Terrorismo e instabilità del Corno d'Africa/ 2 – Di Marco Di Liddo
Seconda puntata – Il focus dei vari paesi dell’area, cominciando dall'Eritrea
Fra tutti gli Stati del Corno d’Africa, l’Eritrea è quello più imperscrutabile. Infatti, il pugno di ferro, la censura mediatica e l’isolazionismo con cui il presidente Isaias Afewerki comanda il Paese dal lontano 1993, anno dell’indipendenza dall’Etiopia, hanno reso quasi impossibile qualsiasi apertura verso il mondo esterno.
Eritrea
Il regime di Asmara ha tutte le caratteristiche di uno Stato di polizia nel quale il capillare controllo di ogni aspetto della vita pubblica e privata rende estremamente difficile la nascita e lo sviluppo di qualsivoglia forma embrionale di opposizione.
La sopravvivenza della dittatura di Afewerki dipende in larga misura da due fattori: la capacità dell’apparato militare e dei servizi di intelligence di sorvegliare la popolazione civile e i proventi derivanti dai traffici illeciti di armi ed esseri umani, che oggi costituiscono le principali voci di bilancio per le casse dello Stato.
Alla base della proliferazione di tali attività illegali ci sono fattori prettamente economici, quali il profondo sottosviluppo, e fattori politici, ossia una conduzione di politica estera che ha esposto il Paese a insostenibili sanzioni da parte della Comunità internazionale.
Per quanto riguarda la politica interna, il Governo eritreo respinge qualsiasi principio di pluralismo, rappresentanza democratica e tutela dei diritti politici e civili della popolazione. Nel Paese è autorizzato soltanto il partito presidenziale, il Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (PFDJ), e perseguitata qualsiasi tipo di opposizione.
Nella fattispecie, il mezzo specifico con il quale Afewerki e le gerarchie militari controllano e gestiscono il Paese è il lunghissimo servizio di leva, obbligatorio per tutti gli adulti tra i 18 e i 50 anni. Si tratta di un obbligo della durata ufficiale di 18 mesi, ma che viene usualmente prolungato senza alcun termine di scadenza e senza alcuna motivazione specifica.
I soldati eritrei, sotto la minaccia di torture, detenzione o ritorsioni sui propri familiari, si occupano sia dei compiti strettamente militari, quali la difesa del territorio nazionale, sia di lavori pubblici, come manodopera a bassissimo costo, quali la costruzione di strade, la realizzazione di reti elettriche, la coltivazione dei campi o lavori per gli alti quadri del PFDJ.
Anche i ragazzi che non hanno raggiunto la maggiore età sono cooptati dall’Esercito ed impiegati nei lavori pubblici. Infatti, secondo il programma educativo Mahtot, tutti gli studenti della scuola secondaria sono costretti a completare l’ultimo anno del ciclo di studi al campo militare di Sawa.
La coscrizione obbligatoria viene giustificata soprattutto con le esigenze di difesa dal presunto pericolo di aggressione etiope.
La repressione interna e la povertà, sono le principali cause della massiccia emigrazione eritrea, una delle più alte al mondo in rapporto alla popolazione totale del Paese.
Si tratta di un fenomeno trasversale, che riguarda sia persone in condizioni di vita disperate sia militari che decidono di disertare il servizio obbligatorio. La diserzione è una testimonianza allarmante del malcontento dei militari.
I dissapori che serpeggiano nell’apparato di Difesa e sicurezza del Paese si sono resi ancor più evidenti durante il tentato golpe dello scorso 21 gennaio, quando un centinaio di membri dell’Esercito, guidati dal colonnello Osman Saleh, ha occupato il Ministero delle comunicazioni e la tv di Stato.
Tuttavia, in quel caso, il colpo di Stato è fallito a causa dell’esiguo numero dei congiurati. In ogni caso, il tentato golpe ha messo in luce quanto sia divenuta precaria le tenuta del regime di Afewerki e di come il Paese, al di là dell’apparente immobilismo che lo caratterizza, potrebbe essere travolto da una improvvisa rivolta popolare sostenuta da ufficiali in rotta con il Presidente.
Per quanto riguarda le relazioni internazionali, il governo di Asmara continua ad avere rapporti altamente conflittuali con l’Etiopia a causa degli strascichi della guerra del 1998-2000, primo fra tutti la reciproca rivendicazione sul territorio di Badme, assegnato dalla Commissione per i confini delle Nazioni Unite all’Eritrea nel 2002, ma occupato de facto dall’Etiopia che non ha riconosciuto la nuova delimitazione e la sentenza del Tribunale Arbitrale.
Non potendo competere economicamente, militarmente e politicamente con Addis Abeba, l’unica strategia di rappresaglia che Asmara ha potuto utilizzare è stato il sostegno ai movimenti di ribellione antigovernativi in Etiopia e anti-etiopi nel resto del Corno d’Africa.
Per questa ragione, il regime di Afewerki è stato il principale finanziatore dell’ala estremista dell’Afar Revolutionary Democratic Unity Front (ARDUF), il movimento politico-militare che rappresenta le istanze del popolo Afar, etnia stanziata nell’omonima regione del nord dell’Etiopia, dell’Ogaden National Liberation Front (ONLF), gruppo che lotta per l’indipendenza dell’Ogaden, la ricca regione mineraria orientale etiope popolata in larga misura da somali, e di al-Shabaab.
Tuttavia, non bisogna sottostimare come la propaganda guerrafondaia nei confronti dell’Etiopia venga anche utilizzata come strumento di politica interna e serva a giustificare, agli occhi della popolazione, la limitazione dei diritti, la povertà e la militarizzazione della società.
Le ragioni della lotta dell’ARDUF, erede del Afar Liberation Front (ALF), sono da ricercare nella volontà di formare uno Stato Afar indipendente, corrispondente ai distretti nord-etiopici, all’Eritrea e alla metà settentrionale di Gibuti.
Nonostante l’ARDUF partecipi alla vita democratica etiope e faccia parte delle coalizioni di governo, il partito degli Afar non ha mai del tutto abbandonato la sua vocazione fortemente autonomista.
Le divisioni interne tra sostenitori del dialogo con Addis Abeba e oltranzisti della lotta armata è stato sfruttato dall’Eritrea, che continua a finanziare questi ultimi con l’intento di rendere la regione dell’Afar ingovernabile.
Tuttavia, occorre sottolineare che il governo di Asmara sostiene l’agenda dell’ARDUF poiché questa è ale al suo progetto di «Grande Eritrea», ossia la mai sopita volontà di espandere i confini nazionali includendo tutti i territori rivendicati dal popolo Afar.
Con lo stesso intento di indebolire il fronte interno etiope, Afewerki sostiene politicamente e militarmente l’ONLF, formazione di base etnica somala che, essendo marginalizzata all’interno dell’equilibrio istituzionale etiope, ha abbracciato la lotta armata per la realizzazione della propria un’agenda indipendentista.
Oltre a cercare di destabilizzare il governo di Addis Abeba dall’interno, l’Eritrea continua ad ostacolare il tentativo di espansione dell’influenza etiope in Somalia. Lo strumento preferenziale per la realizzazione di tale intento è la fornitura di armi, equipaggiamento ed addestramento ad al-Shabaab.
La personalità che gestirebbe i contatti dell’Eritrea con i miliziani salafiti somali sarebbe Abdi Nur Siad Abdi Wal, affiliato all’Alliance for the Re-Liberation of Somalia (ARS), il principale referente di al-Shabaab in Eritrea.
Nel corso degli ultimi 5 anni, ben 110 addestratori eritrei sarebbero stati inviati nei territori meridionali della Somalia controllati da al-Shabaab. Inoltre, due colonnelli eritrei sarebbero coinvolti nell’organizzazione dell’opposizione al legittimo governo di Mogadiscio: Taeme Abraham Goitom e Tewolde Habte Negash.
Fino al 2012, il principale corridoio per il trasferimento di armi, denaro e uomini tra Eritrea e Somalia era la tratta aerea Asmara-Baidoa, percorsa illegalmente da piccoli velivoli per ridurre al minimo la visibilità da parte dei sistemi di controllo.
Tuttavia, nel 2012, la presa della città somala da parte delle truppe etiopi impegnate nel supporto all’operazione keniota «Linda Nchi» ha privato il regime di Afewerki del punto di destinazione del flusso di aiuti ad al-Shabaab. Per questa ragione, Asmara ha dovuto modificare la sua tecnica di trasferimento di denaro e armi.
Per quanto riguarda i trasferimenti finanziari, è il Kenya ad essere diventato il nuovo luogo dei contatti e degli scambi tra il regime eritreo e al-Shabaab, vista la presenza di una consistente comunità somala nella capitale keniota Nairobi.
Infatti, attraverso l’Ambasciata eritrea in Kenya avviene uno scambio di denaro (circa 80.000 dollari al mese) tra il regime di Afewerki e i funzionari di al-Shabaab.
Il trasferimento dei contanti dal Kenya alla Somalia è reso possibile dalle cellule terroristiche presenti a Nairobi che, una volta prelevato il denaro dai funzionari diplomatici eritrei, lo consegnavano in Somalia.
Quanto al trasferimento di armi, il regime di Afewerki ha abbandonato le rotte aeree per tornare all’utilizzo delle rotte terrestri. In questo caso, il maggior responsabile del traffico è Sheikh Atom, leader di una milizia affiliata ad al-Shabaab e operante nel Puntland.
Appare evidente come una simile condotta di politica estera abbia attirato le preoccupazioni della Comunità internazionale. Infatti, il sostegno ad al-Shabaab, all’ONLF e all’ARDUF, oltre alla repressione interna, sono costati all’Eritrea l’imposizione dell’embargo sulle armi e un costante isolamento diplomatico.
La caduta dei regimi di Muhammar Gheddafi in Libia e di Hosni Mubarak in Egitto ha privato Asmara dei suoi soli alleati internazionali. Tale condizione ha spinto Afewerki a cercare nuovi interlocutori politici e militari, primo fra tutti l’Iran.
Infatti, Asmara e Teheran, soffocati dalle sanzioni internazionali che colpiscono entrambi, hanno rafforzato la loro cooperazione economica e politica.
Nel 2008 i due Stati hanno firmato un accordo per permettere una limitata presenza militare terrestre e navale iraniana ad Assab, ufficialmente per proteggere una raffineria di petrolio, ma realmente per facilitare il traffico di armi tra i due Paesi.
Marco Di Liddo (CeS.I.)
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