Così il vino trentino può recuperare il suo spazio nel mondo
Presentato oggi il documento elaborato dal «Comitato dei saggi»
Il vino trentino sta attraversando
la crisi più brutta da quando ha puntato sulla qualità.
Come avevamo detto fin dal Vinitaly 2009, nei momenti di difficile
congiuntura economica il vino cattivo scaccia quello buono.
Per la precisione è il vino a buon prezzo che scaccia quello
caro.
Non c'è che un modo per superare questa impasse: fare ordine in
casa, impostare il futuro su basi professionali orientate alla
qualità e fare squadra.
È bene ricordare che fino agli anni Sessanta il Trentino vinicolo
era un semplice fornitore di aree economicamente più forti. Una
specie di laboratorio per conto terzi.
Tanto per fare due esempi, la schiava della Val di Cembra veniva
venduta all'Alto Adige che ne faceva il rinomato Vino di
Caldaro, mentre il Trentino meridionale produceva «brusca», vinello
rosso che vendeva all'Emilia che ne faceva il classico
Lambrusco.
Poi il Trentino vinicolo ha cominciato a funzionare.
Il Ferrari è diventato quasi un emblema della classe vinicola
italiana (e non solo trentina), la Cavit ha distribuito in Europa e
nel mondo i migliori vini del nostro territorio, tutte le cantine
hanno cominciato a produrre sempre più vini di qualità.
Niente più agricoltura a façon.
Il Trentino, «terra di grandi vini» è stato così promosso nel
mondo.
Con un difetto di fondo: ognuno per sé, nessuno per tutti.
Infatti il Trentino, che peraltro produce ben più dell'Alto Adige,
non si era accorto di rappresentare solo l'1 percento della
produzione nazionale.
Un fatturato complessivo superato dalle multinazionali, dotate di
ben altre organizzazioni.
Si provi a pensare che cosa possono fare delle piccole aziende
agricole trentine in mercati come gli USA, dove ogni stato ha una
sua legislazione sui prodotti alcolici.
Insomma, un nano con le gambe di argilla.
E così, alla grande crisi si è presentato impreparato su quasi
tutti i fronti.
Se il Veneto ha reagito abbassando i prezzi per mantenere i
mercati, i Trentini proprio non potevano fare nulla, perché
produrre vino da noi costa di più.
Costa di più il terreno, ma soprattutto costa di più lavorare la
terra. E costa mantenere la qualità.
È stato così che si è deciso di correre ai ripari.
Più volte si è provato a mettere insieme i produttori trentini, ma
si è sempre cozzato contro due mondi diversi: i contadini e i
vinicoli.
I primi sono quelli che vivono della coltivazione della terra, che
producono l'uva e che chiudono la loro stagione consegnandola alla
Cantina sociale o all'azienda vinicola.
I secondi sono quelli che vivono trasformando l'uva, generalmente
la propria, la cui redditività dipende dunque dal valore aggiunto
che il prodotto riesce a generare entrando in una bottiglia vestita
con un'etichetta.
In due parole, da una parte sta la cooperazione, dall'altra i
vignaioli.
Questa dicotomia ha rappresentato per anni due mondi antagonisti,
spesso in lotta tra loro.
Neppure la crisi ha sopito gli antichi dissapori, tutti convinti
che l'altro fosse causa delle difficoltà.
Per contro, è stata proprio la crisi a imporre una tregua che, se
realizzata prima che le difficoltà spariscono, potrebbe rafforzare
per sempre l'intero comparti vini spumanti e grappe.
Oggi è stato presentato il piano di rilancio del settore, che la
Provincia ha commissionato a un «Comitato di saggi» allo scopo di
raccordare i due mondi che storicamente hanno impedito lo sviluppo
comune e dare così slancio a un settore che fa fatica a
riprendersi.
È stato redatto da Attilio Scienza (nella foto, terzo da sinistra),
Emilio Pedron, Enrico Paternoster (nerlla foto, ultimo a
destra) e Fabio Piccoli.
Si fonda su alcuni principi di fondo che noi abbiamo sempre cercato
di spingere e che stavolta forse riesccono a giungere in porto.
Qui di seguito riportiamo i punti di massima di questo
progetto, individuati nel documento presentato oggi alla Giunta
provinciale.
1) Azioni volte a recuperare l'identità «Trentina» della
cooperazione vitivinicola
Si propone che Cavit «liberi» cinque o sei delle sue Cantine site
nelle aree più vocate della provincia per la produzione di vini
altamente qualitativi (con utilizzo in particolare di vitigni
autoctoni) riducendo così la «massa industriale» e aumentando
invece la «massa critica di vini trentini di alta qualità» (in
linea con quanto è avvenuto in questi ultimi vent'anni in Alto
Adige, con un posizionamento della cooperazione in sinergia ai
vignaioli di prestigio).
Si determina così una maggiore distinzione tra la produzione
enologica industriale trentina (spesso non legata necessariamente
al territorio) e le produzioni di qualità fortemente legate al
territorio.
Il progetto auspica inoltre che, per rendere operativo il progetto,
venga costituita una società ad hoc per la gestione di questo
gruppo di cantine con specifiche azioni di marketing, comunicazione
e commercializzazione.
2) Costruzione di un brand Trentino di produzioni
enologiche sostenibili
L'ambiente e il
territorio sono elementi sui quali oggi la vitivinicoltura trentina
può rivendicare storicità e peculiarità come poche altre aree
agricole al mondo.
Il Marchio sul quale costruire tutte le azioni di comunicazione per
dare ulteriore valore aggiunto ai vini di qualità trentini.
3) Individuare prodotti testimonial dell'identità Trentina
Sono i vini in grado di accelerare il percorso di
conoscenza delle peculiarità dell'enologia trentina.
A questo riguardo, il piano ricorda che le imprese vitivinicole
trentine hanno una media di quasi venti etichette per azienda con
una evidente ripercussione sulla riconoscibilità dell'identità
enologica della provincia.
Più verranno ridotte e più sarà facile (e meno costoso) veicolarne
nel mondo.
4) Costituzione di un nuovo Ufficio di coordinamento della
promozione
Il soggetto incaricato riunirà in un'unica
entità (con personale prestato, competente nella promozione dei
vini, da Trentino Marketing, Camera di Commercio e Consorzio di
tutela vini Trentini) le operazioni volte a veicolare l'immagine
dei vini trentini (compresa la grappa).
Dovrà essere dotato di un responsabile unico che risponderà
direttamente alla Provincia.
Dovrà detenere sia il ruolo della definizione delle strategie e le
linee guida della promozione che la parte operativa della
realizzazione delle attività.
5) Aumento delle attività di internazionalizzazione delle
aziende
Le imprese vitivinicole trentine si
rivolgeranno all'estero attraverso un coordinamento tra Provincia,
Camera di Commercio/Trentino Sprint e Ufficio coordinamento
promozione vini trentini, in grado di agevolare anche l'utilizzo
delle risorse comunitarie oggi a disposizione per le iniziative
internazionali di promozione e commercializzazione (fondi
strutturali per la promozione nei Paesi interni e Ocm vino per la
promozione nei Paesi terzi).
6) Costituzione del Consiglio interprofessionale della
filiera vitivinicola trentina
Il Trentino diventerebbe
così la prima provincia italiana a dotarsi di uno strumento così
prezioso che consentirà la definizione di un Osservatorio prezzi
permanente (per il controllo del posizionamento dei vini trentini)
e un dialogo continuo tra i diversi operatori della filiera al fine
di ridurre i fenomeni di concorrenza sleale e la perdita di
immagine della vitivinicoltura trentina;
7) Incentivare la costituzione di associazioni di prodotto
Il modello da imitare è quello che sta facendo
l'Istituto del Trentodoc, che è in grado di aggregare le imprese
dietro i prodotti testimonial più importanti del Trentino.
L'obbiettivo è quello di trasferire i fabbisogni delle imprese e le
peculiarità dei diversi prodotti all'organismo di promozione
dell'enologia trentina;
8) Avvio di percorsi formativi
In
collaborazione con Iasma e Fondazione Mach, sul versante del
marketing e commercializzazione delle imprese vitivinicole, si
dovranno costruire una classe dirigente trentina sempre più
competente sulle problematiche del wine business sia sui mercati
locali che su quelli internazionali (export manager);
9) Attività di promozione e formazione
Per
aumentare le opportunità commerciali sul mercato locale trentino,
sarà necessario attivare iniziative capaci di far interagire i vini
con prodotti locali nella ristorazione e nell'alberghiero
trentini.
Fondamentale la formazione degli operatori turistici in
comunicazione e vendita dei vini trentini e la formazione di
giovani animatori in grado di promuovere con nuove modalità i vini
nell'horeca trentina.
[Horeca è un termine commerciale che si riferisce
esattamente al settore dell'industria alberghiera, alle imprese che
preparano e servono alimenti e bevande, come appunto ristoranti,
bar, caffè. - NdR]
10) Maggiore collaborazione tra ricerca e produttori
Il mondo della ricerca trentina e i produttori devono
essere raccordati attraverso la definizione di un protocollo di
collaborazione tra Isma (Fem) e le imprese, a partire da quelle
cooperative, su temi strategici come l'ecocompatibilità, le varietà
resistenti, ecc.