Storie di donne, letteratura di genere/ 130 – Di Luciana Grillo
Edda Negri Mussolini, Emma Moriconi : Donna Rachele mia nonna - La moglie di Benito Mussolini – Il commento di Edda Negri Mussolini alla recensione
Titolo: Donna Rachele mia nonna. La moglie di Benito
Mussolini
Autrici: Negri Mussolini Edda; Moriconi Emma
Editore: Minerva Edizioni (Bologna) 2015
Pagine: 448, brossura
Prezzo di copertina: € 16,90
Per una persona che si chiama Mussolini, non è certo facile ancora oggi confrontarsi con il passato, ma se una nipote vuole raccontare la storia della nonna materna, tutto può risultare meno complicato.
Edda Negri Mussolini è figlia di Anna Maria Mussolini, la figlia più giovane di Benito e Rachele, scomparsa prematuramente, e di Nando Pucci Negri, conduttore televisivo.
La morte della mamma fa sì che le due bambine, Edda e Silvia, siano spesso affidate alla nonna che «era stata la moglie del Capo del Governo, (che) avrebbe potuto essere la gran dama dei ricevimenti e dei lustrini, vivere sotto i riflettori, tenere le mani sempre curate e il viso sempre truccato, indossare abiti cuciti dai migliori stilisti e fatti delle stoffe più costose. Donna Rachele non fu mai nulla di tutto questo.
«I suoi vestiti li cuciva da sé, le sue mani erano quelle di una donna che lavorava, niente paillettes né smalto alle unghie, né ombretti o rossetti o gioielli. I suoi beni erano assai più preziosi: la dignità, prima di tutto, che non si compra, perché un prezzo non ce l’ha. Come l’onore. Come l’onestà. Come la forza. Come gli affetti.»
Con semplicità, Edda ed Emma ricostruiscono la storia quotidiana della famiglia, l’amore che legò Benito a Rachele, amore sul quale lei poté contare, non certo «sulla fedeltà del marito. Miracoli di questo genere non se ne vedono nella vita dei grandi uomini», la nascita della prima figlia Edda, le vicende che videro Benito in prigione, durante la guerra in Libia.
«Alla notizia dell’arresto del nonno – racconta Edda Negri Mussolini – (la nonna) non batté ciglio: un poliziotto le chiese perché non si disperava, non piangeva. La nonna gli rispose: Mio marito non è un assassino né un ladro, e la politica non macchia nessuno.»
La nipote immagina la nonna, abituata alla sua Romagna, costretta a vivere a Milano: «Per pagare il trasloco avevano venduto molti dei loro mobili, ma non i libri del nonno: quelli, aveva detto, erano il suo bene più prezioso oltre a loro», alle prese con i ritmi della grande città e con problemi economici, soprattutto quando Benito fu espulso dal partito e licenziato dal giornale per le sue idee interventiste.
Né le cose migliorarono durante la guerra, quando Benito fu richiamato alle armi, quando, successivamente, fu colpito dal paratifo, quando nel 1917 fu ferito.
Negli stessi anni, comparve sulla scena la trentina Ida Dalser che in qualche modo costrinse Benito a sposare Rachele e a riconoscere la figlia Edda, pur avendo già riconosciuto il figlio Benito Albino.
Tra le due donne ci furono scontri verbali e fisici, Edda parla dell’«austriaca» come di una squilibrata. Ai posteri il giudizio!
Intanto, la famiglia aumenta, nasce Vittorio, poi Bruno, «bello come il sole, con i tratti decisi dei Mussolini e il sorriso dolce dei Guidi. Bruno che, morendo giovanissimo, sarà il più grande rimpianto di Benito».
Il racconto della vita di Rachele e Benito procede con puntualità, si ricordano le donne con cui il Duce ebbe relazioni sentimentali, dalla Sarfatti alla Cucciati e così via, ma si citano anche le parole di Rachele «che ripeteva sovente… Comunque sono io la signora Mussolini, e il Duce torna sempre da me!», si riportano stralci di articoli comparsi su giornali anche stranieri, come il ritratto di Mussolini scritto da Sir Percival Phillips e pubblicato sul Dail Mail di Parigi nel 1923: «una figura solitaria, quasi terribile, perché l’avvenire immediato del Paese è nelle sue mani ed egli procede solo…quando tutta Roma dorme, egli cammina su e giù per il suo appartamento…».
E intanto, Rachele rimaneva se stessa, continuava ad educare i figli già nati e a partorirne altri due, Romano e Anna Maria, «senza tanto clamore: con sé aveva voluto solo la levatrice».
Quando la famiglia andò a vivere e Roma, a villa Torlonia, la nonna apportò varie modifiche all’arredo per rendere la casa «pratica e accogliente. Il nonno si arrabbiava perché diceva che loro erano ospiti e non si poteva spostare nulla. Da buona azdora romagnola nel giardino mise il pollaio, i conigli, fece costruire un porcile, l’orto» e licenziò una domestica, una certa Cesira che «andò a ribellarsi dal nonno, il quale andò dalla moglie per chiedere spiegazioni sull’accaduto. Allora prontamente la nonna Rachele rispose in dialetto: un pis (non mi piace) e basta. Voi comanderete l’Italia ma questa è la mia casa e qui comando io».
Insieme alla nonna, Edda ricorda la zia Edda e sua madre Annamaria, ripercorre ad esempio il matrimonio della prima e la malattia della seconda, mostra lettere inviate dagli italiani alla piccola colpita dalla poliomielite, descrive l’affetto che legava Vittorio e Bruno, entrambi appassionati del volo, l’interesse di Vittorio per il cinema, il suo matrimonio con Orsola Buvoli, l’argentina, la partecipazione di Bruno alla guerra di Spagna, gli incontri del nonno con Hitler, le crociere della nonna sulla nave Aurora, la visita del re alla Rocca delle Caminate, ancora un matrimonio, quello di Bruno con una ragazza romana, Gina Ruberti, destinati entrambi a morte precoce.
E poi, la guerra, la seconda guerra mondiale: «e mentre la guerra faceva il suo corso la nonna continuava a fare il detective… il suo guardare lontano voleva dire scalfire quelle verità che venivano dette al nonno e alle quali spesso lei non credeva, quel suo sesto senso le diceva che non bisognava fidarsi troppo di alcuni personaggi che gravitavano intorno a lui…»
Naturalmente il racconto non può prescindere dalla Storia, quindi troviamo alcune pagine interessanti sul 25 luglio 1943, in cui Rachele sa davvero guardare lontano: «I suoi presentimenti, le sue paure, si stavano tramutando in realtà».
La nipote, che tanto ha amato la nonna, per amore di verità non può non parlare di Claretta Petacci, «la rivale per eccellenza… certamente la figura più grande proprio perché, nell’epilogo, muore con lui», pur pensando sempre a Rachele… «che consuma il suo dolore al riparo dei riflettori. Lei, il punto fermo nella vita di Benito, con il suo coraggio e la sua determinazione».
La vicenda, che tutti conosciamo, si avvia al suo tragico epilogo. Rimane Rachele, testimone forte e dolente, portata con i figli minori al campo di concentramento di Terni prima e a Ischia poi, che chiede di poter riavere il corpo del marito, ma devono passare anni prima che ciò accada.
Edda racconta il matrimonio e la morte della sua mamma, gli anni in cui visse con la nonna, che «sedeva sempre a capotavola» e che ha lasciato in lei una traccia forte, fatta di saggezza, rispetto per gli altri, forza di volontà, «questa piccola grande donna dagli occhi così azzurri da perdervisi dentro» che ha saputo sopportare le tragedie che hanno colpito la sua famiglia «con una forza d’animo che non è facile trovare».
Questo libro si chiude con le ricette della nonna e con i temi della mamma Annamaria, per dare un tocco di leggerezza a una storia familiare che, incrociandosi con la Storia del nostro Paese, ha messo in evidenza drammi, errori, incomprensioni.
Luciana Grillo
(Precedenti recensioni)
Questo il commento dell'autrice, inviato l'indomani della pubblicazione: Buongiorno, sono Edda Negri Mussolini, volevo ringraziare la giornalista Luciana Grillo per la bella recensione, fatto sul Vostro giornale, del Libro Donna Rachele mia nonna la moglie di Benito Mussolini. Una recensione chiara e che ha colto appieno lo spirito del libro. Cordiali saluti. Edda Negri Mussolini. |