Un seminario ha chiuso oggi la Mostra Vini del Trentino
Si suggerisce il Web per il rilancio del settore ristorazione proposta questa mattina in occasione dell'«Indovina chi comunica a cena?»
Molti gli spunti usciti dal seminario «Indovina chi comunica a cena?» per voce dei relatori Paolo Marchi, Davide Scabin, Enzo Vizzari e Luigi Cremona, che si sono interrogati, moderati da Cristiano Seganfreddo, sulle nuove frontiere della ristorazione italiana e trentina.
Una domanda di fondo: «Come veicolare al meglio e in modo efficace l'immagine dei nostri ristoranti?»
Fare prodotti di qualità è importante anzi fondamentale; poi però bisogna anche saperli comunicare correttamente, in un mercato sempre più globalizzato e nel quale i nuovi media stanno giocando la parte del leone.
Internet, siti di recensioni, social network come Facebook o Twitter: tutti luoghi virtuali dove non basta esserci, ma occorre anche una marcia in più. E qualcosa da dire.
«L'Italia ha bisogno di wake up, di svegliarsi, in tutti i settori – ha detto in apertura il moderatore Cristiano Seganfreddo, introducendo la discussione – il gap con altri paesi attualmente esiste non solo a causa delle speculazioni della finanza, ma anche per la mancanza di una corretta comunicazione delle eccellenze che l'Italia possiede.
«Certo, il digitale non è la panacea di tutti i mali, ma è un punto di partenza che deve sposarsi con concetti come qualità, identità e innovazione, ben sapendo che la comunicazione non è solo pubblicità, ma un atteggiamento più ampio. Partendo da queste premesse, proviamo a fare una panoramica del settore della ristorazione versione 2.0.»
Enzo Vizzari, direttore delle guide dell'Espresso.
«Il quadro nazionale non è dei più confortanti. Fra i ristoranti che entrano nella Guida, conto negli ultimi due anni più chiusure e ridimensionamenti che nei dieci anni precedenti. Sono tempi difficili, ma non è l'unica spiegazione: troppi hanno pensato che per fare il ristoratore bastasse saper cucinare. C'è, in questo senso, carenza di imprenditorialità.»
Parole confermate da Davide Scabin, chef del ristorante Combal.Zero di Rivoli (To).
«Non è più sufficiente essere artigiani, ma serve organizzazione, soprattutto in fascia alta, un livello che richiede anche dinamiche di immagine, con l'organizzazione di congressi e tavole rotonde. Deve partire uno stimolo a rivedere il modello, dalla scelta delle materie prime alla politica dei prezzi con un occhio più attento alle potenzialità del turismo italiano: siamo stati da sempre un popolo di trattori e non di ristoratori.
«Occorre più organizzazione, il modello famigliare non basta più; le nonne sono una risorsa incredibile, ma non più sufficienti.»
Paolo Marchi, patron di «Identità Golose» ha aperto ulteriormente il campo di discussione.
«Giusto interrogarsi sulla ristorazione, ma in Italia il problema è più generale; è un problema anche di politica, soprattutto di scelte turistiche a livello nazionale.
«È vero anche che tra ristoratori non si fa sistema, perché siamo subito pronti a parlare male dei colleghi, mentre invece sapere mandare avanti i migliori fa crescere tutto il movimento.»
Non solo le istituzioni, però. In Italia manca imprenditorialità. Ne è convinto Luigi Cremona, critico gastronomico.
«I prodotti in Italia ci sono, il problema è che ci stanno scippando la ristorazione perché il made in Italy è un brand vincente all'estero, solo che viene sfruttata da stranieri mentre gli italiani latitano. Colpa del nanismo imprenditoriale; pensiamo che la cucina italiana è la più amata nel mondo e questo la dice lunga.»
Ok, ma che possono fare i ristoratori italiani, soprattutto locali, per uscire da questo letargo?
«Occorre in primis fare sistema – ha spiegato Vizzari – a livello di categoria e di territori. Non c'è una ricetta indifferenziata perché i problemi evidenziati sono a livello di sistema-Italia. La filiera agroalimentare e turismo è l'unica risorsa forte del nostro paese per il futuro; sinora non è stata sfruttata a dovere. Serve una cultura maggiore, partire dal marketing e arrivare alla comunicazione e al web.»
«Non siamo capaci di fare sistema, siamo individualisti – è l'opinione di Davide Scabin. – Manca il next step degli attivatori, imprenditori che si svegliano e danno il quid pluris, figure di spicco che prendano in mano la situazione e facciano da punto di riferimento.
«Non continuiamo a dare colpa alle istituzioni, sono i privati a dover cambiare passo, smettiamo di essere alle elementari, dobbiamo andare all'Università.»
Nel concreto, secondo Paolo Marchi, «I ristoratori del territorio devono essere più lungimiranti, investire sui servizi: pensiamo solo alla destagionalizzazione, ai servizi sui trasporti (ad esempio, a Torino nonostante le Olimpiadi di soli sette anni fa, è difficile trovare un taxi con la carta di credito), al settore conferenze-convegni. Fino alle cose più banali, dal sito internet con menù, prezzi, orari, magari in lingue straniere. In altre parole, puntare sull'accoglienza, un concetto ampio che riassume tutti i precedenti.»
«Infatti – ha sostenuto Seganfreddo – c'è una bella differenza fra fare comunicazione e dare informazioni. Uno iato che risulta determinante per la penetrazione del proprio messaggio.»
Dalla sala è arrivato un input dello chef Alfio Ghezzi a focalizzare il discorso anche sul ruolo della formazione.
Ha risposto Marchi. «È essenziale, anche a livello di atteggiamento; il rigore, l'attenzione la gavetta si imparano anche a scuola». Scabin: «Anche in questo senso non diamo colpa alle istituzioni, tocca a noi addetti ai lavori rivitalizzare gli istituti alberghieri e metterci a disposizione, andare a fare lezione, anche gratuitamente.»
Vizzari. «Estendo questo discorso ai tanti programmi tv sulla cucina: sono tanto deprecati ma tutta questa attenzione fa bene alla causa, perché allarga la platea, le curiosità, i problemi.»
A margine del convegno, i partecipanti hanno potuto incontrare i produttori e degustare i loro vini nel corso del programma «Quando il vino è un mestiere».
Con la giornata di oggi si è chiusa ufficialmente la 77ª Mostra Vini del Trentino.
Nella tre giorni sono stati 1.500 gli ingressi, nonostante il maltempo che ha limitato tra l'altro alcune attività previste nel cortile di Palazzo Roccabruna.
Apprezzata la cucina dell'Enoteca provinciale che, attraverso le Strade dei Vini e dei Sapori, ha funzionato ottimamente con il Bistrò, che ha debuttato quest'anno con un positivo riscontro da parte del pubblico, così come le «incursioni teatrali» a cura dell'attrice Maura Pettorruso.
I seminari con i vini del territorio hanno fatto registrare il tutto esaurito e hanno visto protagoniste bottiglie di eccezione, rare ed introvabili, che provenivano da una selezione dell'Enoteca provinciale.