Storie di donne, letteratura di genere/ 230 – Di Luciana Grillo
Giuseppina Torregrossa, «Il basilico di Palazzo Galletti» – Romanzo intenso con personaggi veri e solidamente costruiti
Titolo: Il basilico di Palazzo Galletti
Autrice: Giuseppina Torregrossa
Editore: Mondadori 2018
Collana: Omnibus
Pagine: 252, Rilegato
Prezzo di copertina: € 18,50
La Sicilia, i suoni, gli odori, il caldo, le parole sono al centro del nuovo romanzo di G. Torregrossa, scrittrice e ginecologa che si divide tra Roma e la sua terra.
L’isola irrompe prepotentemente in questa storia, che narra vicende complesse e le fa vivere nelle strade, nei vicoli, nei palazzi.
È una storia che contiene altre storie, è la storia dell’amicizia complice che lega Giulia a Marina fin dall’infanzia; è la storia di amore/non amore che vede al centro due commissari di polizia, Sasà – ruvido, tanto stanco e deluso dal suo lavoro che pensa di riprendere a studiare per cambiare vita – e Marò, che dirige il Gruppo Antifemminicidio, che è alle prese con un trasloco, che si è legata a Sasà perché «forse ho paura di rimanere sola», che è delusa dall’ignavia dei suoi concittadini, «sono come cefali nei porti, capaci di adattarsi a tutto… per questo non cambierà mai nulla», che sa di avere «sensazioni olfattive», che si trova ad affrontare un caso difficile, in un ambiente altoborghese, pronto a sbattere il mostro in prima pagina, soprattutto se il mostro è un poveraccio.
E poi, è la storia degli ultimi, Pinuzzo e Maria, subito incolpati e comunque non creduti; è la storia della signora Arcuri, la mamma di Giulia, vestita di bianco, che «piangeva senza lacrime… Sa come sono le madri? Pensano di conoscere i propri figli e poi invece non ne sanno proprio nulla…».
Lungo le pagine, si sprigionano i profumi, il «forte sentore di rosa…una nuvola di profumo intenso, caldo di mirra e pepe nero» e gli odori, «sfrigolava intanto l’olio bollente; nelle padelle si doravano melanzane, zucchine, ciuri di cucuzza… cipolla, aglio e sedano sobbollivano insieme con carne tritata e pomodoro, si spandeva la loro fragranza…» mentre «il… giardino odoroso aspettava di essere innaffiato, ché le foglie della citronella pendevano; l’incenso, invece, come un indomito guerriero, svettava nei vasi di terracotta; il timo tronfio sembrava sfidarla…».
Ci sono poi altre figure, il questore che vuole una veloce risoluzione del caso, la magistrata che con la collaborazione attiva di Marò pretende di raggiungere la verità, il giornalista scientifico e sua moglie fragile e silenziosa, insomma un mondo che tra il ferragosto e la festa di santa Rosalia subisce un inimmaginabile scossone.
Alla verità, alla scoperta dei colpevoli si arriva, mentre Marò si avvicina ad altre esperienze, pensando «che nella sua vita non aveva mai giocato, né da bambina, tutta tesa a compiacere i suoi genitori; né da adulta, impegnata a lavorare il doppio per ottenere quello che ai suoi colleghi era riconosciuto d’ufficio. E anche in amore aveva combattuto una complessa battaglia per conquistare l’approvazione del fidanzato. Forse era arrivato il momento di smetterla di complicarsi la vita e dare attenzioni a se stessa».
E intanto «un’alba di fuoco si allargava su Palermo».
Romanzo intenso, dunque, personaggi veri e solidamente costruiti, ma l’uso abbastanza massiccio della lingua siciliana (forse un omaggio a Camilleri?) rende la lettura, nonostante un piccolo glossario, un po’ difficile e la difficoltà di comprendere immediatamente le espressioni tende a far perdere continuità e concentrazione alla lettura.
Luciana Grillo – [email protected]
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