Cosa rappresenta il tempo per noi comuni mortali?
«È la nostra mente a misurarlo. Sta tutto nella nostra testa, non fuori» – Di Daniela Larentis
Strana cosa è il tempo, ma che genere di esperienza è?
È di Einstein la citazione «l’unica ragione del tempo è che, in questo modo, le cose non capitano tutte insieme» e lui era un genio, quindi sapeva ciò che affermava con cognizione di causa (fu il più famoso scienziato del XX secolo ed è sua la teoria della relatività).
Ma cosa è il tempo e che cosa rappresenta per noi comuni mortali?
È una serie di eventi che si srotolano nella nostra mente come un tappeto?
L’orologio atomico del National Institute of Standards and Technology (che si trova negli Stati Uniti) lo calcola in modo precisissimo, tuttavia ognuno di noi lo percepisce in maniera differente.
È la nostra mente a misurarlo e il modo di concepirlo influenza i nostri comportamenti. Sta tutto dentro la nostra testa. Non fuori.
Personalmente, al supermercato quando sono in coda alla cassa il tempo fra uno sbuffo e l’altro pare dilatarsi all’infinito, mentre quando sto compiendo qualcosa di particolarmente piacevole, invece, passa in un lampo.
È sostanzialmente un’illusione, un puro sconfinato miraggio e ripetendo la citazione del filosofo Edmund Husserl nel suo studio sulla fenomenologia del tempo «di una canzone sentiamo una nota per volta, ma è il nostro senso del futuro e del passato a renderla una canzone» (a tale merito si legga il libro di C. Hammond «Il mistero della percezione del tempo» edito da Einaudi che tratta il tema del suo scorrere in modo originale ed esaustivo).
Il grosso guaio è che spesso le persone si convincono di non averne abbastanza o che quello che stanno vivendo non sia il tempo giusto per fare una certa cosa, così rinunciano.
Vivono rinunciando.
E perché mai lo fanno?
Per comodità, ovviamente! Èfacile trovare delle scuse per non mettersi in discussione, per non provare a impegnarsi in qualcosa di nuovo. Per non fare fatica alcuna. Per pigrizia.
Proprio per pigrizia, perché alla fine adagiarsi è davvero tanto conveniente.
Appoggiarsi agli altri, vivere lamentandosi dell’età che avanza, piagnucolare al contrario di essere troppo giovani e inesperti, lagnarsi cercando di convincere se stessi di non avere la predisposizione, o di non essere «capaci», sono ottime scuse, banali pretesti per vivere una vita all’insegna della tranquillità, magari, ma anche un po’ monotona e poco stimolante.
Oserei dire monocolore. È come osservare le scene di un film, per tanto avvincenti esse siano non è mai come viverle in prima persona!
Atteggiamento condiviso da parecchi giovani e da altrettanti meno giovani, da uomini e donne, senza distinzione d’età, che caratterialmente si sentivano vecchi già dopo aver emesso il primo vagito; costoro trascinano le loro esistenze senza mai rischiare, temendo sopra ogni cosa l’altrui giudizio e perdendo a questo modo molte opportunità.
Si può delegare agli altri la nostra felicità?
È sempre il tempo giusto per vivere una bella esperienza, soprattutto quando si ha la fortuna di avere la salute.
Chi non misura se stesso attraverso nuove sfide non evolve, non cresce dentro, invecchia solo fuori e questo non è vivere.
Saggiare le proprie capacità non solo è divertente, ma è un ottimo mezzo per mantenersi mentalmente e spiritualmente vitali.
È anche un modo per vivere bene e intensamente la propria esistenza, a prescindere dal tempo che tutti noi avremo a disposizione.
Non possiamo infatti scegliere quanto vivere, ma certamente possiamo decidere come vivere.
Keiko Fukuda scelse bene come spendere il suo tempo.
Nipote di un samurai e ultima allieva di Jigoro Kano, il fondatore del judo (il quale a sua volta fu allievo di suo nonno, Hachinosuke Fukuda), dedicò l’intera vita al judo e fu la prima donna al mondo ad ottenere nel 2011 (aveva già 98 anni) il grado di Dan (cintura nera) di decimo livello.
Il suo motto era «Siate forti, siate gentili, siate belli».
Lei fu tutte e tre le cose, tanto per dire che la vita può essere prodiga di gratificazioni, soprattutto quando si coltivano le passioni e si fissano degli scopi da raggiungere.
Un’altra donna che seppe porsi degli obiettivi e che nella vita si mise continuamente in gioco, ottenendo attraverso l’impegno costante e la passione grandi gratificazioni, fu Rita Levi Montalcini, famosissima neurologa (fu lei a scoprire nel lontano 1953 la molecola che regola e favorisce la crescita delle cellule del sistema nervoso, il cosiddetto «Fattore di Crescita Nervosa») e premio Nobel per la medicina, anche lei scomparsa come Keiko Fukuda recentemente.
Due grandi donne.
Nell’interessante libro di Piergiorgio Odifreddi «Incontri con menti straordinarie» alla domanda «Cosa avrebbe voluto fare da giovane?» la Montalcini così rispose:
«La musicista o la matematica, ma purtroppo quelle sono cose per cui bisogna essere portati. Musicisti o matematici si nasce, non si diventa: o hai quei circuiti, o è inutile provarci. Io invece avevo solo un’intelligenza media, o di poco superiore: in matematica non ho mai avuto problemi, ma non ero un genio. Quello che in seguito mi ha fatto arrivare è stato più l’impegno, o la passione, che non l’intelligenza.»
Impegno e passione sono quindi il binomio vincente per vivere un’esistenza degna di essere vissuta.
Alzarsi alla mattina pensando quanto sarà bella la giornata appena incominciata non solo è un ottimo antidoto contro la depressione, ma è il modo più intelligente e pratico per affrontare il tempo che abbiamo e che avremo a nostra disposizione, perché tale concetto, mi piace sottolinearlo, è tutto dentro la nostra testa.
Siamo sempre noi e solo noi, attraverso il nostro sentire, a decidere in fondo come voler vivere.
Daniela Larentis