La sen. Gambaro interviene a Strasburgo a tutela dei giornalisti

«L'informazione su internet risponda alle stesse norme editoriali della comunicazione stampata o televisiva»

È da tempo che lo diciamo e un po’ alla volta anche le istituzioni si muovono in questa direzione.
La legge sulla stampa deve tutelare i lettori: è così che si tutela anche la professionalità dei giornalisti.
È come l’Ordine dei Giornalisti: è tutelando i lettori che tutela la stampa.
Con l’avvento di internet che, oltre ai giornali online, sono nate anche  le bacheche virtuali genericamente definite «social», dove tutti dicono quello che vogliono, senza distinguere le chiacchiere dalla verità.
E poiché la gente fa poi fatica a capire che un giornale è serio perché soggetto a leggi e norme deontologiche, è giusto diffondere la sottile linea rossa che separa le chiacchiere dall’informazione.

«L'informazione su internet risponda alle stesse norme editoriali della comunicazione stampata o televisiva per evitare il diffondersi di notizie false che, nel mondo di internet, riescono pericolosamente a risultare credibili.
«Un danno per i fruitori, che rischiano di essere manipolati, ma anche per i giornalisti, che spesso vedono la loro professionalità messa a repentaglio.»
Con questo obiettivo la senatrice del gruppo Ala-Sc, Adele Gambaro, vicepresidente dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, presenterà il 25 gennaio alla Plenaria dell'organizzazione internazionale di Strasbrugo il rapporto «Media online e giornalismo: sfide e responsabilità», già approvato all'unanimità in commissione Cultura dai 47 Paesi del Coe.
 
«Si tratta di una battaglia di civiltà – spiega la senatrice alla vigilia della sessione invernale dell'Apce – che sono sicura il Consiglio sentirà di appoggiare.
«Internet è uno strumento meraviglioso, che ha accorciato se non annullato le distanze, ma per l'informazione è un'arma a doppio taglio.
«Da un lato, infatti, i media online hanno permesso all'opinione pubblica mondiale di venire a conoscenza delle sofferenze umane che si verificano in luoghi lontani e ai quali i mezzi d'informazione tradizionali prestano scarsa attenzione.
«Dall'altro, però, su internet c'è una libertà che nulla ha a che fare con la sacrosanta libertà di parola, ma diventa solo sinonimo di totale mancanza di controllo laddove controllo vuol dire corretta informazione a tutela degli utenti.
«È infatti sotto gli occhi di tutti il danno che può comportare la diffusione di una notizia sbagliata e distorta.»
 
Ed è così, conclude la senatrice Gambaro, «che il giornalismo tradizionale si ritrova in declino e i media online, non conformi agli standard professionali, in crescita esponenziale. Evidenti i rischi per la qualità dell'informazione.
«C'è un motivo per cui la stampa è regolata da leggi e carte deontologiche ed è la tutela dei giornalisti, ma anche dei fruitori di notizie.
«Si tratta quindi di un dibattito fondamentale che non può escludere le Federazioni della stampa europee e tutti i fornitori di servizi online, legati alla diffusione dell'informazione, che hanno l'obbligo di cooperare nella lotta contro i contenuti illegali e distorti, spesso diffusi sul web.»
 
Di seguito l'intervento per esteso della senatrice Gambaro.

 I media e il giornalismo online: sfide e responsabilità  
 
Relazione
Commissione cultura, scienza, istruzione e mezzi di comunicazione
Relatrice: On. Adele GAMBARO, Italia, ALDE
 
Sintesi
 
I mezzi di comunicazione online hanno permesso al vasto pubblico di venire a conoscenza di violazioni dei diritti umani e sofferenze umane che si verificano in luoghi lontani e alle quali i mezzi d’informazione tradizionali prestano scarsa attenzione. D’altra parte, Internet ha consentito a potenti operatori commerciali e gruppi politici di avviare azioni concertate mobilitando un enorme numero di utenti dei media online. Tali mobilitazioni, però, non sempre poggiano su fatti reali e informazioni obiettive. Occorrerebbe pertanto che gli Stati membri e gli altri soggetti interessati prendessero una serie di provvedimenti. 
 
 A.    Progetto di risoluzione  
1.    L’Assemblea parlamentare prende atto dei cambiamenti radicali avvenuti nel panorama dei mezzi d’informazione a seguito della convergenza tra i mezzi di comunicazione tradizionali da un lato, e Internet e le telecomunicazioni mobili dall’altro, nonché della comparsa di nuove forme di media, quali le piattaforme Internet generate dagli utenti o gli strumenti per l’aggregazione automatica di contenuti di media prodotti da terzi. In questo nuovo contesto, il lettore o lo spettatore diviene un partecipante attivo alla catena informativa, non soltanto selezionando informazioni ma anche, in molti casi, producendole. Se, in passato, giornalisti e redattori detenevano una posizione di controllo sulla diffusione pubblica delle informazioni, i nuovi media online offrono a tutti la possibilità di diffondere informazioni e opinioni tra un vasto pubblico. Questa nuova opportunità ha permesso a singoli individui di aggirare i media tradizionali creando in tal modo un maggiore pluralismo mediatico, per esempio attraverso blog investigativi.
 
2.    Il nuovo panorama dei mezzi d’informazione incide anche sul loro finanziamento. Se prima gli abbonamenti rappresentavano una fonte d’introiti sicura, l’accesso gratuito ai media su Internet ha ridotto la propensione degli utenti ad abbonarsi. Allo stesso modo, i proventi derivanti dalla pubblicità si sono spostati dalla pubblicità generica sulla stampa o sui mezzi radiotelevisivi alla pubblicità mirata su Internet basata sulla profilazione dei dati personali. Alla luce di questo spostamento di risorse dai giornali verso i fornitori di servizi su Internet e i social media, l’Assemblea esprime forte preoccupazione per la perdita di terreno dei mezzi d’informazione professionali e per la crescita esponenziale di media su Internet che non si conformano alle norme giornalistiche professionali.
 
3.    I media online hanno permesso all’opinione pubblica mondiale di venire a conoscenza di violazioni dei diritti umani e sofferenze umane che si verificano in luoghi lontani e alle quali i mezzi d’informazione tradizionali prestano scarsa attenzione. D’altra parte, Internet ha consentito a potenti operatori commerciali e gruppi politici di avviare azioni concertate mobilitando un enorme numero di utenti dei media online. Tali mobilitazioni, però, non sempre si fondano su fatti reali e informazioni obiettive. 
 
4.    Spesso viene superata la linea che separa ciò che potrebbe essere considerato un tentativo legittimo di esprimere le proprie opinioni a scopo persuasivo e quella che è invece disinformazione e manipolazione. L’Assemblea osserva con preoccupazione il numero di campagne dei media online miranti a fuorviare settori dell’opinione pubblica attraverso informazioni intenzionalmente tendenziose o false, campagne d’odio contro individui e anche attacchi personali, spesso in ambito politico, volti a minare i processi democratici.

5.    L’Assemblea esprime invece soddisfazione perché i grandi media online hanno stabilito una politica che consente agli utenti di segnalare errori nei fatti descritti o post falsi immessi da terzi sui loro siti web, come hanno fatto Facebook con il “News Feed” o Google con lo strumento di richiesta di rimozione di pagina web. Per salvaguardare la propria credibilità e affidabilità, i media online sono tenuti a rimuovere o correggere le informazioni false.
 
6.    Richiamando la Risoluzione 1843 (2011) sulla protezione della privacy e dei dati personali su internet e sui media online, l’Assemblea osserva con soddisfazione che i tribunali nazionali in Europa hanno ordinato ai motori di ricerca di rimuovere dalla funzione di auto-completamento i termini con connotazioni peggiorative associati alla ricerca di nomi di persone. Questo “diritto all’oblio”, ovvero il diritto di cancellare dati personali dai media online dovrebbe essere rafforzato in tutta Europa.
 
7.    Plaudendo alla legge n.12965 del 23 aprile 2014 del Brasile sui diritti civili in Internet (Marco Civil da Internet) e alla Dichiarazione dei diritti in Internet adottata dal Parlamento italiano il 28 luglio 2015, l’Assemblea esorta i Parlamenti a discutere di media e giornalismo online e a promulgare norme generali per la protezione delle libertà fondamentali e dei diritti degli utenti di Internet, dei giornalisti e dei media online conformemente alla presente risoluzione.
 
8.    L’Assemblea raccomanda quindi:
 
8.1.    agli Stati membri di:
 
8.1.1.    avviare, sia a livello nazionale sia in seno al Consiglio d’Europa, discussioni su norme e meccanismi necessari per prevenire il rischio di distorsione delle informazioni o manipolazioni dell’opinione pubblica, come già suggerito nella Risoluzione dell’Assemblea 1970 (2014) su “Internet e la politica: l’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sulla democrazia”;
 
8.1.2.    mettere le emittenti radiotelevisive pubbliche nelle condizioni di sfruttare appieno le possibilità tecniche offerte dai media online, assicurandosi che la loro presenza su Internet si conformi agli stessi standard editoriali elevati utilizzati offline; in particolare, i media del servizio pubblico dovrebbero dar prova di particolare attenzione rispetto ai contenuti generati dagli utenti o da terzi e pubblicati sulla loro versione Internet;
 
8.1.3.    riconoscere nella legislazione e nella prassi un diritto di replica o via di ricorso equivalente che consenta la veloce rettifica di un’informazione erronea sui media online e offline;
 
8.1.4.    assicurare la tracciabilità da parte delle forze dell’ordine degli utenti dei media online quando violano la legge; i media online non devono diventare una zona fuori legge grazie all’anonimato degli utenti;
 
8.1.5.    includere nei programmi scolastici l’alfabetizzazione mediatica e offrire sostegno ai progetti di sensibilizzazione e ai programmi di formazione mirata volti a promuovere l’uso critico dei media online;
 
8.1.6.    sostenere la formazione alla professione di giornalista nell’ambito dell’istruzione superiore, nella formazione continua o attraverso stage presso i media online, e l’educazione al “giornalismo dei cittadini” per un pubblico più ampio;
 
8.2.    alla Federazione europea dei giornalisti e all’Associazione dei giornalisti europei di esortare i propri membri a vigilare affinché:
 
8.2.1. i media giornalistici professionali applichino i loro principi editoriali anche alla loro versione Internet, compresi i contenuti propri, la pubblicità e i contenuti prodotti da terzi come i riscontri (feedback) o i commenti degli utenti; tutti i media professionali hanno la responsabilità editoriale dei contenuti di terzi postati sulla loro versione Internet;
 
8.2.2. gli utenti dei media online siano informati sulle possibilità di presentare reclami nei confronti di giornalisti online, la loro società editoriale o la loro associazione professionale;
 
8.3.    all’Associazione europea dei fornitori di servizi su Internet (European Internet Services Providers Association) d’invitare i propri membri che gestiscono social media, motori di ricerca e aggregatori di notizie a:
 
8.3.1.     dotarsi di codici deontologici di qualità riguardanti la trasparenza e la dovuta diligenza dei loro servizi mediatici; ove la neutralità di questi servizi mediatici fosse messa a repentaglio da interessi commerciali, politici o di altra natura, i fornitori dovrebbero dar prova di trasparenza su tali interessi; tutti i fornitori dovrebbero introdurre meccanismi di autoregolamentazione per monitorare questi standard e informare il pubblico del rispetto degli stessi;

8.3.2.    dare la possibilità ai propri utenti di segnalare informazioni false e diffondere pubblicamente l’informazione rettificata;

8.3.3. rettificare volontariamente i contenuti falsi o pubblicare una risposta conformemente al diritto di replica oppure rimuovere tali falsi contenuti. I fornitori di servizi sono giuridicamente obbligati a collaborare per combattere i contenuti illegali;

8.3.4.    introdurre meccanismi di allerta contro persone che postano regolarmente insulti o provocazioni (i cosiddetti trolls), consentendo così agli utenti di segnalare la presenza di tali trolls in modo che i fornitori di servizi Internet possano escludere dalle piattaforme questi sobillatori;

8.4.    all’Alleanza europea per l’etica in pubblicità (European Advertising Standards Alliance - EASA) d’invitare i suoi membri a elaborare norme di autoregolamentazione per garantire che:

8.4.1. le agenzie pubblicitarie e le società di pubbliche relazioni rendano la loro presenza su Internet e i loro contributi alla presenza di altri su Internet identificabili; esse dovrebbero in particolare rendere pubblica la persona, l’organizzazione o la società per cui lavorano;

8.4.2. nelle condizioni d’uso, i media professionali online e i fornitori di social media vietino la pubblicità o il lobbismo occulti.
 
 B. Motivazione della relatrice, on. Adele Gambaro 

1. Origine e scopo della relazione

1. La presente relazione trae origine da una proposta di risoluzione intitolata “la libertà di parola su Internet: promuovere un approccio omogeneo,” che è stata deferita alla Commissione per la cultura, la scienza, l'istruzione e i media.

2. Una questione cruciale sollevata dalla proposta in oggetto era la difficoltà di controllare l'uso e la condivisione delle informazioni su Internet, in particolare (ma non solo) a causa della crescente presenza di profili falsi che inondano Internet, con messaggi e commenti anonimi che utilizzano le piattaforme di più mezzi di comunicazione. La proposta ha inoltre messo in luce un problema che la nostra Commissione ha già avuto modo di approfondire: l'archiviazione d’informazioni private senza che vi siano norme legali specifiche a guidarla e la minaccia che tale pratica – la quale rappresenta oggi una componente significativa dei sistemi di finanziamento dei media operanti su internet - comporta per la tutela dei dati personali e della vita privata degli utenti.

3. Lo scambio di opinioni svoltosi a Parigi il 3 dicembre 2015 e la successiva discussione hanno ancora una volta sottolineato, da un lato, i molteplici rischi - sia per i diritti individuali sia per il funzionamento dei nostri sistemi democratici - che informazioni false, distorte o inesatte, ma anche la profilazione degli utenti, vale a dire l'analisi dei “megadati” e la successiva produzione di informazioni mirate, comportano; d'altra parte è emersa la questione dell'impatto del nuovo panorama mediatico, e del modo in cui sono prodotte e  diffuse le informazioni, su ciò che chiamiamo “giornalismo”. La Commissione ha perciò deciso di tramutare il titolo in “Media online e giornalismo: sfide e responsabilità”, e di riorientare la relazione di conseguenza.

4. In effetti, la questione del rapporto fra lo sviluppo dei mezzi di comunicazione online e i grossi cambiamenti che ne conseguono per il lavoro dei giornalisti è anche connessa al problema della “manipolazione”. Si consideri semplicemente il fatto che oggi i contenuti su Internet sono spesso prodotti da persone che non sono giornalisti professionisti e lavorano senza essere soggette a revisione editoriale, o sono addirittura coprodotti, con opinioni personali aggiunte a notizie generate da altri e poi riprese. E pensiamo alla vulnerabilità dei contenuti di Internet alle manipolazioni tecniche (ad esempio la copia illegale di altre fonti, la riedizione d’immagini e la manipolazione dei riscontri degli utenti). Alla fine, si ha la sensazione che sia andata persa la corretta distinzione fra vere informazioni fattuali e punti di vista individuali contenenti esagerazioni o addirittura falsificazioni dei fatti.

5. In tale contesto, obiettivo delle sezioni che seguono sarà: tratteggiare il nuovo panorama mediatico, illustrando le nuove caratteristiche del giornalismo online e le sfide che ad esso si pongono, discutere la responsabilità dei media e del giornalismo online, sottolineare la fondamentale importanza di garantire la trasparenza dei media online ed esaminare le vie di ricorso specifiche contro i contenuti online.

2. Il nuovo panorama mediatico: i mezzi di comunicazione e il giornalismo online

6. Il panorama mediatico di un tempo comprendeva i mezzi di comunicazione a stampa (giornali e libri) e la radiodiffusione (radio e televisione). L’avvento di Internet ha portato alla convergenza tecnologica dei media tradizionali e alla creazione di media di nuovo tipo. Oggi abbiamo giornali ed emittenti dotati di siti web contenenti testi, immagini e files audiovisivi (video e registrazioni vocali), ma anche libri e giornali digitali e canali radiofonici e televisivi diffusi via Internet.

7. I social media come Facebook e le piattaforme online per contenuti generati dagli utenti come Twitter e YouTube hanno conquistato una posizione dominante sul mercato dei nuovi mezzi di comunicazione online. I grandi fornitori multinazionali di servizi su Internet, come Google e Facebook, hanno anche creato strumenti per ricercare e aggregare notizie tratta da altri media online, denominati Google News e, nel caso di Facebook, Breaking News e News Feed. Mediante tali servizi, questi fornitori di servizi su Internet diventano il principale punto d’accesso per gli utenti in cerca di notizie sulle questioni d’attualità, generando così entrate pubblicitarie e introiti dai dati impiegati per la profilazione degli utenti.

8. Un’altra conseguenza dello spostamento della pubblicità a vantaggio dei nuovi media è stata, ovviamente, il declino delle entrate di quelli tradizionali. In particolare, molti quotidiani hanno così cessato di essere redditizi. Si è assistito allo sviluppo di alcuni noti media online, come The Huffington Post e Mediapart, che non circolano in formato cartaceo. Ciò nonostante, la base economica degli autentici media online, disponibili solo su Internet, è tuttora incerta a causa del passaggio dei modelli di business dall’abbonamento alla pubblicità online e alla vendita di dati degli utenti. 

9. Le difficoltà finanziarie hanno avuto - e seguitano ad avere - un impatto negativo sulle risorse umane, facendo calare il numero dei giornalisti e degli addetti editoriali e riducendo la sicurezza dell’impiego, nonché delle condizioni economiche e lavorative. Il problema del progressivo deterioramento delle condizioni di lavoro dei giornalisti non è nuovo e l'Assemblea, nella sua risoluzione 1636 (2008) sugli indicatori relativi ai media nelle democrazie, ha già sottolineato che ai giornalisti dovrebbero essere offerti contratti di lavoro adeguati con una protezione sociale sufficiente, in modo da non compromettere la loro imparzialità e indipendenza.

10. Vi sono però indizi del fatto che, all'interno del panorama dei nuovi media, il rischio di condizioni di lavoro inadeguate sta aumentando. La pressione finanziaria sulle imprese del settore dell’informazione e l’intensificarsi della concorrenza, anche tra i giornalisti, si traducono in una maggiore pressione da parte dei dirigenti nel senso della rapidità di consegna, mentre l'enorme mole d’informazioni da reperire e vagliare obera i giornalisti. Ciò porta al lavoro straordinario, non sempre retribuito, e tende a rendere meno netti i confini tra vita professionale e privata dei giornalisti.

11. Oggi, i giornalisti freelance operano solitamente in qualità di lavoratori quasi autonomi, percependo spesso ben poco per i materiali informativi da loro prodotti. Il numero crescente di giornalisti freelance e l’ampliarsi del ricorso a strategie di esternalizzazione e subappalto indeboliscono anch’essi la capacità dei sindacati di tutelare i diritti economici dei lavoratori dell’informazione.

12. Una recente indagine condotta dalla Federazione europea dei giornalisti conferma che i giornalisti lavorano spesso per i media online in condizioni precarie. In buona sostanza, oggi i giornalisti sono esposti a una maggiore incertezza del rapporto di lavoro, a una più forte pressione dei loro dirigenti, a una mole di lavoro superiore e a condizioni di lavoro generalmente peggiori.

13. Il giornalismo stesso come professione sta vivendo grossi cambiamenti. Durante l’audizione che la nostra Commissione ha svolto a Strasburgo il 23 giugno 2016, il direttore della scuola di giornalismo Burda a Offenburg, in Germania, ha spiegato che i giornalisti online moderni devono interagire con gli utenti Internet e spetta a loro la responsabilità di raggiungere il proprio pubblico attraverso Twitter e i social media. I giornalisti online diventerebbero così anche i promotori di sé stessi e i distributori dei propri contenuti multimediali.

14. Inoltre, mentre i giornalisti tradizionalmente costituivano il legame tra i singoli individui e il vasto pubblico, utilizzando le loro fonti d’informazione al fine di informare il pubblico in generale, oggi si ritrovano in competizione con altri, come gli addetti alla comunicazione delle aziende, le agenzie pubblicitarie, i consulenti in pubbliche relazioni e i lobbisti politici che producono direttamente contenuti per i media online e interagiscono in modo mirato con l'utente.

15. I media online sono caratterizzati dalla loro ubiquità di accesso attraverso gli smartphones e altri dispositivi mobili di accesso a Internet, dalla loro velocità istantanea, dalla loro tipica concisione (i messaggi di 140 caratteri su Twitter, ad esempio), dalla loro combinazione di contenuti audiovisivi e di testo, e dalla loro l'interattività con il pubblico che ha la possibilità di aggiungere propri contenuti.

16. Il concetto di “notizia” è mutato nel passaggio dai media tradizionali ai social media e alle piattaforme online per contenuti generati dagli utenti, dove si è imposto l’“infotainment”, vale a dire la mescolanza d’informazione e intrattenimento, tipicamente sfruttabile a fini commerciali.

17. Ciò ha determinato nuove esigenze di lavoro per i giornalisti. Con un personale giornalistico ridotto, ciascun addetto deve produrre, in tempi molto più brevi, più contenuti per i media. Essendo i media online ormai interattivi, i giornalisti online devono cercare di far sì che i loro contenuti si moltiplichino a cascata attraverso le reti sociali online. Testi, titoli e immagini devono corrispondere alle esigenze degli strumenti di ricerca di Internet e dei servizi di aggregazione di notizie, così da avere un impatto sul mercato. Tali cambiamenti nelle modalità di lavoro richiedono ulteriori competenze e capacità professionali.

18. Esistono altre interazioni degne di nota. Ad esempio, i giornalisti stessi hanno bisogno d’informazioni per il loro lavoro e la ricerca è oggi divenuta apparentemente più facile attraverso gli strumenti di ricerca di Internet, i servizi di aggregazione delle notizie e le immagini offerte pubblicamente su Internet. Qui si pone, però, la questione cruciale dell'affidabilità di questi nuovi strumenti e della qualità delle informazioni accessibili utilizzandoli: in effetti, quando le informazioni inesatte sono reperite (per errore) da un giornalista professionista, il danno da esse provocato rischia di essere considerevolmente maggiore. Ciò dimostra che il nuovo contesto può anche richiedere nuovi standard etici per i giornalisti online.

19. Un problema diverso è che i contenuti prodotti da giornalisti professionisti potrebbero poi essere sfruttati da altri, il che a sua volta potrebbe rappresentare un’ulteriore minaccia finanziaria alla loro professione. Il diritto d’autore dovrebbe servire a proteggere gli autori e garantir loro un’equa remunerazione se altri usano il loro lavoro. A tale riguardo, le legislazioni nazionali hanno richiesto ai fornitori di servizi su Internet di rispettare determinati standard, ad esempio sul diritto d'autore mediante il Digital Millennium Copyright Act degli Stati Uniti, dove sono legalmente costituite e hanno sede multinazionali come Google, Facebook e Twitter. All'interno dell'Unione europea, i trattati internazionali sul diritto d'autore sono stati recepiti nel diritto dell’UE. Il fallimento dell’ACTA (International Anti-Counterfeiting Trade Agreement, Accordo commerciale internazionale anticontraffazione) nel 2012 non ha modificato la tutela giuridica del diritto d'autore e dei diritti affini nei mezzi di comunicazione online. La tutela del diritto d'autore è una condizione necessaria per la sopravvivenza economica dei mezzi di comunicazione tradizionali con contenuti giornalistici originali.

20. I giornalisti iscritti agli ordini professionali nutrono la legittima aspettativa di essere distinti da altri soggetti che immettono informazioni nel web; essi godono tradizionalmente di una posizione privilegiata, dovuta all'importanza del loro compito d’informazione dell’opinione pubblica sulle questioni di pubblico interesse. Tali privilegi vanno dai posti riservati nelle aule giudiziarie, nei parlamenti e nelle conferenze stampa governative ad agevolazioni nell’accesso a eventi sportivi o culturali di rilievo. Oltre a ciò, i giornalisti hanno il diritto di non rivelare le proprie fonti d’informazione. Per motivi pratici e giuridici, la maggior parte di tali privilegi non può essere estesa a tutti i “cittadini giornalisti”, blogger di Internet e consulenti in pubbliche relazioni. Tutti questi usufruiscono però delle stesse libertà fondamentali di base dei giornalisti, tra cui la libertà d’espressione e d’informazione.

3. La disinformazione e la manipolazione online

21. Durante il nostro incontro del 19-20 settembre 2016 a Kyiv uno degli esperti, la dott.a Margo Smit (mediatrice civica presso l’emittente pubblica olandese NOS e docente di giornalismo presso l'Università statale di Groninga) ha citato il libro “The elements of journalism” di Bill Kovach e Tom Rosenstiel, nel quale gli autori individuano i principi e le pratiche essenziali del giornalismo. La dott.a Smit ha giustamente insistito soprattutto sul primo principio: “il primo dovere del giornalismo è quello nei confronti della verità".

22. Oggi, tuttavia, la sensazione diffusa sembra essere quella che la disinformazione prevale sull’informazione oggettiva, e che la manipolazione e la propaganda hanno la meglio sulla corretta espressione delle proprie opinioni e punti di vista. Il rischio che i mezzi di comunicazione di massa siano adoperati per manipolare l'opinione pubblica non è nuovo, ciò nondimeno il problema sta nel modo in cui la pervasività dei media ha aumentato tale rischio e nella nostra capacità o meno di dare una risposta efficace a questa minaccia.

23. Sin dalla nascita di Internet si è discusso pubblicamente del suo carattere manipolativo. Mentre i media radiotelevisivi sono ancora quelli di cui la gente si fida di più, la maggior parte degli utenti dei media online non si fida di questi ultimi, in Europa come negli Stati Uniti.

24. Sarebbe ingenuo e fuorviante pretendere che il giornalismo possa raggiungere la verità assoluta. Anche in una relazione meramente fattuale, essere esaurienti è impossibile; per cui l’informazione fornita può solo essere parziale e la soggettività giocherà sempre nella selezione degli elementi riportati: un giornalista può presentare una manifestazione soffermandosi sulle ragioni della mobilitazione o sui danni collaterali prodotti da alcuni agitatori (e usare le immagini di conseguenza), può dare più spazio alle opinioni dei partecipanti alla manifestazione o a quelle dei contrari, avvalersi delle statistiche della polizia o degli organizzatori sul numero dei partecipanti (dati di solito alquanto diversi) e così via.

25. Credo tuttavia che la lealtà verso la verità abbia un senso. Essa implica la volontà di fornire al pubblico una descrizione diretta dei fatti o dell'evento, corredata dai pertinenti elementi di contesto. Non implica l’elencazione di tutti i possibili dettagli, ma esige un serio impegno nel fornire al pubblico “fatti attendibili e precisi, inseriti in un contesto dotato di senso”.

26. La veridicità richiede altresì che l'informazione sia professionalmente verificata: i giornalisti devono avere “un approccio trasparente ai dati di fatto (...) in modo tale che i pregiudizi personali e culturali non compromettano l’accuratezza del lavoro. Oggettivo è il metodo, non il giornalista. Reperire più testimoni, pubblicizzare il più possibile le proprie fonti, o sollecitare le varie parti a esprimere un commento, sono tutti indici dell’aderenza a tali regole. Questa disciplina di verifica è ciò che separa il giornalismo da altre forme di comunicazione quali la propaganda, la pubblicità, la narrativa o l’intrattenimento.” Ciò assume un rilievo particolare nel caso del giornalismo online.

27. In verità la gente non può aspettarsi dai giornalisti che rimangano “neutrali”: sono dei “formatori di opinione” e, in modo esplicito o meno, cercano d’influenzare l'opinione pubblica comunicando la propria interpretazione dei fatti o degli eventi che presentano e le proprie opinioni sulla loro rilevanza e il loro impatto. La ricerca dell'influenza è un obiettivo legittimo del giornalismo in una società democratica, ma quando le “informazioni” fattuali sono accompagnate da un'analisi e il giornalista esprime anche il proprio punto di vista, la lealtà verso la verità implica che il giornalista faccia capire ai lettori o al suo pubblico da che punto iniziano questa sua analisi e questa sua interpretazione. Il giornalismo deve favorire il pensiero critico e non contribuire a ucciderlo.

28. Contrariamente ai concetti d’influenza o persuasione, il termine manipolazione ha una connotazione negativa, poiché rimanda all’esercizio di un potere occulto su una persona. La manipolazione potrebbe essere descritta come l'atto volto a distorcere dei dati o a presentarli al fine di ingannare le persone e controllarne in modo sleale e senza scrupoli, a proprio vantaggio, le emozioni e le reazioni. La manipolazione non è propria soltanto dei media online, bensì ha una lunga storia, specie sotto regimi non democratici come il fascismo e il comunismo, nei quali i mass media erano considerati un mezzo per guidare le masse popolari. Tale manipolazione sotto l’egida dello Stato o il controllo di un partito si fondava sulla propaganda ufficiale e sulla censura delle opinioni divergenti e delle informazioni sgradite.

29. Esempi di disinformazione politicamente motivata sono, purtroppo, facili da individuare ancor oggi, come ad esempio il video postato su Facebook dal giornalista russo Ivan Blagoy nel gennaio 2016, il quale affermava falsamente che la figlia tredicenne di immigrati russi in Germania era stata violentata da richiedenti asilo a Berlino - una falsa accusa che fu addirittura ripresa dal Ministro degli esteri russo nel corso di una conferenza stampa ufficiale a Mosca.

30. Senza arrivare a casi estremi come questo, i media online hanno aperto nuove vie per influenzare i dibattiti pubblici e l'opinione pubblica. Ciò può essere fatto, in particolare, mediante l'immissione su vasta scala di determinati contenuti o parole chiave sui forum di discussione online. Parole chiave e discussioni politiche sono state lanciate sulle reti sociali online per scopi politici. La presenza online del Presidente degli Stati Uniti Obama è stata oggetto di grande attenzione a causa del suo successo.
Dopo le elezioni presidenziali statunitensi del 2008 e il 2012 e quelle del 2015 nel Regno Unito, i due principali partiti di quest’ultimo paese hanno assunto come “spin-doctor” degli ex consulenti strategici del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Pratiche analoghe sono state osservate anche in Italia e in Russia, ad esempio. Più in generale, militanti online o cosiddette “web brigades” si sono fatti conoscere per i loro tentativi di dominare politicamente le reti sociali . Il confine tra influenza e manipolazione, in casi del genere, potrebbe rivelarsi difficile da tracciare.

31. Un altro rischio molto concreto è quello delle distorsioni nell’accesso alle informazioni online. Dato che l'algoritmo di ricerca di Google reagisce ad aspetti del comportamento degli utenti, come la quantità di parole correlate ricercata, sarebbe possibile per gruppi di utenti manipolativi influenzare la funzione di completamento automatico ricercando in maniera massiccia una data combinazione di parole correlate. In Germania, come pure in Cina e in Giappone, dei tribunali hanno ingiunto a Google di modificare la sua funzione di completamento automatico nei casi in cui dei nomi di persona venivano automaticamente associati con termini aventi una connotazione negativa. Nel Regno Unito, nel febbraio 2016, la funzione di correzione automatica di Google è stata persino accusata di faziosità politica.

32. Nel 2015 sono emerse accuse analoghe contro Google per aver favorito Hillary Clinton nella sua funzionalità di completamento automatico; Google ha spiegato che “l'algoritmo di completamento automatico è stato progettato per evitare che la ricerca di un nome di persona sia completata con termini offensivi o denigratori. (...) Tale filtro opera secondo le stesse regole, quale che sia la persona.”

33. Nel 2014, Facebook è stato criticato per aver portato segretamente avanti uno studio volto ad accertare se, esponendo gli utenti a delle emozioni, questi fossero indotti a modificare il loro modo di postare messaggi. Nel maggio 2016 degli ex dipendenti di Facebook avrebbero ammesso in un media online di aver manipolato dei contenuti politici in rete, ma il vicedirettore del dipartimento “Funzione di ricerca” di Facebook ha replicato in un post a queste asserzioni online, affermando di non aver trovato alcuna prova della verità di tali accuse anonime.

34. Altri esempi del modo in cui i dati online possono essere utilizzati per manipolare l'opinione pubblica sono le voci di feedback degli utenti, come i "mi piace" o i "follower" su Facebook o le valutazioni degli utenti sui siti web commerciali, per molti dei quali i numeri sembrano essere gonfiati da riscontri comprati o faziosi.

35. L’uso malevolo delle informazioni è diventato oggi un potente strumento per distruggere la reputazione di avversari o concorrenti. Ciò accade su vasta scala all'interno delle reti sociali, e gli esempi scioccanti di cyberbullismo che di tanto in tanto sono portati all'attenzione del pubblico, anche per i loro esiti drammatici, sono solo la punta dell'iceberg in questo campo. Ciò si verifica nel mondo degli affari, ad esempio con le campagne orchestrate contro i prodotti dei concorrenti. Ciò avviene anche in politica, con attacchi mirati agli avversari politici. Ovviamente, la questione della credibilità delle informazioni e del “linciaggio della reputazione” è sempre esistita, ma con i media online tali pratiche hanno raggiunto tutt’altra scala, a causa della velocità di diffusione e del conseguente effetto esponenziale, accentuato oltretutto dall’oggettiva difficoltà di eliminare o correggere le informazioni sbagliate.

4. La responsabilità per i contenuti propri e di terzi

36. Come indicato al paragrafo 12 della risoluzione 1970 (2014) su “Internet e politica: l'impatto delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione sulla democrazia”, "Internet aumenta i rischi di abusi e aberrazioni atti a mettere a repentaglio i diritti umani, lo stato di diritto e la democrazia: dà spazio a espressioni d’intolleranza, odio e violenza contro i minori e le donne; alimenta la criminalità organizzata, il terrorismo internazionale e le dittature; intensifica inoltre il rischio d’informazioni distorte e manipolazione delle opinioni, e facilita la sorveglianza insidiosa della nostra vita privata.” Inoltre, al punto 13 della risoluzione 1970, l'Assemblea si diceva preoccupata dal fatto che “i dati personali siano stati ridotti a beni commerciali e se ne faccia abuso per fini commerciali o politici, minacciando seriamente la tutela della vita privata. Oltre a ciò, il maggior uso di nuove tecniche di sondaggio semantico può portare alla manipolazione dell'opinione pubblica e alterare i processi politici.”
37. A seguito di tali rischi, l'Assemblea dichiara, al paragrafo 14 della risoluzione 1970, che “non si deve permettere che Internet diventi un meccanismo gigantesco e tentacolare, operante fuori da ogni controllo democratico. Dobbiamo evitare che il web divenga, di fatto, una zona senza legge, un ambito dominato da poteri occulti nel quale nessuna responsabilità può essere chiaramente attribuita a nessuno”.

38. Più di due anni dopo, dobbiamo registrare che la responsabilità dei media online rappresenta più che mai una sfida sociale irrisolta. Fuori dal cyberspazio esistono vie di ricorso contro informazioni fattualmente erronee o che ledono la vita privata altrui. Su Internet, invece, le immagini private possono circolare senza un reale controllo e i dati personali sono raccolti e trattati massicciamente.

39. In occasione del Dialogo europeo sulla governance di Internet (EuroDIG) del 2016 a Bruxelles, il Consiglio d'Europa ha co-organizzato una sessione plenaria sul tema "Le regole del mondo digitale - economia versus diritti umani", la quale ha evidenziato che i diritti umani e altre norme importanti per i media tradizionali sono rimessi in questione nel cyberspazio da interessi economici e d’altra natura, spesso poderosi. Questa dicotomia esige una maggiore consapevolezza pubblica e risposte politiche più attive, al fine di garantire che diritti umani come quello alla vita privata non siano sacrificati al guadagno economico.

40. Con riferimento alla sentenza della Grande camera della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Delfi AS c. Estonia (ricorso n. 64569/09), occorre plaudire al fatto che il campo di applicazione dell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sia stato in essa chiarificato per quanto riguarda i doveri e le responsabilità dei portali di notizie Internet, ai sensi dell'art. 10, par. 2 della Convenzione, allorché forniscono a fini di lucro una piattaforma per commenti generati dagli utenti su contenuti pubblicati in precedenza e alcuni utenti - sia identificati sia anonimi – si imbarcano in discorsi palesemente illegali, che violano i diritti della personalità di altri soggetti e sono assimilabili all’istigazione all’odio e all’incitamento alla violenza contro di essi.

Responsabilità dei media online e degli intermediari 

41. Nell’arco di decenni è andata crescendo una legislazione che ha evidenziato l'importanza della libertà dei mezzi di comunicazione per la democrazia e per ogni individuo, pur collocando tale libertà nel contesto di altri diritti fondamentali, come quelli alla vita privata o alla tutela della altrui reputazione. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha elaborato, a tale riguardo, una solida giurisprudenza fondata sull'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. È chiaro che la libertà d’espressione e la libertà d’informazione non coprono gli appelli al terrorismo, le espressioni di odio, l’incitamento al razzismo, la pedopornografia o gravi attentati alla dignità umana come il cyberbullismo o persecuzione telematica.

42. I mezzi di comunicazione a stampa e le emittenti radiotelevisive tradizionali sono editorialmente responsabili dei loro contenuti. Fintantoché la presenza su internet è curata dai media tradizionali, sembra ragionevole aspettarsi da essi che applichino le proprie norme abituali anche ai loro contenuti online. Ciò dà adito, però, ad alcuni interrogativi, ad esempio se tali norme siano applicate correttamente, se debbano essere in certa misura regolate e come possano essere applicate anche nei confronti di altri soggetti online interessati. In effetti, molti media online si considerano solo meri intermediari tecnici tra gli utenti, alla stregua delle società telefoniche tradizionali. Tali analogie generalmente non rispecchiano la posizione e i poteri reali della maggior parte dei media online.

43. Google, Facebook e altri fornitori di servizi su Internet sono soggetti privati che trattano con utenti privati ai sensi del diritto contrattuale nazionale. Di regola i social media hanno stabilito proprie regole per i propri utenti, sotto forma di condizioni contrattuali di utilizzo o di codici di condotta. Tali regolamenti contrattuali possono assumere la forma di un’autoregolamentazione mirante a preservare la reputazione di marchi come Google o Facebook. In quest’ambito si può citare l'azione volontaria di Facebook contro l’istigazione all’odio.

44. Le restrizioni contrattuali imposte dai social media ai contenuti pubblicati dagli utenti, e più in generale al loro comportamento, rientrano in questa libertà contrattuale. Gli utenti non possono invocare il diritto alla libertà d’espressione ai sensi dell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in opposizione a tali rapporti contrattuali, a meno che il fornitore di servizi su Internet in questione non abbia una posizione di mercato pressoché monopolistica, che imponga a quella società obblighi di servizio pubblico.

45. Il miglior modo per garantire il rispetto dell’obbligo di rendere conto risiede nella responsabilità legale. Di grande rilievo giurisprudenziale è stata, ad esempio, la pronuncia del Tribunal de Grande Instance di Parigi del 2000 sul caso LICRA c. Yahoo!, con cui il tribunale francese ha ingiunto a Yahoo! France di impedire l'accesso in Francia alle offerte di vendita di materiale illegale provenienti dall'estero.

46. Nel 2013, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sentenziato, in un caso riguardante i proprietari di "Pirate Bay" in Svezia, che la pena loro inflitta dai tribunali svedesi per aver offerto una piattaforma al fine di violare le leggi sul diritto d'autore era in conformità con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Nel caso Delfi AS c. Estonia, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito, il 16 giugno 2015, che l'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo non è stato violato dalla sanzione inflitta alla società ricorrente, che gestiva a titolo professionale un portale di notizie con finalità commerciale, a causa dell’insufficienza delle misure adottate dalla società ricorrente per rimuovere subito dopo la loro pubblicazione dei commenti assimilabili a istigazioni all’odio e incitamenti alla violenza e per garantire la realistica prospettiva che gli autori di tali commenti fossero chiamati a risponderne. Detto in altri termini, la sentenza della Corte implica che, se i meccanismi (tecnici o manuali) di filtraggio che i media apprestano non sono sufficienti a prevenire la diffusione di affermazioni ingiuriose o diffamatorie, i media possono doverne rendere conto.

47. Il Consiglio d'Europa ha inoltre emanato norme non vincolanti mediante la Raccomandazione CM/Rec(2014)6 del Comitato dei Ministri riguardante una Guida sui diritti umani per gli utenti di Internet. In tale raccomandazione, il Comitato dei Ministri ha esplicitamente affermato, ad esempio, che “I diritti umani, che sono universali e indivisibili, e le norme connesse, prevalgono sui termini e le condizioni generali imposti agli utenti di Internet da qualsiasi soggetto del settore privato. (...) Gli utenti dovrebbero ricevere assistenza per essere coscienti dei loro diritti umani online ed esercitarli efficacemente qualora i loro diritti e libertà abbiano subito limitazioni o interferenze. Tale assistenza dovrebbe includere indicazioni in materia di accesso a vie di ricorso efficaci.”

48. Pertanto, la Raccomandazione CM/Rec(2014)6 giunge a questa specifica conclusione: “Per far sì che i diritti umani e le libertà fondamentali esistenti siano applicati del pari offline come online, il Comitato dei Ministri, ai sensi dell'art.15b dello Statuto del Consiglio d'Europa, raccomanda agli Stati membri (...) di garantire che gli utenti di Internet abbiano accesso a vie di ricorso efficaci qualora i loro diritti e libertà siano stati limitati o qualora ritengano che i loro diritti sono stati violati. Ciò richiede il rafforzamento del coordinamento e della cooperazione tra le istituzioni, gli enti e le comunità competenti. Esige altresì il coinvolgimento dei soggetti del settore privato e delle organizzazioni della società civile e l’efficace collaborazione con essi. In funzione del contesto nazionale, in ciò possono rientrare meccanismi di ricorso come quelli forniti dalle autorità per la protezione dei dati, delle istituzioni nazionali per i diritti umani (come i mediatori civici), le procedure giurisdizionali e le linee telefoniche di assistenza”.
 
5. La trasparenza dei media online 

La trasparenza degli autori di contenuti online

49. I media online sono spesso meno trasparenti, specie per quanto riguarda i loro responsabili editoriali, la loro proprietà e la loro sede legale. Ciò potrebbe frapporre difficoltà alle persone desiderose di adire vie di ricorso contro informazioni false o illegali e opinioni diffamatorie diffuse sui media online.

50. Spesso non è possibile identificare pubblicamente gli autori di testi o immagini sui media online, soprattutto per quanto riguarda i contenuti generati dagli utenti come i commenti o i riscontri (feedback). Tuttavia, la loro responsabilità presuppone logicamente la loro trasparenza. Oltre a ciò, il valore e la credibilità delle informazioni esigono che si conoscano il loro autore e il contesto in cui sono state prodotte.

51. La Dichiarazione dei diritti in Internet del Parlamento italiano comprende la tutela dell'anonimato. Essa è però sottoposta a una serie di restrizioni: "Art. 10 (Protezione dell'anonimato): 1. Ogni persona può accedere alla rete e comunicare elettronicamente usando strumenti anche di natura tecnica che proteggano l’anonimato ed evitino la raccolta di dati personali, in particolare per esercitare le libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o censure. 2. Limitazioni possono essere previste solo quando siano giustificate dall’esigenza di tutelare rilevanti interessi pubblici e risultino necessarie, proporzionate, fondate sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una società democratica. 3. Nei casi di violazione della dignità e dei diritti fondamentali, nonché negli altri casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria, con provvedimento motivato, può disporre l'identificazione dell'autore della comunicazione.”

52. Si sente spesso affermare che l'anonimato potrebbe servire a proteggere gli autori nei paesi repressivi e non democratici, il che può essere vero. Tuttavia, questa eccezione per i paesi non democratici non inficia la giustificazione della trasparenza nel caso degli autori di contenuti online nei paesi democratici. È dubbio, purtroppo, che ai paesi non democratici possa essere efficacemente impedito d’identificare gli autori di contenuti online politicamente critici grazie al loro anonimato in rete, perché i regimi non democratici sono spesso dotati di altri mezzi energici per scoprire le fonti di informazione.

53. Nel dibattito pubblico, l'anonimato degli utenti di Internet è talora descritto come un fine legittimo o addirittura come un diritto comprendente un preteso diritto all’uso di tecnologie crittografiche. Tali pretese sono in contrasto con le regole valide per altri mezzi di comunicazione. Per i mezzi di comunicazione cartacei tradizionali e il cinema, le legislazioni nazionali richiedono in genere l'identificazione pubblica della persona legalmente responsabile del loro contenuto. Gli utenti telefonici possono rendere il loro numero telematicamente invisibile o togliere il loro nome e indirizzo dagli elenchi telefonici, ma rimangono identificabili da parte del loro operatore telefonico e delle autorità giudiziarie e di polizia.

54. In effetti, i fornitori di servizi su Internet procedono generalmente alla registrazione e al trattamento di ogni movimento e azione in rete dei loro utenti, compresa la produzione di contenuti online da parte degli stessi. Questi “megadati” sono utilizzati per migliorare il servizio prestato a un determinato utente, ma anche come una merce preziosa che viene venduta a inserzionisti online o altre figure. La legittima protezione dei dati personali si scontra dunque con i potenti interessi commerciali dell’industria pubblicitaria online.

55. Internet offre inoltre possibilità tecniche per nascondere l'identità e le azioni dei suoi utenti, ad esempio attraverso le cosiddette “reti oscure” (dark nets). Uno strumento di largo uso per operare nella “rete oscura” è The Onion Router [il router cipolla] o Tor, che fa circolare il traffico in Internet attraverso una rete gratuita e volontaria formata da diverse migliaia di relè per dissimulare l’ubicazione e le attività di un utente. Tor offre anche un servizio occulto, che consente di creare un server virtualmente irrintracciabile ospitato all'interno della rete Tor. Daniel Moore e Thomas Rid del King’s College di Londra hanno presentato nel febbraio 2016 uno studio indicante che la “rete oscura” Tor è adoperata essenzialmente per la droga, le transazioni finanziarie illegali, l'estremismo, la pornografia illegale e altri usi illeciti . Tale anonimato non sembra aver posto in uno Stato governato dallo stato di diritto, e Internet non deve essere una zona senza legge.

56. Se gli utenti dei media online possono di fatto dissimulare la propria identità agli occhi altrui, quando violano la legge la loro tracciabilità deve, per quanto possibile, essere garantita. Il protocollo Internet (IP) rende possibile nella maggior parte dei casi il tracciamento degli utenti; questo, però, non è né sempre facile, né, di fatto, sempre possibile. L'utilizzo di server intermedi e della crittografia a strati (onion routing), in combinazione con i problemi legali derivanti dalla presenza di più giurisdizioni, rappresentano, ad oggi, una sfida significativa per le forze dell'ordine. A questo proposito è essenziale una maggiore cooperazione fra le autorità nazionali e gli operatori di Internet.

La trasparenza della proprietà dei media online

57. La risoluzione 2065 (2015), intitolata “Accrescere la trasparenza della proprietà dei mezzi di comunicazione”, proponeva, fra l'altro, che le informazioni sui mezzi di comunicazione da rendere pubbliche dovessero includere:

-    i loro nomi legali, sedi sociali e recapiti, così come la finalità (di lucro o non di lucro) o la loro appartenenza al settore pubblico;
-    i nomi dei titolari della responsabilità editoriale o degli autori dei contenuti editoriali;
-    i nomi degli autori di contenuti forniti da terzi, a meno che la protezione delle fonti giornalistiche non richieda la tutela della loro segretezza o il diritto dell'autore alla libertà di espressione rischi di essere minacciato oltre i limiti di cui all'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

58. La maggioranza dei mezzi di comunicazione professionali generalmente aderisce a questo principio di trasparenza, anche se alcuni cercano di mantenere segreta la loro proprietà, soprattutto per occultare affiliazioni di natura politica. I siti web privati, i blog e gli articoli sulle reti sociali sembrano essere più inclini a limitare la trasparenza. È dunque quest'ultima categoria a richiedere un’attenzione particolare, per esempio andando a individuare tali presenze in rete e gli host di contenuti o i fornitori di servizi su Internet corrispondenti.

6. i diritti degli utenti di Internet e le vie di ricorso specifiche contro i contenuti online

59. Il 25 marzo 2014 la Camera dei deputati brasiliana ha adottato una carta dei diritti per gli utenti di Internet, divenuta poi la legge del Brasile n. 12965 del 23 aprile 2014 in materia di diritti civili in Internet (Marco Civil da Internet). Spinta dalle rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza delle reti di telecomunicazioni brasiliane da parte dei servizi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, l'allora Presidente del Brasile, Dilma Rousseff, aveva proposto di rafforzare il diritto alla privacy nel cyberspazio nel suo discorso alla LXVIII sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 24 settembre 2013. La Legge n. 12965 sancisce otto principi: la libertà d’espressione, la tutela della vita privata, la protezione dei dati personali, la neutralità della rete, la stabilità e la sicurezza della rete, la responsabilità, la natura partecipativa della rete e la libertà dei modelli economici.

60. La Camera dei deputati italiana ha adottato la sua dichiarazione dei diritti in Internet il 3 agosto 2015. Tale dichiarazione abbraccia questioni come il diritto d’accesso a Internet e la neutralità della rete, ma anche la protezione dei dati personali e il diritto di autodeterminazione informativa, così come l’innovativo diritto alla propria identità su Internet (“L'uso di algoritmi e tecniche probabilistiche deve essere portato a conoscenza delle persone interessate, che in ogni caso possono opporsi alla costruzione e alla diffusione di profili che le riguardano.”), la tutela dell'anonimato (vedi cap. 5 supra) e il “diritto all'oblio” (vedi sotto).

61. Sia l’atto legislativo brasiliano sia quello italiano sono dichiarazioni politiche che richiamano, su un piano generale, diritti e libertà sanciti dalle leggi nazionali vigenti e dalle norme europee o internazionali. Essi rispondono a una domanda pubblica di maggiore chiarezza sui diritti e le responsabilità in Internet e sui media online. Possono dunque essere presi a riferimento nell'interpretare la legislazione nazionale, nonché come guida politica per tutti i soggetti interessati alla governance di Internet in generale.

62. Le iniziative italiana e brasiliana rendono manifesta l'importanza politica di tali norme. Entrambe le iniziative dovrebbero fungere da punto di riferimento in questo senso per altri parlamenti. Le raccomandazioni CM/Rec(2016)5 sulla libertà di Internet e CM/Rec(2016)3 sui diritti umani e le imprese sono le norme più recenti adottate dal Comitato dei Ministri in materia di media online.

63. Queste due dichiarazioni politiche hanno attinenza con l’orientamento della nostra relazione su media online e giornalismo nella misura in cui richiamano il diritto alla protezione della vita privata e dei dati personali, che gode di tutela giuridica ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, della Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale (STE n.108) e del nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati n. 2016/679 dell'Unione europea. Discuteremo di seguito in maggiore dettaglio il nuovo “diritto all'oblio”, che in effetti designa il diritto alla rimozione dai motori di ricerca dei collegamenti con informazioni personali.

La tutela della vita privata

64. Mentre a livello interno vige la trasparenza degli utenti nei confronti dei loro fornitori di servizi su Internet, gli utenti stessi sono spesso all’oscuro dei dati raccolti su di loro. Nella Risoluzione 1843 (2011) su “La tutela della vita privata e dei dati personali in Internet e nei media online”, l'Assemblea ha preso atto con preoccupazione che la digitalizzazione dell’informazione ha aperto possibilità senza precedenti per l'identificazione degli individui attraverso i loro dati. L'Assemblea ha approvato il principio per cui, ad eccezione della conservazione tecnicamente necessaria o legittima dei dati di traffico TIC e dei dati di localizzazione, tutti devono essere in grado di controllare l'uso dei propri dati personali da parte altrui, ivi compreso qualsiasi tipo di accesso, raccolta, conservazione, divulgazione, manipolazione, sfruttamento o altro trattamento di dati personali. Tale controllo dell'uso dei dati personali deve comprendere il diritto di conoscere e rettificare i propri dati personali e di far cancellare dai sistemi e dalle reti informatici tutti i dati forniti senza obbligo legale.

65. Per gli Stati membri del Consiglio d'Europa, l'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nonché la Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale (STE n. 108) definiscono norme per la privacy online. Nell’ambito dell'Unione europea, il nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati deve instaurare, come minimo, un analogo livello di tutela della privacy dei dati.

66. In conformità con tali norme, ai media online potrebbe essere fatto obbligo di rispettare la privacy delle persone rimuovendo i contenuti online che violano i diritti relativi alla vita privata.

Diritto di replica

67. Oltre alla regolamentazione per via legislativa, i mezzi di comunicazione cartacei e quelli radiotelevisivi, come pure i loro giornalisti, si sono dati norme di autoregolamentazione. Il diritto di replica, ad esempio, è riconosciuto da molti media tradizionali e nei codici di etica giornalistica.

68. Nel caso dei media tradizionali, il diritto di replica e di rettifica è da molti anni ampiamente riconosciuto anche a livello europeo, come dimostrano la risoluzione (74) 26 del Comitato dei Ministri sul diritto di replica e l'art. 8 della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera (STE n. 132). Trent’anni dopo, nel 2004, il Comitato dei Ministri ha adottato la raccomandazione CM/Rec(2004)16 sul diritto di replica nel nuovo ambiente mediatico. Secondo la definizione data da quella raccomandazione, il termine “medium” [mezzo di comunicazione] designa “qualsiasi mezzo di comunicazione per la diffusione periodica rivolta al pubblico di informazioni edite, sia online sia offline, come i quotidiani, i periodici, la radio, la televisione e i servizi d’informazione online”.

69. La Raccomandazione CM/Rec(2004)16 specifica che: "Ad ogni persona fisica o giuridica, a prescindere dalla nazionalità o dal luogo di residenza, dovrebbe essere accordato un diritto di replica o mezzo di ricorso equivalente che offra la possibilità di reagire a qualsiasi informazione riportata dai media che presenti fatti inesatti su di lui/lei e leda i suoi diritti personali.” Al fine di salvaguardare l'esercizio effettivo del diritto di replica, “i media dovrebbero rendere pubblici il nome e i recapiti della persona cui possono essere indirizzate le richieste di una risposta. Allo stesso scopo, la legge o la prassi nazionale dovrebbero determinare in che misura i media siano obbligati a conservare, per un lasso di tempo ragionevole, copia delle informazioni o dei programmi messi a disposizione del pubblico o, quantomeno, fino a quando possa essere formulata la richiesta d’inserimento di una risposta, o fino a quando un caso sia all’esame di un tribunale o altro organo competente.” Inoltre, la risposta dovrebbe essere resa pubblica a titolo gratuito per la persona interessata e dovrebbe, per quanto possibile, ricevere un rilievo pari a quello dato alle informazioni contestate, così da raggiungere lo stesso pubblico e con lo stesso impatto.

70. Il diritto di replica è facilmente applicabile in un mezzo di comunicazione cartaceo e nei programmi periodici dei mezzi radiotelevisivi, casi nei quali ai lettori o agli spettatori può essere comunicato, nel numero o nella puntata successivi, che si era verificato un errore di fatto. L'effettiva attuazione di tale diritto incontra maggiori difficoltà quando sono coinvolti dei media online, in quanto molti di essi sono meno traspare