Messa di Natale, una leggenda dal Trentino – Di Daniela Larentis
Giovanna Borzaga la scrisse ambientandola nella valle del Fersina
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Giovanna Borzaga è stata una delle più note scrittrici trentine. Non solo, lei ha collaborato sia con i giornali locali che con la RAI, scrivendo molti articoli riguardanti argomenti storici e sul folklore.
I suoi racconti, le fiabe e le leggende diventarono famosi quando lei era ancora in vita e lo sono tuttora: chi non ricorda il romanzo «Candida e spazzola», il libro che ha fatto piangere e commuovere intere generazioni di bambine, o la raccolta (quella con copertina rigida gialla edita da Luigi Reverdito Editore, una delle prime edizioni se non la prima), intitolata «Leggende del Trentino»?
Un libro che ha affascinato i bambini e i ragazzi di allora, come incanta quelli di oggi (ci sono poi state altre successive pubblicazioni del libro, l’ultima delle quali, stampata nel 2008, edita sempre da Reverdito).
Una di queste leggende riguarda la Messa di Natale ed è ambientata nella valle della Fersina (nota anche come Valle dei Mocheni), una vallata percorsa dal torrente Fersina, ricca di verdi pascoli e meravigliosi boschi, in provincia di Trento.
Secondo la leggenda, tutte le vigilie di Natale accade da sempre (o così si racconta) che i morti si rechino a messa.
È proprio per questa ragione che pare nessuno vada in Chiesa durante la notte Santa.
Stando sempre al racconto della Borzaga, un giorno però si verificò un fatto alquanto strano: una donna, addormentatasi presto a causa della stanchezza, venne risvegliata dal suono delle campane e, credendo che si trattasse dell’annuncio della Messa prima, si alzò e andò alla finestra: vide le stelle nel cielo, ma siccome in inverno le notti sono molto lunghe non si stupì affatto della cosa.
Dopo essersi vestita di tutta fretta e portando con sé «un lumino a petrolio che la guidasse fino in chiesa», uscì di casa.
In poco tempo raggiunse la chiesa che era affollata di gente. La donna si compiacque con se stessa per essere riuscita ad arrivare in tempo, poi iniziò a guardarsi attorno. Che strano, davanti a lei c’era un uomo che le parve di conoscere (Leggende del Trentino di Giovanna Borzaga - Luigi Reverdito Editore):
«Ohibò! Chi era mai quel tipo davanti a lei? Somigliava, come una goccia d’acqua a Franz, che era morto dieci anni prima».
E poi le sembrò di riconoscere un’altra persona dall’aria molto familiare: «E quella? Non era forse la Maria, la sua povera suocera?».
La povera donna, guardandosi attorno sempre più allibita, riconobbe uno dopo l’altro i visi di persone non più vive.
La Borzaga narra così la scena (Luigi Reverdito Editore, ci riferiamo sempre alla vecchia edizione con la copertina rigida gialla – pag. 83):
«A giudicare dalle apparenze lì si erano dati convegno tutti i mocheni morti. La paura strinse il cuore della donna come in una morsa. Si ricordò che quella era la notte di Natale… lei, da sciocca, credendo di andare alla prima Messa, si era recata a quella di Mezzanotte!
«Sempre più impaurita, la donnetta si strinse nello scialle, continuando a guardarsi attorno, di sottecchi. Se ne avesse avuto il coraggio sarebbe corsa alla porta, l’avrebbe spalancata, sarebbe tornata subito, subito, a casa sua. Ma dove prendere il coraggio?».
Come finì la storia? Sarebbe potuta morire lì d’infarto, svenire oppure avrebbe potuto farsela addosso dalla paura e mettersi a urlare, sarebbe potuta uscire correndo, subendo poi l’ira dei defunti.
Ecco, invece, come Giovanna Borzaga immaginò il finale.
La donna individuò fra tutti quei visi diafani una parente morta da poco e accostandovisi si mise a pregare tutti i santi. Lei, senza muovere le labbra, bisbigliò questo consiglio (pag. 84):
«Va via prima dell’Ite, missa est, ma lascia qualcosa di tuo davanti alla porta della chiesa, altrimenti morirai.»
La poveretta naturalmente ascoltò il prezioso consiglio e si diresse quatta quatta verso l’uscita, senza dimenticarsi di lasciare sulla maniglia del portone il suo pellicciotto. Poi, più in fretta che le fu possibile corse a casa.
Quando al mattino udì i rintocchi delle campane uscì di nuovo e si recò in Chiesa per assistere alla Messa (pag. 84):
«Appeso alla maniglia della porta, trovò il proprio manicotto strappato in mille pezzi».
Daniela Larentis – [email protected]