Storie di donne, letteratura di genere/ 322 – Di Luciana Grillo
Sandra Petrignani: «Lessico femminile» – L'autrice svela l’essenza femminile attraverso parole di scrittrici e filosofe: Virginia Woolf, Elsa Morante, Natalia Ginzburg
Titolo: Lessico femminile
Autrice: Sandra Petrignani
Editore: Laterza 2019
Genere: Saggio letterario
Pagine: 188, rilegato
Prezzo di copertina: € 18
Questo libro mi è piaciuto fin dal titolo che evoca apertamente un altro Lessico f… amiliare, quello di Natalia Ginzburg; altro motivo di grande interesse per me è l’esplorazione del mondo femminile (che anni fa anche io ho tentato, abbinando letteratura e famiglia in «Costruire Letteratura con mani di donna»): in questo caso l’autrice va oltre, analizza direi al microscopio le vite, le storie, le case di tante scrittrici con lo scopo dichiarato di «decifrare la tela di un pensiero e di un lessico nostri».
Sandra Petrignani, giornalista colta e sensibile, autrice di romanzi, racconti di viaggio e biografie, sempre attenta al mondo delle donne, ha raccolto «impronte, ombre, tracce volontarie, opere e fatti, i fatti della vita delle donne, soprattutto scrittrici, filosofe a volte, per rileggere il mondo dal loro punto di vista», per «trovare il bandolo del nostro comune sentire» e lo fa a partire dal prologo in cui riporta un breve scritto di Nina Berberova che esalta il senso di libertà: «Se nel destino di un uomo la libertà è prevista, in quello di una donna è una conquista. Una donna deve lottare prima di tutto contro se stessa per apprezzarla… A una donna la libertà può persino fare paura».
Così, mettendo insieme ricordi di letture, di incontri e interviste, Petrignani ci accompagna nel lontano nord, «dove s’incontrano i mari, il Baltico e il mare del Nord», a visitare la casa-museo di Karen Blixen, confronta i comportamenti diversi di George Simenon – che lasciava fuori dal suo studio la figlioletta che voleva giocare con lui – e di Jane Austen «che ha scritto i suoi romanzi seduta a una piccola scrivania in mezzo a una stanza dove tutti potevano disturbarla», rilegge le descrizioni delle case «in cui vivono i personaggi, insidiate dal tempo e dagli oggetti» riportando stralci da scritti di Fabrizia Remondino e Virginia Woolf.
Gli scritti delle donne sono diversi, la scrittura femminile «esiste eccome: di fronte all’eternità della morte, alla scomparsa del passato, all’usura e alla rovina, una donna nota… l’irrimediabile malinconia di un vecchio scialle che dondola nella brezza, nell’aria rimasta vuota della persona che usava avvolgerselo intorno alle spalle».
E dunque ci parla di tante donne e del loro rapporto con la casa, con l’amore, con madri, figli e tempo: ad esempio, cita Marguerite Yourcenar che diceva: «La mia personalità è come la mia casa, apertissima», e che – nel capitolo in cui Petrignani scrive del rapporto tra figli e madri – nega di avere conti in sospeso con le figure dei genitori»; e Marguerite Duras secondo cui il mantenimento di una casa è una «impresa pazzesca» che ogni donna si trova sulle spalle, anche lei che affrontò sia il dolore di un aborto che la tragedia di perdere un bambino appena nato.
E quanto al rapporto con la madre, Duras ricorda di averla molto amata, ma di non essersi sentita ricambiata.
Poi è la volta della Ginzburg, che scrive di voler tenere pulita e ordinata la sua casa e non condivide «il modo in cui figli e nuore crescono i nipotini…, detesta il disordine che regna nella casa, la sporcizia».
Clara Sereni riflette sui «lavori di casa che ci assediano… come un impegno, come senso di colpa, come rifiuto o come rifugio… generazioni e generazioni di madri ci sfilano davanti, paradiso della memoria infantile, inferno delle loro vite annichilite dalla fatica, dalla noia, dall’isolamento».
Petrignani va avanti, cita Anna Maria Ortese e Lalla Romano, Azar Nafisi e Joyce Carol Oates, Margaret Atwood che vorrebbe scrivere un romanzo e invece lava e strizza la biancheria.
Nel capitolo dedicato all’amore, c’è Francoise Sagan per la quale «le parole fare l’amore hanno un loro fascino speciale, tutto verbale, indipendente dal significato. Il termine fare, materiale e positivo, unito all’astrazione poetica della parola amore, mi entusiasmava» e c’è Lidia Ravera che, insieme con Marco Lombardo Radice, scrisse «Porci con le ali» ed evidenziò, nell’introduzione, la differenza fra le due voci e le due sensibilità.
Nel rapporto amoroso, l’uomo, secondo Alba de Cèspedes, non sa «abbandonarsi mai totalmente, mai lasciarsi cadere nel pozzo» e di pozzo scrive anche Annie Ernoux.
Ma la de Céspedes con il suo unico figlio – maschio – sa costruire «rapporti bellissimi, molto poco tradizionali. Siamo due amici più che una madre e un figlio».
Ancora a proposito di amore, Petrignani cita Via col vento e la pretesa decisa di Rossella che «imperterrita, va lo stesso verso la rovina» convinta di cambiare l’uomo di cui pensa di essere innamorata, nonostante suo padre le abbia detto stizzito: «Conosci ben poco gli uomini, non escluso Ashley. Nessuna moglie ha mai cambiato il cervello del marito, ricordatelo!»
Potrei andare avanti a lungo, ricordare il rapporto tormentato fra Hannah Arendt e Martin Heidegger, il colpo di fulmine scoccato fra Sylvia Plath e Ted Hughes, gli amori spesso tempestosi di tante coppie di scrittori e scrittrici (Flaubert – Colet, Sartre – de Beauvoir, Moravia – Morante eccetera), il confronto uomo/donna che quasi sempre «produce nell’elemento femminile della coppia un senso di inadeguatezza».
E qui mi fermo, perché la recensione non può andare oltre: non vorrei svelare troppo alle lettrici e ai lettori che sicuramente leggeranno con curiosità e interesse questo sorprendente «Lessico femminile».
Luciana Grillo – [email protected]
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