Storie di donne, letteratura di genere/ 14 – Di Luciana Grillo
Tre punti di rosso. L'affascinante vita di Alfonsina Gonzaga Madruzzo
Titolo: Tre punti di rosso. L'affascinante e misconosciuta vita di Alfonsina Gonzaga Madruzzo
Autore: Gretter Adamoli Luisa
Editore: Curcu & Genovese 2011
Pagine: 272, brossura
Prezzo di copertina: € 14 – Disponibile eBook
Luisa Gretter Adamoli, raccontando la vita complessa di Alfonsina Gonzaga di Novellara, sposa di Gian Gaudenzio Madruzzo, non inventa una storia, ma studia un’epoca, scruta nel passato, sceglie i protagonisti e poi comincia a cercare prove, documenti, testimonianze.
Come per una tesi di laurea, la Gretter va in biblioteche, archivi, canoniche, musei, case private alla ricerca di lettere, di certificati, di testamenti… cerca, cerca e spesso trova: è così che sono nati i suoi libri, i romanzi in cui si mescolano abilmente una storia vera con pennellate create dall’autrice che si ispira a dipinti, fotografie, immagini.
Il suo primo romanzo raccontava la storia vera di una grande famiglia colpita da un anatema, il secondo era la biografia di una pittrice trentina – Ines Fedrizzi, – questo, il terzo, Tre punti di rosso, racconta la vita intensa di una donna vissuta a cavallo tra il 1500 e il 1600, mentre il Rinascimento si stava spegnendo e l’Italia era un insieme di regni, principati, ducati e contee attraversati da eserciti stranieri.
Questa donna è Alfonsina Gonzaga di Novellara, di nobile famiglia (chi non conosce i Gonzaga, che hanno lasciato per noi a Mantova opere d’arte di valore inestimabile? Basti pensare alla Camera degli sposi) – anche se ramo cadetto, – nona figlia, orfana di padre a soli nove anni, educata finemente per fare di lei una vera signora.
Ha vissuto un’infanzia serena e un’adolescenza tranquilla, in armonia con fratelli e sorelle, amorevolmente guidata nella crescita dalla madre – Vittoria di Capua, – sempre coccolata e protetta dalle donne di casa, in particolare da Milizia. È stata in collegio, con le sorelle, per migliorare e raffinare la sua preparazione alla vita, è profondamente religiosa, devota in modo speciale a San Carlo Borromeo.
A 22 anni va in sposa – dopo un fidanzamento ufficiale breve e una conoscenza approssimativa – a Gian Gaudenzio Madruzzo, signore di Riva del Garda: dunque lascia la sua famiglia, la sua terra, la pianura senza confini, i cieli talvolta nebbiosi per sbarcare a Riva del Garda che le appare improvvisamente affiorante dalle acque del lago.
Si trova del tutto impreparata a dover affrontare una vita completamente nuova, in una realtà sconosciuta: suo marito è vedovo, ha 20 anni più di lei, e tre figlie, la prima delle quali ha quasi la sua età, solo 6 anni di meno. Gaudenzio è capitano dei castelli vescovili di Tenno e Stenico, è anche colonnello del re di Spagna, e perciò spesso assente dalla Rocca per reclutare soldati e guidarli in guerra.
Alfonsina soffre talvolta di strani mal di stomaco, potrebbe trattarsi di un fatto psicosomatico, ma la scrittrice sembra suggerire che qualcuno voglia avvelenarla.
Nessun rimedio si rivelerà utile, neanche l’intervento di un esorcista.
Così come nessuna polvere riuscirà ad aiutarla a diventare madre, né le preghiere, né le cure.
Il sospirato figlio maschio rimane per Alfonsina e per suo marito un sogno irrealizzato. Ma entrambi lasceranno traccia del loro passaggio: a Riva, nello spiazzo della Madonna Miracolosa, dove chi va a pregare prova un’indicibile emozione, Gaudenzio e Alfonsina vogliono che sia costruita una Chiesa, vogliono che sia «qualcosa di eccezionale e di sublime».
Così, cominciano i lavori per l’Inviolata: Alfonsina li segue con passione e devozione; il suo amore per l’arte si manifesta nella scelta degli artisti che costruiscono, decorano, pavimentano e affrescano la Chiesa.
E ricorrendo al Maestro Bagnatore che aveva già lavorato nella sua casa di Novellara, Alfonsina incontra un altro pittore, già noto per l’Assunzione nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento, Martino Teofilo Polacco, che arriva in Rocca nella primavera del 1618, a circa 46 anni: l’intesa con Alfonsina sul lavoro da compiere è immediata, e forse non sfugge a Gian Gaudenzio, ormai stanco e malato.
Morirà infatti nel dicembre dello stesso anno, dopo aver in parte modificato il suo testamento...cosa che addolorerà molto Alfonsina.
Comunque, la costruzione dell’Inviolata procede, ed è proprio in questa Chiesa, sebbene incompiuta, che si svolgeranno i funerali di Gian Gaudenzio, il quale verrà sepolto lì, insieme alla prima moglie.
Luisa Gretter Adamoli ci descrive con sapienza la vita di Alfonsina, le sue gioie e le sue amarezze, le amicizie, il rapporto di stima che la lega a Bartolomeo, la simpatia che prova per Violante, insieme alla diffidenza che non sa reprimere nei confronti della giovane Barbara che le è stata assegnata come damigella, alla preoccupazione per il ruolo di Ottavio Gualtieri, luogotenente della Rocca, al dolore per i tentativi di scalzarla dalla successione fatti dal marito della figliastra Giovanna, Alberto di Wolkenstein-Trofburg.
E, allo stesso modo, ci racconta il sentimento delicato che la lega a Martino Teofilo Polacco, il pittore che sa riprendere sulla tela e sulle pareti i colori della sua pelle e dei suoi capelli.
Si comprendono, si fanno compagnia, forse si amano, ma questo è un amore «negato» perché Alfonsina non vuole e non può rinunziare ai suoi doveri, anche da vedova.
Non dimentica mai il suo ruolo e non trascura i suoi compiti, perciò, anche per l’energia che impiega nello svolgimento dei suoi doveri, il popolo la chiama «la colonnella» prima e “la colonnella vedova” dopo la morte dello sposo.
Terminata la lettura di questo libro, Alfonsina ci segue, rimane con noi, possiamo vederla nella sua Chiesa, possiamo immaginarla nella casa dove va a vivere da sola, casa Crotta, sistemata secondo le sue esigenze, abbellita da un giardino.
Ed entrando in Riva del Garda, non potremo non ripensare alla giovane sposa a cui «la cittadina appare come un miraggio sorgente dalle acque», e le case sembrano strane, così diverse come sono, in pietra o legno, dalle costruzioni di mattoni rossi della sua terra. Anche andando a Calavino, a Toblino, a Cillà, seguendo le indicazioni di Luisa Gretter Adamoli, la incontreremo con la fantasia, mentre gode il fresco dell’estate e la compagnia delle persone a lei care.
Ma perché il titolo: 3 punti di rosso ?
Il rosso, colore che nell’immaginario collettivo evoca il cuore che pulsa, la passione, l’amore, ma anche il fuoco, l’inferno, la sofferenza, attraversa la storia di Alfonsina che, a solo un anno di età, è ritratta in un dipinto con la sua famiglia: essendo una bimba, è seduta sul tavolo, accanto ad un cestino di ciliegie...ROSSE! di un rosso caldo sono i suoi capelli, e rossi ma di un rosso sfacciato, sono i capelli della Maddalena ritratta all’Inviolata, ai piedi del Cristo morente (della scuola di Guido Reni), rossi sono i velluti dei tendaggi e dei cuscini, rossa la mantellina di san Carlo Borromeo.
L’autrice prende le mosse dal rosso sbiadito di una ciocca emersa da una piccola cassa trovata in un locale sotterraneo dell’Inviolata: sono capelli con striature di grigio, che immediatamente riportano al ritratto di Alfonsina, nella cappella dedicata a San Carlo...e qui, dai poveri capelli di una donna ormai anziana, la scrittrice ha camminato all’indietro e ha raccontato la vita di Alfonsina a partire dalla sua nascita, quel 16 aprile 1580, quando Alfonso I e Vittoria, aspettando il nono figlio, speravano fosse un maschio ma accolsero con tenero amore quel frugoletto dalla pelle bianchissima.
Luciana Grillo