Una piaga del nostro tempo: il tumore al seno – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con la specialista Carmen Fantò, dottoressa Radiologa

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Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 48.000 nuovi casi di tumore al seno.
Grazie ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell'incidenza, di tumore al seno si muore meno che in passato.
Tra le principali cause si registra l'allungamento dell'età media della popolazione femminile e l'aumento dei fattori di rischio.
Tra questi ultimi alcuni sono modificabili come gli stili di vita; per far qualche esempio, un'alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, il vizio del fumo e l’essere particolarmente sedentari.
Al contrario, fattori genetico-costituzionali o l'età (la maggior parte di tumori del seno colpisce infatti donne oltre i 40 anni) costituiscono elementi di rischio per cui non si può intervenire.
Vincere il tumore al seno è però possibile nella grande maggioranza dei casi, grazie soprattutto alla prevenzione e all'anticipazione diagnostica.
La sfida per il futuro è quella di sensibilizzare le donne sull'importanza della prevenzione come primo passo per sconfiggere la malattia. Notevole a questo proposito è lo sforzo della campagna Nastro Rosa promossa dalla Lega Italiana Lotta contro i Tumori (LILT).
Noi per saperne di più abbiamo intervistato la dott.ssa Carmen Fantò, specialista in Radiodiagnostica ad indirizzo Senologico presso l’U.O. di senologia clinica e screening mammografico presso l’Azienda Sanitaria di Trento.

 Chi è la dott.ssa Carmen Fantò
Originaria di Bari, si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico della sua città. Si è specializzata in Radiologia presso il Dipartimento di Scienze Morfologiche - Biomediche dell’Università degli Studi di Verona, dove ha infine conseguito un Master in Senologia.
Dopo la sua formazione, è rientrata nella sua città di origine, dove si è occupata di Senologia. Nel 2008 il trasferimento a Trento.

Dottoressa Fantò, i tumori al seno sono in aumento. Perché?
«Il tumore della mammella è sicuramente quello che colpisce ogni anno il maggior numero di persone in Italia, tanto che nel corso della propria vita una donna su otto avrà una diagnosi di questa patologia.
«Nel nostro Paese ogni anno ci sono circa 48,000 casi di questa neoplasia, che rappresenta il 29% dei tumori diagnosticati ogni anno alle donne.
«È molto difficile rispondere sull’effettivo aumento di questa malattia, perché una buona parte del territorio italiano non raccoglie informazioni nei registri tumori o gli stessi sono attivi da troppo poco tempo per creare una base di dati stabile. In ogni caso sembra che il numero complessivo dei tumori non aumenti, ma stia lentamente cambiando l'età della diagnosi, grazie anche alla diffusione dei programmi di screening ed in genere alla maggiore attenzione delle donne alla prevenzione. Anticipare la diagnosi fa sì anche che i tumori diagnosticati siano più precoci e piccoli, quindi possano essere trattati con esiti migliori.»
 
Quali sono i fattori di rischio?
«I fattori che aumentano il rischio di una patologia tumorale della mammella sono diversi. Alcuni riguardano la familiarità ed altri lo stile di vita.
«Per quanto attiene la predisposizione familiare e genetica sono maggiormente a rischio le donne che in famiglia hanno almeno due casi di carcinoma mammario precoce (ovvero un tumore maligno della mammella diagnosticato prima dei 50 anni), o che siano positivi ai test genetici specifici per il tumore che individuano una particolare mutazione genetica.
«Per quanto attiene i fattori che riguardano lo stile di vita, invece, possiamo individuare i seguenti elementi:
• l’obesità e un’alimentazione ricca di grassi;
• l'iperinsulinemia, l'insulino-resistenza ed in generale le diete caratterizzate da alimenti ad elevato indice glicemico;
• il consumo di bevande alcoliche. A questo proposito recenti studi hanno evidenziato un'associazione positiva tra tumore della mammella ed il consumo di alcol con una soglia di rischio di 60 grammi per giorno. Da questa soglia in poi, ad ogni aumento di 10 grammi per giorno corrisponde un aumento del rischio pari al 7-9 %.»
 
Esiste una fascia d’età a rischio?
«In termini di rilevanza la fascia di età più a rischio è quella tra i 49 ed i 65 anni, periodo in cui il 39,8% di tutti i tumori diagnosticati alle donne è rappresentato dal tumore della mammella.
«Tuttavia anche al di sotto dei 49 anni il rischio è rilevante (36,0%), mentre è più basso nella fascia over 65 (22,3%). Se invece parliamo di rischio assoluto, cioè del numero di tumori diagnosticati sul totale della popolazione, ogni anno abbiamo 3 distinte realtà:
• fino ai 35 anni vengono diagnosticati non più di 50 casi ogni 100.000 abitanti;
• dai 35 ai 50 anni l'incidenza cresce molto velocemente con l'età raggiungendo tra i 45 ed i 50 anni circa 250 casi ogni 100.000 abitanti;
• oltre i 50 anni l'incidenza raggiunge i valori massimi toccando un picco tra i 60 ed i 65 anni di quasi 350 casi ogni 100.000 abitanti, per poi decrescere senza comunque scendere mai al di sotto dei 250 casi per anno. 
«Anche se la diffusione del tumore della mammella è così elevata, va comunque detto che l'attuale sistema di terapie è molto efficace, tanto che in media l'85% dei casi di tumore registra la sopravvivenza della paziente a cinque anni dalla diagnosi.
«In termini assoluti negli ultimi anni la mortalità complessiva è stata molto contenuta, tanto che attualmente si stima che nel corso della propria vita solo il 3% delle donne muore di tumore alla mammella ed il dato è in netta decrescita.»
 
In che cosa consiste una visita senologica?
«La visita senologica è l’esame base di senologia clinica dove il medico chiede alla paziente di raccontarsi e raccoglie informazioni utili per un’anamnesi completa (età, numero di gravidanze, tipo e durata dell’allattamento, eventuale presenza di mastite che sarebbe un’infiammazione della mammella che provoca dolore, rossore e calore, a volte febbre.
«Questa si verifica anche fuori dal periodo dell’allattamento. Tale anamnesi include, naturalmente, anche il rischio legato alla familiarità e all’uso di terapia ormonale contracettiva o sostitutiva).
«Si approfondisce inoltre il motivo della visita, cioè la presenza di eventuali sintomi, e si prosegue con un esame obiettivo e una palpazione simile all’autoesame. I segni e disturbi rilevati all’esame senologico devono poi essere integrati con successivi esami strumentali per un corretto iter diagnostico.»
 
L’autopalpazione è importante? Come farla nella maniera corretta?
«L'autopalpazione è un esame che ogni donna può fare comodamente a casa propria. Tale pratica permette di conoscere profondamente l'aspetto e la struttura normale del seno così da poter cogliere precocemente ogni cambiamento.
«Si preferisce chiamare tale pratica autoesame in quanto l’autopalpazione propriamente detta è parte dell’autoesame.
«L'autoesame si svolge in due fasi:
• l'osservazione (in piedi, davanti allo specchio) permette di individuare mutazioni della forma del seno e del capezzolo;
• la palpazione (da sdraiati, le dita della mano sono dritte ed unite; si consiglia di eseguire l'autoesame dopo la fine del ciclo) può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c'erano. Occorre palpare con la mano opposta al lato del seno, premendolo con cura con un movimento circolare della mano per tutta l’estensione dell’organo e continuando fino al cavo ascellare, tenendo ben presente l’area attorno al capezzolo.
«Quando si parla di autopalpazione si pensa solo ad un esame per la ricerca di noduli nella ghiandola mammaria, ma, in realtà, grazie a questo controllo, si possono scoprire anche altri segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti della pelle, secrezioni ematiche dal capezzolo o cambiamenti di forma della mammella.
«È importante sottolineare che un tempestivo autoesame consente di anticipare di molto la diagnosi e fa aumentare esponenzialmente le possibilità di intervento, sia nell'ottica di migliorare la sopravvivenza, sia di operare una chirurgia il più possibile conservativa.»
  
Quali sono i primi sintomi per i quali è consigliabile rivolgersi allo specialista? Quali sono i campanelli d’allarme più gravi?
«I segni clinici di neoplasia non sono molto specifici se non per le forme avanzate di malattia. Segni più tipici di una neoplasia maligna, per i quali è consigliabile rivolgersi allo specialista, sono: la presenza di una tumefazione, cioè una nodulazione dura a margini indistinti; modificazioni del profilo cutaneo (retrazione, edema, ulcerazione); secrezione ematica (fuoriuscita spontanea di minute gocce di sangue dal capezzolo); linfonodi ingrossati dell’ascella; eczema del capezzolo (alterazione della pelle del capezzolo che può apparire ulcerato). Il dolore mammario, detto mastodinìa o mastalgìa, non è mai sintomo di patologia tumorale, pertanto non deve allarmare.»
 
Quali sono gli esami consigliati? Quando è necessaria l’ecografia? Quando invece si deve fare la mammografia?
«Esistono protocolli standardizzati che cercano di massimizzare l'utilità diagnostica per la paziente, contenendo al massimo l'utilizzo di radiazioni ionizzanti. Questi protocolli cambiano in funzione dell’età e del fatto che la paziente abbia un sintomo o si rivolga al senologo per prevenzione.
«Per le donne asintomatiche, cioè per coloro che fanno prevenzione, ma non hanno i sintomi prima descritti, si consiglia:
• al di sotto dei 40 anni di svolgere regolarmente l'autoesame mensile e, in caso di dubbio o di prevenzione, un’ecografia può essere sufficiente;
• al di sopra di 40 anni, oltre all'autoesame mensile, va fatta la mammografia di prevenzione ogni due anni, che potrà essere completata da un’ecografia a discrezione dello specialista che legge il radiogramma.»


 
«Per le donne sintomatiche invece si consiglia:
• al di sotto dei 40 anni, una visita senologica e un’ecografia;
• al di sopra dei 40 anni, una visita senologica, la mammografia e l'ecografia.
«In ogni caso, laddove lo specialista lo ritenga necessario, agli esami strumentali possono seguire anche dei prelievi di cellule o di tessuto al fine di tipizzare la lesione individuata e quindi ottenere una precisa diagnosi dell'alterazione rilevata.»
 
Ci può spiegare che cosa sono e a che cosa servono l’agoaspirazione e la microbiopsia?
«Le tecniche cui fa riferimento in realtà sono almeno 3:
• l'agoaspirazione è la punzione con ago sottile, come quelli di una siringa da intramuscolo, al fine di aspirare il contenuto di una cisti intramammaria, per svuotare un ematoma dopo un trauma o ancora per svuotare una raccolta purulenta dovuta ad un ascesso;
• l'agoaspirato è una punzione con ago sottile, come quelli di una siringa da intramuscolo, eseguita con movimenti sali-scendi ed effettuata al fine di prelevare cellule da una lesione individuata strumentalmente. Tale prelievo consentirà di allestire dei vetrini che lo specialista anatomo-patologo potrà valutare per ottenere una diagnosi citologica.
• la microbiopsia consiste in un prelievo di tessuto. Previa informazione e consenso da parte della paziente, si esegue un'anestesia locale e, con un ago di calibro maggiore di quelli da intramuscolo, si procede al prelievo di minuti frammenti di tessuto, detti frustoli, dell'area sospetta da studiare. Esaminando i frustoli si otterrà una diagnosi istologica.
«Oggi si preferisce, laddove le condizioni della paziente lo consentano e la sede sia facilmente accessibile a tale procedura, avere sempre una diagnosi istologica che è nettamente più informativa di quella citologica.»
 
Come avviene la diagnosi di carcinoma mammario?
«La diagnosi di carcinoma della mammella avviene mediante l'integrazione di più esami. Anzitutto vi è l'esame clinico che fornisce un primo rilievo sul sintomo da indagare e consente di realizzare una completa anamnesi della paziente.
«La mammografia è invece la tecnica morfologica che permette l'esplorazione della mammella in tutta la sua completezza e che offre la maggiore sensibilità di diagnosi soprattutto per i tumori in fase iniziale.
«L'uso di apparecchiature di nuova generazione, come la tomosintesi (mammografia volumetrica in tre dimensioni), ci consente di ottenere mammografie più ricche di informazioni a fronte di dosi di radiazioni ionizzanti più contenute che in passato. L'ecografia completa infine l'esame mammografico, fornendo la possibilità di approcciarci in sicurezza all'area sospetta per i prelievi di tessuto o di cellule monitorando le varie fasi dell'esecuzione dei prelievi. Infine in talune condizioni, a completamento della diagnosi, vi è la risonanza magnetica con bobine appositamente dedicate alla mammella.»
 
Quando si parla di metastasi?
«Le metastasi di qualunque tumore, compreso il carcinoma mammario, sono espressione a distanza della stessa malattia. Si tratta di cellule tumorali che, attraverso la circolazione sanguigna o linfatica, passano in organi lontani dalla sede di origine e formano nodulazioni, facendo ammalare gli organi colpiti e rendendo la prognosi peggiore in termini di sopravvivenza per la paziente.
«Con specifico riguardo al carcinoma della mammella, gli organi prevalentemente colpiti sono le ossa, il fegato e i polmoni. Oggi le cure oncologiche possono bloccare con discreti risultati una malattia metastatica anche per diverso tempo dalla scoperta.
«Normalmente alla diagnosi la malattia risulta quasi sempre confinata alla mammella o alla prima stazione linfatica dell’ascella, che corrisponde al primo baluardo che ha fermato l’avanzare delle cellule tumorali.»
 
In quali casi si ricorre all’intervento chirurgico?
«Il ricorso all'intervento chirurgico c'è in tutti i casi di lesioni maligne. Non si opera subito quando i sintomi possono essere legati a tumori molto grandi che richiedono una chemioterapia prima della chirurgia al fine di ridurne la massa, ma anche in questo caso l'intervento non può essere evitato.
«L'unico caso in cui può preferirsi optare solo per una terapia farmacologica al posto dell’intervento chirurgico è quello di pazienti molto anziane. In questi casi solitamente i tumori sono a lenta crescita e quindi può essere utile cercare solo di rallentare la patologia.»
 
Come avviene la ricostruzione del seno?
«Gli interventi chirurgici al seno al fine di curare una forma di carcinoma mammario sono oggi prevalentemente conservativi. Laddove però si renda necessario intervenire su tutta la mammella mediante un intervento di mastectomia (asportazione chirurgica dell’intera ghiandola mammaria, conservando la cute sovrastante ), si può e si deve ricostruire il volume mammario mancante con l'ausilio di protesi estetiche.
«La ricostruzione è oggi contestuale all'intervento di mastectomia, il che significa che fin da subito la paziente può contare su un volume quanto più naturale possibile. In ogni caso la standardizzazione delle tecniche chirurgiche consente di non dover scegliere tra un completo risultato oncologico ed un buon risultato estetico. Quindi oggi indipendentemente dalla tipologia di intervento, conservativo o ricostruttivo, si possono coniugare ottimi risultati sia oncologici che estetici.»
 
Abbiamo parlato tanto di prevenzione quale miglior cura, vuole lasciare qualche consiglio alle nostre lettrici?
«Chiedo a tutte le donne di non aver paura, di prendersi cura della propria salute e della propria vita. L'unica arma che abbiamo per sconfiggere il carcinoma della mammella è una diagnosi tempestiva e questa è possibile solo tramite la prevenzione.
«Essere insomma sentinelle di se stesse, ossia svolgere l'autoesame con regolarità, riportare tempestivamente al proprio medico i sintomi dubbi, aderire ai programmi di screening o comunque, dopo i 40 anni, fare una mammografia di prevenzione ogni due anni anche in assenza di sintomi, consente di fare una diagnosi in modo tempestivo.
«Operare e curare un tumore quando è piccolo non ci mette in pericolo, trascurane uno lasciando che proliferi e magari produca delle metastasi porta ad interventi più invasivi, a cure più pesanti da sopportare, ma soprattutto ci può uccidere.
«Un fenomeno che voglio segnalare e che purtroppo capita sempre più frequentemente per sfiducia nella medicina o per le più diverse convinzioni, è la scelta di alcune pazienti, dopo una diagnosi di carcinoma della mammella, di non curarsi oppure di farlo mediante rimedi alternativi, omeopatici o d'altra natura.
«Non prendiamoci in giro. Per alcune donne questa malattia non spaventa perché non si vede ed alla fine ci si convince che non c'è. Invece è lì e lavora in silenzio, mettendo a rischio la nostra vita. La medicina ha fatto molti progressi: questo tumore, pure essendo il più diffuso, è anche il più curabile e la sopravvivenza è altissima, ma invariabilmente uccide se non viene affrontato nel modo giusto.
«Non vanifichiamo tutti questi sforzi semplicemente perché abbiamo paura. Ancora oggi sento pazienti dire non voglio fare la chemioterapia perché non voglio mi cadano i capelli.
«Negli anni '60 le donne portavano le parrucche per civetteria e si moriva per carcinoma mammario in moltissimi casi. Oggi che invece, grazie alla ricerca ed al lavoro di tante persone, possiamo consentirci di sopravvivere quasi sempre a questa patologia, negarci questa possibilità per non voler portare una parrucca o per altre simili sciocchezze è un delitto verso noi stesse e verso chi ci vuol bene.»

Nadia Clementi - [email protected]
Dott.ssa Carmen Fantò - [email protected] 
Per informazioni o delucidazioni sulla prevenzione e diagnosi precoce del tumore al seno è possibile rivolgersi alla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori - Sezione Provinciale di Trento (Corso 3 novembre 134, tel. 0461.922733, [email protected] - www.lilttrento.it).