Storie di donne, letteratura di genere/ 210 – Di Luciana Grillo
Yasmin Crowther, «La cucina color zafferano» – Romanzo affascinante, scritto con consapevolezza, ambientato tra Europa e Asia e tuttavia riguarda tutti noi
Titolo: La cucina color zafferano
Autrice: Yasmin Crowther
Traduttore: P. Mazzarelli
Editore: Guanda 2006
Pagine: 260, Brossura
Prezzo di copertina: € 16,50
Una possente figura femminile è al centro di questo romanzo, Maryam Mazar, iraniana che vive a Londra con un marito inglese gentile e devoto e una figlia, Sara, con cui i rapporti non sono stati mai particolarmente facili.
Il fatto è che Maryam ha un passato doloroso, non metabolizzato, non elaborato ma, per così dire, nascosto sotto un’apparente normalità che le imponeva di essere una perfetta padrona di casa, sempre intenta a riordinare «la sua immacolata cucina… passava e ripassava lo straccio sulle superfici linde e per l’ennesima volta tornava a disporre la frutta nella fruttiera, rifiutando di mettersi a sedere».
La morte della sorella e l’aborto della figlia scatenano in lei una necessità impellente di tornare laggiù, nei luoghi amati della sua infanzia, dove ormai sono rimasti in pochi.
Né la trattiene dal partire la presenza nella sua casa del piccolo figlio della sorella Mara che a Londra sperava di trovare famiglia ed affetto.
Sara da sempre ha cercato di capire sua madre, e lo ha fatto anche attraverso la testimonianza di Fatima che si era presa cura di Maryam a Teheran e poi della stessa Sara, quando li aveva raggiunti a Londra.
Maryam era come assente, chiusa in un suo mondo, confessava talvolta: «…mi sveglio di notte e per un momento non so dove sono, se qui o là…mi sveglio nel mezzo di un sogno e credo di essere a Mashhad o a Mazareh, ma non è così. Sono qui… Vorrei essere stata una madre migliore».
L’unico modo per continuare a vivere, dilaniata dal ricordo della sua terra e della sua gente, è tornare… «Mi spiace… cado nelle crepe», dice al marito e lui «annuì, grigio come l’alba. Qualunque cosa sia bene per te e per Sara. Sapeva di non poter fare altro».
Così, con Maryam, anche noi lettrici e lettori – guidati dalla mano sapiente di Yasmin Crowther – andiamo laggiù «sorvolando la dorsale di montagne… da Mashhad partì per Mazareh, l’ultima tappa del viaggio… Maryam fissava la luce abbagliante dell’orizzonte… da bambina quel viaggio era occasione di gioia… Guardava le montagne avvicinarsi, una terra color ambra, zafferano e ocra».
E, una volta giunta, «abbassò il finestrino e respirò il silenzio e l’aria frizzante che scendeva dai nevai».
La sua vita sembra ricominciare dal punto in cui tanti anni prima era stata drammaticamente interrotta, rivede le persone care, ritrova Ali, il suo maestro, il suo accompagnatore, il figlio di contadini che aveva avuto la fortuna di essere scelto dal suo potente padre come servitore.
E il ragazzino Ali «aveva ricacciato indietro le lacrime perché la sua famiglia potesse essere orgogliosa di lui», aveva imparato a servire il suo padrone, ma anche a leggere, a scrivere, a profumare gli ambienti con acqua di rose, a fare i conti, a insegnare poesie alla piccola Maryam che sognava una vita assai diversa da quella delle sue sorelle: non voleva sposarsi con l’uomo che il padre aveva scelto per lei e sognava di lavorare, in un ospedale o presso un ambulatorio come infermiera, per alleviare le sofferenze di tanti.
La storia si sviluppa scavando in un mondo arretrato e crudele, in cui il padre che si sente tradito lascia la figlia in balìa di uomini violenti («Ero poco più che una bambina. Non meritavo pietà?»).
Solo il ritorno può sanare le ferite… eppure, come madre, Maryam si sente «imperdonabile».
Perciò scrive a sua figlia: «So di non averne il diritto, Sara, ma se mi è rimasto qualcosa da darti, o da chiederti, in questa vita, è che tu venga a trovarmi qui, dove ho trascorso alcuni dei momenti più felici della mia vita».
Sara decide di raggiungerla, per riportarla a casa, «Prima parti e prima torni aveva detto Julian quel mattino… Vuoi che ti porti qualcosa?, lui fece un cenno di diniego, poi ci ripensò. Un po’ di terra color zafferano?».
Arrivata in Iran, Sara entra nel mondo e nel passato di sua madre e finalmente tra loro tutto sembra chiarirsi, così che al suo ritorno a Londra, dal padre e dal marito, sarà più facile spiegare perché la mamma non sia partita con lei.
E intanto, una nuova vita si annuncia.
Questo è un romanzo affascinante, scritto con consapevolezza, ambientato tra Europa e Asia, e tuttavia riguarda tutti noi che, per un motivo o per un altro, sentiamo un intimo e dolente «straniamento».
Luciana Grillo – [email protected]
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