«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis
Mauro Neri giovedì 19 dicembre 2019 parlerà di «Cucinare, mangiare e bere nelle leggende e nelle fiabe trentine – L’intervista
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Si avvicina il terzo appuntamento degli «Incontri del giovedì», il seguitissimo ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli.
Si terrà giovedì 19 dicembre 2019 a Mezzolombardo, Trento, come sempre alle 20.30 nella prestigiosa Sala Spaur di piazza Erbe.
Protagonista dell’incontro dal titolo «Cucinare, mangiare e bere nelle leggende e nelle fiabe trentine» sarà Mauro Neri, stimato giornalista, ricercatore e apprezzato scrittore.
Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa. Ricordiamo che le iniziative proposte godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Mauro Neri ha dedicato gran parte della sua produzione letteraria al mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, scrivendo fino ad ora più di duecento libri, tra cui molti di fiabe, racconti e romanzi. Ha scritto anche testi di canzoni, testi teatrali, saggi storici, didattici e poesie e ha curato la realizzazione di trasmissioni televisive, video e documentari.
Con un volume su don Lorenzo Guetti, fondatore della cooperazione trentina, dal titolo «Le stagioni della solidarietà» ha vinto il premio ITAS del Libro di Montagna nel 1981.
Con il volume di poesie «Storie di pietra» ha vinto il Premio internazionale L'Emigrante nel 1996.
Con Rondino, fiaba romanzo per bambini, ha vinto il Premio Giovanni Arpino-Città di Bra nel 2001.
Con il romanzo ambientato nella preistoria Bàcmor ha ricevuto una segnalazione al Premio Città di Castello nel 2002.
Con la raccolta di leggende trentine Quella terra magica tra i monti è stato insignito con un diploma al Premio Parole senza confini nel 2003. Il monumentale volume «Le mille e una leggenda del Trentino» (ed. Athesia), da poco pubblicato, è stato presentato al pubblico il mese scorso nell’affollata sala Falconetto di palazzo Geremia, a Trento.
Come l’autore stesso sottolinea «il notevole corpus di antiche storie raccolte nel libro, prodotte da un popolo legato ai valori della terra, della famiglia, della chiesa e del lavoro, propone moltissimi esempi legati all'arte del cucinare, del mangiare e del bere.
Molte di queste leggende raccontano la penuria di cibo, sottolineano la fame che perseguitava i poveri contadini afflitti da tirannelli senza scrupoli e da intemperanze meteorologiche che spesso mettevano a repentaglio i raccolti e quindi attentavano alla sopravvivenza dei più deboli.
Ma abbiamo anche esempi in cui il cibo diventa ostentazione di potere e simbolo di ricchezza guardato con desiderio e malcelata invidia.»
La serata sarà «un lungo pasto conviviale, passando di storia in storia, di personaggio in personaggio, di leggenda in leggenda, di fiaba in fiaba per annusare i profumi e gli odori di una civiltà scomparsa, di cui rimangono tracce solo in queste narrazioni popolari che costituiscono, oggi, il cuore più profondo e vero del nostro popolo».
Una curiosità prima di passare all’intervista: sulle nostre tavole nel periodo natalizio non possono mancare le lenticchie e nemmeno al cenone di capodanno (si dice che portino fortuna).
Mauro Neri racconta che un uomo di Luserna, invidiando il campo del vicino, nel quale crescevano rigogliose le agognate piantine, un bel giorno decise di rubarle.
Come andò a finire la faccenda di certo non ve lo sveleremo, per saperlo basterà chiederlo direttamente a lui durante l’incontro di giovedì prossimo o leggere il capitolo dedicato alle storie dell’Altopiano di Luserna.
«Le mille e una leggenda del Trentino» è acquistabile nelle migliori librerie, a Trento lo si trova anche presso la storica libreria Ancora di via Santa Croce, a due passi dai mercatini di Natale.
La copertina del libro «Le mille e una leggende del Trentino».
Su quali aspetti verrà focalizzata maggiormente l’attenzione nell’incontro di giovedì 19 dicembre dal titolo «Cucinare, mangiare e bere nelle leggende e nelle fiabe trentine»?
«Cominciamo col dire che queste mille e una leggenda sono lo specchio senza finzioni, senza mediazioni e senza pudori della società antica del Trentino.
«Vi troviamo le pulsioni primarie di una comunità nettamente divisa in due poli: da un lato i pochi ricchi e ricchissimi (di danaro, di terre e di potere), dall'altro i moltissimi poveri alle prese della fatica, di lavori umili e pesanti, di angherie e soprusi oggi irricevibili.
«E il cibo è lo specchio di questo dualismo sociale che da un lato ha prodotto un establishment arroccato in sé stesso e sordo alle istanze sociali e di giustizia che venivano dal basso, dall'altro ha rinfocolato un rancore dapprima sordo e trattenuto, che infine è esploso in una serie di ribellioni violente.
«Bene: vedremo come per i ricchi il cibo sia stato una delle prime ostentazioni di ricchezza e di potenza, mentre per i poveri sia stato il volto triste e magro della fatica, della miseria, della fame.»
Ci sono moltissimi esempi legati all'arte del cucinare, del mangiare e del bere nelle leggende. Cosa emerge, in estrema sintesi, nelle antiche storie da lei analizzate afferenti alla monumentale pubblicazione dal titolo «Le mille e una leggenda del Trentino»?
«Scorrendo le antiche storie trentine – fatte di fiabe e leggende spesso prodotte e inventate, guarda caso, al tepore profumato di legno bruciato delle cucine e delle stube, – quella del cucinare è un'arte comunque semplice, che si basa su prodotti frutto dell'allevamento bovino o caprino oppure ovino oppure del lavoro nei campi e negli orti.
«La cucina è appannaggio quasi esclusivo della parte femminile della famiglia e la prima avvisaglia di una povertà estrema è il ridursi a non avere alcunché da mettere in tavola una volta al giorno.
«Ma la cucina è anche il luogo della solidarietà: al viandante che arriva di sera stanco, sporco, assetato e affamato, viene offerta una condivisione del poco che c'è in casa, di solito pane nero e latte caldo, oppure polenta riscaldata e un uovo cotto.
«Ai lussuosi banchetti che si consumano invece nelle case dei ricchi lo stesso viandante non può accedere nemmeno per raccogliere da terra quel po' che cade dal tavolo e viene cacciato in malo modo. Naturalmente ci penserà la giustizia divina a premiare i primi e a punire i secondi.
«A Mezzolombardo il 19 dicembre proporrò un menù alquanto strano: chiamiamolo un Menù leggendario! A partire dagli alimenti base della cucina (il pane, l'acqua, il vino…), partiremo dagli antipasti (salumi, latte, formaggio…), passeremo ai primi piatti (minestre calde, gnocchi…), ai secondi (carne, polenta, uova, selvaggina, pesce…) serviti con contorni e verdure varie (a cominciare dalle patate, le verze, le lenticchie, il radicchio selvatico, le fave, l'insalata indivia, i fagioli, le cipolline selvatiche, il sedano…); chiuderemo poi la nostra cena della fantasia con la frutta (frutti di bosco, castagne, noci, pere, melarance…), i dolci (torte di ciliegie, torte di ricotta…) e perfino con l'ammazzacaffè (l'acquavite…). Gli ingredienti e le ricette le andremo a scavare proprio nei lontanissimi racconti tradizionali: sarà una cena a base di cibi da leggenda!»
Una curiosità: quando è nata l’idea di scrivere questo prezioso volume e a che pubblici si rivolge?
«Ho la fortuna di poter rispondere con esattezza a questa domanda, perché so per certo che il gusto della fiaba, della leggenda e del racconto – che mi ha accompagnato per tutta la vita come scrittore – è nato all'età di sette anni quando, ospite d'estate di nonna Pia, ad Arco, ogni sera dopo cena avevo diritto a una storia sempre diversa.
«I conti d'Arco, ma anche le streghe del Ballino, il rabdomante del lago di Garda, re Ortint del Monte Baldo sono stati i miei primi personaggi e le loro storie le mie prime emozioni. Ecco perché questo libro che raccoglie mille leggende trentine più o meno lunghe ma tutte rielaborate con uno stile godibile e moderno, l'ho scritto pensando ai genitori, agli zii e ai nonni contemporanei.
«Perché anche i bambini di oggi hanno diritto ogni sera dopo cena di ascoltare dalla voce rassicurante di un adulto di casa che racconta una storia sempre diversa.
«È forse un modo, insomma, per garantirci nuove e future generazioni di scrittori e di lettori, ma anche per rinsaldare i vincoli di affetto che legheranno ancor più i grandi coi loro piccoli di casa!»
Le antiche storie da lei narrate hanno un valore storico e antropologico, in quanto sono testimonianze dei costumi, delle tradizioni, delle abitudini del popolo trentino. Nella sua analisi ha trovato conferma del cibo inteso come simbolo di distinzione sociale?
«Il cibo - assieme al vestito - era la prima e più evidente forma di demarcazione e di distinzione tra il ricco e il povero, tra il signorotto e il suddito.
«Molte sono le leggende - e a Mezzolombardo ne ricorderemo alcune - che descrivono con dovizie di particolari i banchetti castellani ricchi di portate, di vini, di calici di cristallo, di arrosti incredibilmente profumati e gustosi e che si soffermano poi sulle poverissime mense dei più derelitti, costretti a risparmiare sul cibo e a nutrirsi in modo del tutto insufficiente.
«Spreco e gozzoviglie per i primi, volti scuri e rabbia in cuore per i secondi.»
Secondo lei, in una società tecnologica e individualista come quella in cui viviamo che importanza può ancora assumere la lettura delle leggende e delle antiche storie tramandate nei filò di un tempo?
«Proviamo a partire dal presupposto che noi, trentini che vivono all'alba del terzo millennio, siamo oggi comunque e sempre figli di quella società antica che ci è tramandata proprio da queste leggende.
«Noi veniamo da lì! Quelle sono le nostre radici! Pulsioni e desideri, progetti e paure, sofferenze e combattimenti, vittorie e delusioni, amori contrastati e figli coraggiosi, madri generose e padri ostinati, padroni violenti e lavoratori scansafatiche, giovani sbruffoni e ragazze svampitelle…
«L'universo mondo dei caratteri esce da queste 700 pagine con tutta la sua forza dirompente: è uno specchio fedele di ciò che sono stati i nostri trisnonni e in quello specchio noi comunque dobbiamo rifletterci. Per cercare di far tesoro di quelle lontane esperienze.»
La preparazione del cibo legata al concetto di cura è un valore che è mutato per diverse ragioni, c’è stato a poco a poco un aumento del consumo di alimenti industriali e il diffondersi di uno stile di vita poco sano anche da noi. Il pasto è ancora da ritenersi un importante momento relazionale all’interno delle famiglie e in genere nella società? Da scrittore e giornalista che idea si è fatto a riguardo?
«Più che da scrittore e da giornalista, io qui vorrei parlare come uomo qualunque, come padre di famiglia. Se al tempo delle leggende il pasto era di solito un momento di pausa, di riposo dal lavoro oppure di riposo al termine del lavoro quotidiano e come tale rinserrava i ranghi della famiglia, era semmai la povertà del desco sia in termini di qualità sia di quantità a creare qualche problema…
«E comunque se volevi far fuggire quell'Orco maledetto che ogni sera, appena messa in tavola la cena, entrava come un disperato nella cucina di quella povera famiglia di contadini e si sbaffava in meno di un amen tutto quel po' che la donna di casa era riuscita a mettere insieme per quella giornata, allora bisognava ingegnarsi e, letteralmente, far impazzire l'Orco imbandendogli una tavolata con duecento uova fritte nello strutto!
«Di fronte a quell'incredibile, improvvisa, inattesa e impensabile ricchezza, il mostro non poteva far altro che fuggir lontano e non farsi più vedere.
Il problema, semmai, stava nel procurarsi quelle duecento uova: di questo la leggenda in questione non offre ragguagli!»
Lei ha dedicato gran parte della sua produzione letteraria al mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, ha pubblicato oltre duecento libri ricevendo importanti riconoscimenti e prestigiosi premi. A cosa sta lavorando attualmente, ha già in mente dei progetti editoriali futuri?
«Per scaramanzia di solito non si parla mai dei lavori che sono in viaggio. Ho comunque alcuni progetti che sono in fase di scrittura o di ricerca che sono arrivati a buon punto e quindi possono cominciare a uscire dal buio dell'anonimato.
«Dopo Le Mille e una leggenda del Trentino sono quasi pronte Cento fiabe trentine. Si tratta di un patrimonio fiabesco che riemerge dall'Ottocento trentino attraverso gli scritti dell'austriaco Christian Schneller (Holzgau, 5 novembre 1831 - Rovereto 1908). Nel 1979 ebbi modo di tradurre (assieme a Irene Andergassen) per l'editore Innocenti di Trento le fiabe trentine raccolte dallo Schneller e pubblicate poi col titolo di C'era una volta.
«Quelle stesse fiabe le ho oggi riprese in mano riscrivendole completamente con uno stile moderno e oggi godibile per una bella lettura. Il libro sarà pronto per il prossimo anno, pronto per arricchire le biblioteche emozionali dei genitori, degli zii e dei nonni!
«A primavera del 2020, poi, uscirà il libro 42 storie del Monte Baldo e del suo lago nel quale proporrò 42 storie ambientate in altrettanti luoghi di quell'affascinante paradiso naturale che è il Baldo, mentre Silvia Vernaccini e Maurizio Marogna appronteranno e firmeranno 42 schede di approfondimenti naturalistici, storici ed escursionistici per andare fisicamente a visitare quei luoghi che per me sono stati culla di conoscenze, di autentiche sorprese e di forti emozioni.»
Daniela Larentis – [email protected]