Il delicato ruolo dell'«ortottista» – Di Nadia Clementi
Ne abbiamo parlato con l'ortottista Alberta Biasi, 42 anni di servizio presso il reparto di Oculistica dell'Ospedale S. Chiara di Trento
>
A seguito delle precedenti pubblicazioni dedicate all'apparato visivo, oggi conosciamo la figura dell'ortottista, una professione poco conosciuta ma che copre un ruolo fondamentale all'interno del reparto di Divisione Oculistica di un ospedale.
L’ortottista-assistente di oftalmologia è l’operatore che, su prescrizione del medico, tratta i disturbi della visione e si occupa dell’esecuzione di vari tipi di esami diagnostici oftalmologici.
I principali compiti ricoperti da questa figura professionale sono: il controllo dello stato della visione binoculare e la sua conservazione; l’uso di tecniche diagnostiche e la cura delle alterazioni muscolari oculari congenite o acquisite.
L’ortottista è anche responsabile dell’organizzazione, della pianificazione e della qualità del lavoro svolto nell’ambito delle proprie competenze. Come per altre professioni socio-sanitarie, l’attività dell’ortottista richiede una stretta relazione con il medico, in particolare per quanto riguarda le fasi d'individuazione delle cause dell’handicap. Tale rapporto non incide però in alcun modo sull’assoluta autonomia che l’ortottista ha nella scelta delle più idonee modalità terapeutiche e riabilitative. Questa figura, pur appartenendo all’area tecnico-riabilitativa, proietta la sua funzione anche nell’area della prevenzione e della diagnosi clinica dei disturbi della visione.
Per svolgere quest’attività sono necessarie competenze specifiche da acquisire nel percorso formativo ed esperienze pratiche maturate sul piano lavorativo. In particolare è indispensabile: avere conoscenze teoriche specialistiche; saper utilizzare tutti gli strumenti diagnostici; saper determinare con precisione i trattamenti indispensabili per la prevenzione e per la riabilitazione dei disturbi visivi; possedere elevate capacità tecniche, massima attenzione e spiccate abilità pratiche; essere autonomi e responsabili nei precisi ambiti di intervento operativo del proprio profilo.
E infine è richiesta l'abilità nel coordinare e controllare i collaboratori, assumendo anche in questo caso la responsabilità del lavoro svolto e dei risultati conseguiti.
Trattandosi di una mansione in continuo contatto in particolare con bambini ed anziani, le viste andranno trattate in modo per così dire giocoso spiegando con la massima sensibilità i test ai quali verranno sottoposti.
Il continuo aggiornamento professionale è assolutamente indispensabile in quanto l’ortottista deve relazionarsi con pazienti non vedenti o ipovedenti. Lo specialista deve saper riconoscere quali siano le principali difficoltà (psicologiche e non) che una persona affetta da disabilità visiva può incontrare trovandosi in un ambiente estraneo e in una situazione di precaria autonomia.
Per comprendere l'importanza di questa figura professionale ci siamo rivolti alla signora Alberta Biasi che ha lavorato con la massima dedizione per ben 42 anni presso l’Ospedale S. Chiara di Trento come ortottista, nella Divisione Oculistica.
Riportiamo di seguito la sua testimonianza.
Inizialmente il mio lavoro era finalizzato allo screening visivo dei bambini già nell’infanzia e in età prescolare. La visita consisteva nel misurare il visus valutandone la motilità oculare, prevenendo in tempo gravi deficit visivi e strabismi. La cura per allora era quasi da pionieri poiché la conoscenza di questa branca dell’oculistica, l’ortottica, era agli albori. Con il tempo le mie competenze si ampliarono anche nelle patologie degli adulti, in particolare nella diagnosi delle paralisi oculari, molto spesso si trattava di esiti di ictus o di problemi metabolici. Le terapie somministrate con lenti prismatiche, definite per ogni singolo caso, venivano condivise con i rispettivi reparti come quello di neurologia, neurochirurgia, medicina, pronto soccorso generale. Essendo aumentato il numero dei colleghi era subentrata poi l’esigenza della presenza di un coordinatore il quale ci aveva stimolati ad aumentare le nostre conoscenze professionali secondo il piano di educazione continua in medicina (ECM). Successivamente vi fu l'esigenza di effettuare degli esami specifici finalizzati alla diagnostica delle varie patologie oculari, iniziai così a lavorare a stretto contatto con gli oculisti presenti sul territorio e nella stessa divisione ospedaliera. Di seguito ne ricordo i primari: dott. Peterlana Aldo dott. Lumia Ignazio dott. Pedrotti Massimo dott. De Concini Mauro dott.ssa Romanelli Federica Penso proprio che la buona volontà, l’amore e l’attenzione con cui ho lavorato siano stati rivolti principalmente verso il paziente. Determinate è stato anche l'aggiornamento delle competenze accompagnato da un buon lavoro di equipe di medici e colleghi. Fondamentale era stabilire un ottimo rapporto tecnico-professionale con il malato al fine di trasmettere allo stesso la massima fiducia per alleviare le preoccupazioni dovute allo stato di salute. Questo metro operativo negli anni mi ha insegnato a condividere le mie difficoltà con quelle degli altri conseguendo risultati positivi fino al momento del raggiungimento della pensione. Nella mia carriera lavorativa ho visitato molti pazienti che non solo mi hanno permesso di migliorare la mia professione, ma mi hanno dato la possibilità di aprire il cuore scegliendo per loro strategie volte a catturare la loro sensibilità. Devo aggiungere che i bambini mi hanno dato molte soddisfazioni e momenti indimenticabili. A questo proposito cito il caso di Federico, un bimbo di quattro anni portato in sala pediatrica per essere operato di strabismo convergente. Mamma e bimbo erano tanto abbracciati che non si riusciva a separarli. Ad un certo punto si creò una situazione critica, con determinazione presi Federico tra le mie braccia stringendolo affettuosamente come se mi appartenesse, lo adagiai sul tavolo operatorio raccontandogli una favola e così incredibilmente si addormentò tranquillo sotto anestesia. L’intervento andò a buon fine e Federico quando veniva ai controlli mi chiedeva la cioccolata calda delle macchinette per essere stato ubbidiente. |
Come abbiamo compreso dalla testimonianza di Alberta, la figura dell'ortottista non si basa solamente sul possesso di competenze professionali teoriche e tecniche ma molto più importanti sono le qualità umane che, se vissute con passione e dedizione, rimangono indelebili nel tempo.
Fondamentale è anche il percorso multidisciplinare in stretta e costante collaborazione tra tutti i membri dell’equipe di cura.
Nadia Clementi - [email protected]