Storie di donne, letteratura di genere/ 190 – Di Luciana Grillo

Lidia Luberto, La casa delle bifore – È una sorta di gioco di specchi in cui si riflettono vite diverse…

Titolo: La casa delle bifore
Autrice: Lidia Luberto
 
Editore: Guida 2014
Genere: Narrativa italiana
 
Pagine: 112, Brossura
Prezzo di copertina: € 13
 
Lidia Luberto è una giornalista della carta stampata, che collabora con riviste e quotidiani. Scrive con scioltezza, consentendo a chi legge di entrare subito nella storia.
Da un’intervista a una donna straordinaria è nato questo piccolo romanzo che ci presenta un ambiente antico, ben conservato, molto apprezzato dai turisti colti, anche da personaggi illustri come, ad esempio, Dario Fo.
L’intervistata è una persona capace di raccontare il suo percorso di vita con entusiasmo e lucidità; è interessante capire l’effetto che le parole dell’intervistata hanno su chi fa l’intervista.
È una sorta di gioco di specchi in cui si riflettono vite diverse…
 
La casa delle bifore esiste, è un fabbricato che porta con sé il sapore del passato, che emana armonia e serenità, abitato da Ursula Pannwitz, artista versatile giunta a Casertavecchia dopo aver vissuto sulla sua pelle, in Germania, il nazismo, la guerra, un matrimonio senza amore.
Per l’intervistatrice, l’incontro con Ursula diventa occasione di riflessione sulla sua vita, sul suo mondo, sulle sue scelte… «Rimanere indifferenti di fronte a lei era impossibile, non si poteva fare a meno di essere colpiti dalla sua energia, dalla sua personalità».
Ursula alternava parole e pause, «io l’aspettavo, ammirata, e la osservavo mentre combatteva, con ostinazione, la sua battaglia faticosa contro l’oblio in cui la sua mente stava annaspando».
 
Quando nella sua vita comparve Vincenzo «fu subito amore», Ursula lasciò tutto e si trasferì in Italia, per vivere con lui e «condividere momenti di quotidianità, quelli che fanno, di un uomo e una donna che si amano, una coppia».
Per l’intervistatrice è immediato il confronto: «Era accaduto anche a me, ma per mancanza di coraggio e determinazione, avevo lasciato che quel treno passasse oltre… Avevo rinunciato a quell’amore intenso e profondo… E la colpa era solo mia».
Affiorano, nell’intervistatrice, sentimenti contrastanti, ripensamenti, valutazioni, forse perché «mi veniva in mente ora parlando con Ursula, a essere messe in evidenza, erano le mie inabilità, piuttosto che le mie potenzialità. Così mi ero convinta del mio scarso valore e ciò mi toglieva forza e autonomia».
 
Insomma, ascoltando una storia lunga, affascinante e complessa di dolore e di riscatto, la giornalista riesce a guardare il suo passato e la sua storia con occhi diversi: «Ursula mi stava insegnando che non basta sognare per ottenere ciò che si desidera. Bisogna volere fortemente… bisogna chiedere, parlare, urlare. Andare dritti per la propria strada, senza titubanze, perplessità, ripensamenti».
Sicuramente il dialogo e l’ascolto aiutano, ma spesso sono anche i luoghi a favorire pensieri e riflessioni, e quella casa ricca di oggetti realizzati con amore è il posto giusto anche per la narratrice: «Il subbuglio che Ursula, la sua storia e la sua casa avevano provocato nella mia vita, le domande che mi avevano stimolato, le risposte che ancora cercavo, forse le avrei potute trovare lì… Dovevo lasciarmi andare, guardarmi dentro, senza fare resistenze».
 
L’intervistatrice lo fa, raccoglie da Ursula un ideale testimone e a lei ritorna ancora per trovare se stessa, in un luogo ricco di fascino e carico di storia, capace di trasmettere un senso profondo di serenità e pace.
 
Luciana Grillo – [email protected]
(Tutte le recensioni)