi si distinguono in due categorie:
1. FATTORI DI RISCHIO GENERALI (Sesso femminile, adolescenza, vivere in una società occidentale)
2. FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALI, come condizioni presenti nei familiari (Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, Depressione, Alcolismo, Tratti ossessivi e perfezionistici, Obesità); esperienze prima dello sviluppo del Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione (Complicazioni ostetriche/ pre-natali, problemi con i genitori, abusi sessuali, esperienze di derisione per il peso e per l’Immagine corporea, lavori o attività ricreative che incoraggiano la magrezza); caratteristiche dell’individuo (Obesità, problemi alimentari e digestivi nella prima infanzia, preoccupazione per il peso e la forma del corpo, tratti di personalità: bassa autostima, perfezionismo, intolleranza alle emozioni; ansia e disturbi d’ansia; comportamenti (dieta).»
Come vengono trattati i singoli casi?
«Il trattamento dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione ha compiuto numerosi progressi, ma ne ha molti da fare. In questo momento per la terapia della Bulimia Nervosa si possono utilizzare vari approcci, la cui efficacia è stata documentata da studi rigorosi.
«Per l’Anoressia Nervosa e gli Altri Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione Specificati e Non Specificati non esistono ancora interventi la cui efficacia sia stata confermata da studi metodologicamente corretti.»
«Per la Bulimia Nervosa le linee guida NICE National Institute for Clinical Excellence raccomandano come intervento di prima scelta per gli adulti la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT-E).
«Per l’Anoressia Nervosa ci sono tre interventi che dovrebbero ricevere priorità di applicazione per la loro implementazione:
- Terapia Basata sulla Famiglia (FBT) con pasti familiari (per bambini e adolescenti con durata del disturbo inferiore ai tre anni);
- Terapia ambulatoriale;
- Trattamento ospedaliero che associa la rialimentazione agli interventi psicosociali.»
Sono più colpiti i maschi o le femmine?
«Il 24 e 25 ottobre 2012 l’Istituto Superiore della Sanità ha stilato un rapporto secondo cui l’età più a rischio è quella che va dai 15 ai 25 anni.
«Se ci concentriamo in questa fascia del campione, gli studi di prevalenza evidenziano come per la popolazione femminile giovanile la frequenza sia dello 0,3/0,8 % per l’Anoressia Nervosa, 0,5-1,5 % per la Bulimia Nervosa, 7% per i Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati.
«Dallo stesso, si evince che colpiscono prevalentemente il sesso femminile con un rapporto femmine/maschi di circa 10-20/1.»
«Secondo un recentissimo studio condotto su 45.000 studenti di 516 istituti in tutto il territorio nazionale e pubblicato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr, il problema è in aumento negli adolescenti, e non riguarda solo le ragazze.
«Anche i coetanei maschi sempre più spesso hanno problemi col cibo. Secondo i dati raccolti il fenomeno è in sensibile e graduale aumento: dal 10,3% del 2009 si passa all’11,2% del 2010 e all’11,4% del 2011.»
Come aiutare un amico o un familiare con un problema alimentare?
«Se pensate che una persona a voi cara, abbia un Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione, ma il problema non è stato mai affrontato direttamente, anche se è un suo diritto decidere se curarsi o meno, è importante che l’aiutiate a raccogliere informazioni sul suo problema.
«La prima cosa da fare è documentarsi leggendo libri o articoli che vi aiutino a capire se la persona cara sia affetta da questo tipo di problema (Dalle Grave R. (2012) Come vincere i Disturbi dell’Alimentazione. Verona: Positive Press). Quindi, documentarsi sulle terapie considerate maggiormente efficaci nella cura di questi problemi. Fatto questo, il passo successivo è comunicare alla persona cara le proprie preoccupazioni sul suo stato di salute.»
«Non esiste il suggerimento infallibile per raggiungere questo scopo, ma vanno comunque sempre usate sensibilità e gentilezza (Favaro A., Santonastaso P. (2002) Anoressia e Bulimia. Guida pratica per genitori, insegnanti e amici. Verona: Positive Press).
«Cercate di tenere sempre a mente, che in molti casi, chi ha un problema alimentare prova anche vergogna per il suo comportamento. E’ consigliabile parlare a questa persona in privato, evitando un atteggiamento critico o ostile (Perché non vuoi mangiare?! Non vedi quanto sei magra?! Mangia! Non vorrai ridurti pelle e ossa!): difficilmente ci mostreremmo ostili con una persona che ha difficoltà a camminare perché ha una gamba rotta!»
«Anche se non siete degli esperti, ditele apertamente che siete preoccupati per lei perché pensate che abbia un problema alimentare, perché molti dei suoi comportamenti sono quelli che avete letto descritti in un libro che fornisce informazioni scientifiche sui Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. A questo punto potreste regalarle lo stesso libro che avete letto voi, chiedendole di leggerlo. Se doveste ricevere un rifiuto, non scoraggiatevi e ritentate con la stessa gentilezza in un’altra occasione.
«Se invece il problema della persona a voi cara è stato accertato da un esperto, ma non è ancora in trattamento, chiedetevi che tipo di aiuto potreste fornirle. Certo, molto dipende dal fatto che la persona manifesti o meno l’intenzione di cambiare, quindi di curarsi: se non vuole cambiare, o non è sicura, aiutatela a valutare vantaggi e svantaggi dell’affrontare un percorso di cura; se invece vuole cambiare, aiutatela ad individuare il trattamento più idoneo.»
«Se la persona a voi cara ha deciso di intraprendere un percorso terapeutico aiutatela nella ricerca, contattando alcuni degli indirizzi selezionati come idonei. Una volta iniziata la terapia, cercate di assumere il ruolo che vi sarà consigliato dal terapeuta; nella maggior parte dei casi, la cosa più utile da fare è tirarsi in disparte e continuare ad assumere il ruolo di sempre: padre, madre, amico, marito o fidanzato. Oppure, chiedetele in che cosa potete esserle utili e comunque siate sempre pronti a sostenerla nei momenti di difficoltà che inevitabilmente incontrerà durante il processo di cambiamento.»
«Se siete genitori di un adolescente cercate di fare del vostro meglio per convincerlo a iniziare un trattamento specialistico, perché la prognosi negli adolescenti è migliore che per gli adulti affetti da Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, ma tenete a mente che sono associati a gravi complicanze mediche e psicosociali che se prese per tempo tendono alla remissione completa. L’adolescente rispetto ad un adulto ha scarsa consapevolezza di avere un problema alimentare; molte volte la resistenza al trattamento può essere un modo per rivendicare la loro identità e autonomia dai genitori.
«Per questi motivi, durante i pasti, mentre il figlio avrà difficoltà ad affrontare il cibo, non siate critici, ostili o manipolativi («Dopo tutto ciò che abbiamo fatto per te, adesso il minimo che possa fare è mangiare questo piatto»).
«Anche in questo caso, con gentilezza fategli sentire che capite la sua difficoltà e che proprio perché lo vedete in difficoltà vorreste aiutarlo ad affrontare il problema avvalendovi anche della collaborazione di esperti.»
Brevemente ci potrebbe spiegare la differenza tra colesterolo buono e cattivo?
«Il colesterolo buono, HDL, viene definito così in quanto svolge un ruolo protettivo nei confronti dell’aterosclerosi. Le HDL sono lipoproteine ad alta densità che svolgono un’azione di protezione sui vasi arteriosi e preventiva nei confronti dell’infarto miocardico, in quanto favoriscono la rimozione di colesterolo dalla parete vascolare convogliandolo verso il fegato.
«Il colesterolo cattivo, LDL, viene definito cosi in quanto è rappresentato da proteine a bassa densità che servono al trasporto dei grassi nel sangue. Sono molecole di grandi dimensioni, in cui prevale la componente lipidica su quella proteica. Hanno la tendenza a depositarsi sulla parete dei vasi innescando il fenomeno dell’aterosclerosi.»
Come si può abbassare il colesterolo cattivo tramite l’alimentazione, quali sono gli alimenti da evitare?
«Le modificazioni della dieta rappresentano l’intervento fondamentale nella diminuzione della colesterolemia. La dieta appropriata va associata a misure di riduzione di altri fattori di rischio: ipertensione arteriosa, fumo, sovrappeso, diabete.
«I principali fattori capaci di ridurre il colesterolo totale e favorire il colesterolo buono (HDL) sono: condizioni di normopeso; dieta ricca di carboidrati complessi e fibre vegetali; alimenti ricchi di acidi grassi insaturi (oli vegetali, pesce); cibi ricchi di sostanze antiossidanti (beta carotene, vitamina C ed E); attività fisica e sportiva regolare.
«Viceversa, i fattori che inducono un aumento della colesterolemia totale e del colesterolo cattivo” (LDL) sono: eccesso ponderale; dieta raffinata, ricca di zuccheri semplici e povera di fibre vegetali; alimenti ricchi in grassi animali e acidi grassi saturi; stile di vita sedentario; fumo; condizioni di stress; carenza di sostanze antiossidanti nella dieta (beta-carotene,vitamina C, vitamina E).»
Diabete ed alimentazione, quali trattamenti?
«Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina.
«Perdere peso se si è in soprappeso: un calo di peso di circa il 10% rispetto al peso iniziale riduce il rischio di diabete e migliora il controllo glicemico.
Limitare gli zuccheri semplici: i dolci vanno tutti molto limitati e se assunti è bene includerli in un pasto principale. Attenzione anche ai succhi di frutta. I dolcificanti, pur avendo un gusto dolce, non innalzano il livello di zuccheri nel sangue.
«Aumentare l’introduzione di cibi ad alto contenuto di fibre: il consumo giornaliero di 5 porzioni tra verdura e frutta e 4 porzioni alla settimana di legumi. I prodotti integrali sono da preferire a quelli raffinati.»
«Ridurre il consumo di sale nella dieta per contrastare l’ipertensione: per ridurre il consumo di sale si consiglia di limitarne al minimo l’utilizzo nella cottura e nella preparazione del cibo.
«Seguire una dieta povera di grassi: preferire l' olio extra-vergine di oliva. Scegliere carni e pesci magri. Il consumo di formaggi e uova va limitato. Due studi importanti hanno evidenziato che le diete povere di grassi riducono anche il rischio relativo d’incidenza di diabete del 58% a distanza di quattro anni.
«Limitare l’assunzione di alcolici: è preferibile assumere gli alcolici durante i pasti.
Considerando la complessità del diabete e le rilevanti complicanze mediche associate, i consigli dietetici sono generali e non sostituiscono le indicazioni del proprio medico.»
Gravidanza, allattamento, menopausa, i consigli per una corretta alimentazione?
«Il periodo della gravidanza e dell’allattamento sono particolarmente critici in quanto la dieta incide in modo fondamentale sulla salute sia della madre sia del bambino. E’ opportuno pertanto aumentare il fabbisogno energetico, questa necessità si verifica dal secondo e terzo trimestre di gravidanza, è valutato in circa 300-400 kcal/die.»
«Nel periodo dell’allattamento l’aumento del fabbisogno calorico è previsto nell’ordine di 500 kcal/die. Inoltre risultano importanti supplementazioni come quella di acido folico (prevenzione della spina bifida ed anencefalia) che troviamo in vegetali a foglia larga, fegato, succo di arancia, fagioli, piselli. Altre supplementazioni prevedono il ferro, il calcio e vitamina D.»
«La menopausa è una tappa fisiologica della vita di ogni donna. Alla modificazione dell’assetto ormonale e conseguente scomparsa del ciclo mestruale, si accompagnano spesso modificazioni metaboliche, quali l’aumento del peso corporeo, i livelli ematici di colesterolo, trigliceridi e glucosio. La tendenza è quella di accumulare grasso, soprattutto a livello addominale. Scegliere una dieta variata ricca di frutta, verdura e povera di grassi. Una dieta povera di grassi e uno stile di vita attivo aiutano a mantenere il peso corporeo.»
Per quanto riguarda gli anziani, quali sono i cibi che devono prediligere per restare in salute?
«Innanzitutto bere acqua nel corso della giornata, anche prima di avvertire lo stimolo della sete in quanto questo segnale è meno sensibile nella terza età.
«In presenza di problemi di masticazione e per facilitare i processi digestivi consiglio di tritare le carni, grattugiare o schiacciare la frutta, preparare puree, frullati, semolini e minestre.
«Inoltre, poiché nell’anziano l’assorbimento del calcio è ridotto, sarebbe utile combinare al latte e derivati un programma di esercizio fisico moderato per rallentare l’inevitabile perdita di massa ossea.»
Nadia Clementi - [email protected]
Dott.ssa Francesca Lazzarotto - www.csttrento.it