Anno 2010: la cantina Endrizzi compie i suoi primi 125 anni

La storia di un'azienda che venne fondata nel 1885, nella Piana Rotaliana, dai Fratelli Angelo e Francesco Endrici

Nella seconda metà dell'800, in un contesto decisamente povero, dove l'80% della popolazione praticava l'agricoltura e molti erano costretti a emigrare, tre Endrici "emigrarono" da Don, in Val di Non (come si legge negli annuali della Canonica) per scendere in Val d'Adige.
Uno, Celestino Endrizzi, andò in seminario e fece carriera: divenne principe-vescovo di Trento.
Gli altri due, Angelo e Francesco, si fermarono a San Michele e fecero fortuna.

Sicuramente non fu facile quel lontano 1885, anno di fondazione delll'azienda, perché arrivò in Trentino la peronospora, che in pochi anni distrusse i tre quarti della produzione di uva.
Alcune specie di viti scomparvero per sempre.
Ma i "Fratelli Endrizzi", che utilizzarono la versione dialettale del loro cognome per denominare la loro Cantina, dimostrarono intelligenza, tenacia e indubbie capacità imprenditoriali.

Già nove anni dopo, nel 1894, comperarono il Masetto, 30 ettari di terreno.
L'anno dopo, nel 1895, cominciarono a costruire la Cantina, che divenne un punto di riferimento per l'economia locale e per la sua capacità di espansione.
Non esistevano ancora le Cantine Sociali, per cui gli Endrizzi vinificavano per i contadini di una zona che si estendeva da Faedo a Pressano alla Piana Rotaliana.

Ben 900 indirizzi di fornitori uve appaiono nel «libro graspati» di quegli anni.
La Cantina fungeva da Banca e anticipava i soldi per l'annata agraria al tasso dell'1%.
All'estero vennero istituiti dei depositi a Graz, Salisburgo e Bregenz. Venne acquistata una Cantina a Sankt Margrethen in Svizzera.
Vennero raggiunte importanti città dell'impero austro-ungarico: Vienna, Praga, Belgrado.
Altre attività agricole affiancarono la viticoltura: la produzione di grano e mais, la bachicoltura e la produzione di latte e carne bovina appoggiata a ben tre stalle.

La prima guerra mondiale e la diffusione della filossera nel Trentino furono un macigno sulla via questo strepitoso sviluppo.
La guerra non significò solo devastazione, perdita di manodopera, sottosviluppo, ma anche la perdita del mercato di riferimento: l'Impero.
La corona austriaca perse immensamente di valore, i crediti furono svalutati o persi.
Si dovette ricominciare in uno Stato nuovo, l'Italia più piccola, più povera e… piena di vino!

Nel frattempo la gestione dell'azienda era passata a Romano (figlio di Francesco, che subito costruì una nuova cantina a Mezzocorona).
La Crisi del 29 colpì duramente anche il Trentino e il settore vinicolo per alcuni anni, quindi Romano cambiò strategia. Decise di acquisire bar e ristoranti in Trentino Alto Adige per fornirli solo di vini Endrizzi.
Il più famoso fu la Ca' de Bezzi a Bolzano.

Romano fu Presidente del Sait, «Console» dell'Unione Italia Vini, Sindaco di San Michele fino ad essere eletto «Preside» della Provincia di Trento nel 1936.
In quegli anni Celestino Endrici era divenuto Vescovo. Dal 1936 al 1940 gli Endrici detennero il potere politico e quello spirituale del Trentino…

L'impegno politico non distrasse Romano dagli affari, che a metà degli anni Trenta ripresero anzi un ciclo fortemente espansivo.
A Trento venne acquisito Palazzo Manci in Via Belenzani, quale casa d'abitazione della Famiglia e spazio per gli uffici della Filiale cittadina.
A Bolzano/Gries venne acquistato maso Franch, un complesso con Cantina e distilleria, uffici ed 11.000 mq di campagna.

Romano fondò molte Società vitali.
Nel 1933 la «Cusva» (Centrale Utilizzazione Sottoprodotti Agricoli) con sede a Lavis.
Nel 1937 la «Uniprovin» (Unione Produttori Vini Fini).
Nel 1938 la «COT» (Centrale Ortofrutticola Trentina).
Nel 1943 la «Società di Esportazioni» che acquisì una Cantina in Romagna.
Tutte queste società, collegate col settore vinicolo, erano dotate di sedi, strutture, personale e ottenevano importanti risultati economici.

Negli anni Trenta era ripresa con forza l'esportazione di vino soprattutto verso Germania, Svizzera e Francia.
Gli spazi perduti colla Grande Guerra erano stati recuperati, anzi la Endrizzi prosperava come non mai.

La Seconda guerra mondiale colpì ancora più duramente della prima.
Il palazzo di Via Manci venne distrutto da una bomba (al suo posto è stato ricostruito - da altri - il palazzo della «Galleria Tirrena»), la cantina in Romagna e quella di Mezzocorona furono pure distrutte.
I nazisti, che occuparono il Trentino Alto Adige (Alpenvorland) dopo l'8 settembre 1943, confiscarono i beni italiani in Alto Adige per ridistribuirli ad altoatesini di lingua tedesca.
Ca' de Bezzi, i bar di Bolzano e Bressanone e parte del Maso Frank erano perduti…

Franco, padre dell'attuale titolare dell'azienda, fu catturato dagli Inglesi in Africa, dove fungeva da ufficiale di collegamento fra il Comando italiano e Romme.
Rimase prigioniero in India fino al 1946.
Quando ritornò, tutto era perduto. Non solo le strutture e le varie società, ma soprattutto la Clientela tedesca, che aveva ben altri problemi che il piacere del vino…
Dovette ricominciare tutto da capo. Ma gli Endrici sono caparbi, e Franco lo era particolarmente.
Le bottiglie in quel periodo erano invendibili, così avviò un commercio di vini sfusi in cisterne.
Ricostruì la Cantina a Mezzocorona facendola servire da un binario della ferrovia.

Dal 1956 fino al 1975 fu Presidente del Comitato Vitivinicolo Trentino, organismo che rappresentava tutte le componenti del Comparto Vitivinicolo: Cooperative, Vignaioli, Industriali e Commercianti.
Fu il primo nel 1956 a lanciare l'idea di una strada del vino del Trentino, con progetti, depliant e addirittura un film.
L'esecuzione si arenò (forse era troppo presto), ma sarebbe stata la prima strada del vino d'Italia.
Avviò e curò la mostra dei vini del Trentino. Ma il suo merito è aver dato dignità e immagine al vino Trentino, che prima di lui veniva venduto come vino da taglio per migliorare i vini veronesi o altoatesini.

Franco, uomo di grande cultura e molteplici interessi, lavorò fino ai suoi 89 anni e visse fino al 2006, raggiungendo la bella età di 94 anni.
Per questo lui ringraziava il buon Dio e il buon Teroldego, che aveva contribuito a tenerlo in salute e in forma per tutta la vita.

Nel 1975, dopo aver conseguito una brillante laurea in giurisprudenza, entra in ditta Paolo Endrizzi (nella foto con la sua famiglia), il quale cominciò un nuovo lavoro di riposizionamento ed espansione dell'attività.
Un notevole impulso all'attività venne dall'88 in poi dalla moglie di Paolo, Christine (nata a Reutlingen nei pressi di Stoccarda), che portò idee e passione nuova nella nostra attività.

Endrizzi esporta tutt'ora l'80% della propria produzione, che l'anno scorso ha superato le 600.000 bottiglie, vendute nel mondo nei migliori ristoranti ed enoteche di venti Paesi diversi.