Storie di donne, letteratura di genere/ 187 – Di Luciana Grillo
Alberta Giorgi/Stefania Palmisano, «D come Donne, D come Dio» – La lettura di questo testo è piuttosto impegnativa, eppure se ne esce arricchiti
Titolo: D come donne, D come dio
Autrici: Stefania Palmisano, Alberta Giorgi
Editore: Mimesis 2016
Collana: Relazioni pericolose
Pagine: 197, brossura
Prezzo di copertina: € 18
Questo testo, interessante e ben strutturato, comprende una serie di saggi che prendono in considerazione il mondo delle donne, dalle monache dell’Egitto alle donne predicatrici della Turchia, dalle buddhiste alle sciamane, dalle ascete hindu alle bambole nazionali israeliane.
Certamente, un ruolo fondamentale nella definizione di status della donna lo ha giocato il Cristianesimo; nel Corpus Iuris di Giustiniano si sottolinea «la necessità di tutela e di protezione della donna», e se anche la donna è ancora considerata subalterna al padre e al marito, tuttavia acquista una sua autonomia nel ruolo di madre.
Qualora poi si tratti di una madre vedova, il potere decisionale riguardante i figli è addirittura maggiore, tanto che la si ritiene appartenente ad una categoria privilegiata.
Quanto al monachesimo femminile, è quasi naturale che, anche in ambiente monastico, si ritrovino «legami simili che ripropongono i legami familiari… le donne non poterono mai rinunciare, fino in fondo, alle strutture della famiglia patriarcale».
Il ruolo delle monache rimane comunque marginale e la loro «rivoluzione», cioè il tentativo di abbandonare la famiglia d’origine, proprio per la conservazione o la creazione di legami di tipo familiare, si rivela un fallimento.
Facendo un salto di parecchi secoli, nella seconda metà del ’900 in Inghilterra si assiste «a molteplici cambiamenti nelle appartenenze, credenze e comportamenti religiosi» dovuti alla rivoluzione culturale degli anni ’60, quando ancora la chiesa «proponeva il modello della donna pia…esempio che la nuova donna rigettava a favore di nuovi valori considerati attraenti, come l’autonomia morale e la libertà sessuale».
Un altro interessante saggio riflette sul legame tra genere e religione, sulle nuove forme di religiosità e spiritualità «in grado di fornire alle donne risorse per fronteggiare le sfide derivanti dalla negoziazione di nuovi ruoli di genere e identità che sono eredità delle battaglie femministe», sulla ricerca di una spiritualità «che sia di supporto... per le donne… religiosità alternativa…», sul paganesimo contemporaneo che porti ad una «dimensione femminile del divino… un progressivo allontanamento dalla teologia verso una tealogia…».
Altro tema interessante riguarda le donne tra Religione e Stato: per quanto riguarda la Turchia, ad esempio, si denuncia «la mancanza di spazi e attrezzature adeguate per le donne che frequentano le Moschee… Molti degli spazi… erano usati come magazzini e depositi. Questi erano spesso sporchi e freddi d’inverno…».
È evidente che le donne nell’Islam richiedono «la femminilizzazione di una burocrazia religiosa prettamente maschile…la religione è vista come un possibile strumento di resistenza ed emancipazione femminile…».
Vengono comunque ammesse nel Dijanet (Ufficio Affari religiosi) soprattutto come predicatrici e il loro numero cresce di anno in anno: erano 29 nel 1990, 182 nel 2004, 727 (sul totale di 1.518) nel 2014, anche perché dopo il colpo di stato del 1997 alle studentesse era vietato iscriversi all’Università, se non nelle facoltà di teologia.
E «il modello di donna devota e moderna è andato sempre più consolidandosi».
Un saggio ci riporta in Inghilterra e ci parla delle donne buddhiste, un altro ci conduce in Giappone e ci presenta le donne sciamane, cieche alla nascita o diventate cieche, che «non essendo in grado di portare avanti le attività quotidiane… o di prendersi cura di sé» sono considerate un peso sia per la famiglia che per la comunità.
Perciò diventano itako, membri attivi della comunità, sorta di «mediatori con gli antenati», capaci di «sottolineare e rafforzare i legami fra la famiglia dei vivi e i suoi antenati, tra questo mondo e il mondo dell’aldilà».
Come anticipato, i saggi si susseguono indagando mondi lontani, arrivando in India e descrivendo le donne ascete che incontrano difficoltà e ostacoli sociali per realizzare la loro aspirazione.
Quando ci riescono, esse «hanno comunque un grado di libertà individuale di cui poche laiche possono godere».
In Israele, più che di donne si parla di bambole, fatte a mano ed esibite in esposizioni, a dimostrazione delle diverse posizioni sociali, professioni , religioni manifestate attraverso gli abiti.
Erano e sono donne le artiste e artigiane che le fabbricano, spesso anche immigrate che hanno trovato «un modo di partecipare alla cultura dominante».
La lettura di questo testo è piuttosto impegnativa, eppure se ne esce arricchiti, come se insieme alle autrici ciascuna lettrice e ciascun lettore avesse incontrato sulla sua strada monache, sciamane e tante altre donne.
Luciana Grillo – [email protected]
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