Uno spiraglio di luce per la Siria? – Di Valentina Saini

Si fanno strada i sei punti Kofi Annan, ma su una cosa certamente gli esperti avevano ragione: il regime è troppo forte, e lo sta dimostrando

Russia e Cina hanno votato a favore della dichiarazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU in sostegno del processo di pace per la Siria proposto da Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite, attualmente in missione a Damasco.
Nonostante la dichiarazione non sia vincolante il fatto che, questa volta, Russia e Cina non abbiano imposto il loro veto lascia intravedere qualche speranza per una prossima approvazione di una resoluzione del Consiglio di Sicurezza sullo stesso argomento.
 
Il piano proposto da Annan prevede sei punti, dei quali i più importanti sono il cessate il fuoco da applicare sia da parte del governo di Bashar Al Assad che dai vari gruppi che compongno l’opposizione; un dialogo politico fra il governo e l’opposizione.
L’autorizzazione alle agenzie umanitarie per recarsi nelle zone più castigate dall’offensiva militare del regime; la scarcerazione di tutti i detenuti arrestati dall’inizio della rivoluzione, un anno fa; e la libertà di movimento per i giornalisti stranieri all’interno del paese.
Secondo la stessa dichiarazione, il Consiglio di Sicurezza prenderà ulteriori provvedimenti se il governo siriano non soddisferà le richieste contenute dal piano di pace.
 
Come spiega oggi uno dei maggiori analisti politici del canale Al Jazeera, Marwan Bishara, solo le dimissioni del presidente ora costituirebbero lo scenario migliore per il paese.
Purtroppo, però, l’atteggiamento dimostrato dal Bashar Al Assad durante gli ultimi mesi non fa sperare che decida di dimettersi, né che abbia intenzione di seguire il piano di pace e di dichiarare (e rispettare) il cessate il fuoco.
Se così fosse, quale sarebbe il prossimo passo che vedremmo al Consiglio di Sicurezza? Una risoluzione approvata da Russia e Cina che renda legittimo un intervento militare straniero?
 
Quando nel novembre del 2010 in Tunisia scoppiò quella che poi è stata battezzata «Primavera araba», la maggior parte degli esperti e ricercatori sul mondo arabo e il Medio Oriente credevano che la Siria non ne sarebbe stata contagiata perché il regime era troppo forte.
Ebbene, alla fine non solo la Siria è stata contagiata in pieno dalla Primavera araba, ma in un prossimo futuro ne diventerà probabilmente il simbolo.
 
Perché neanche in Libia la popolazione ha pagato un prezzo così alto come in Siria dove, nonostante la repressione alla quale dall’Occidente assistiamo immobili, la gente scende in strada ogni giorno a rischiare la vita per dire al regime che è tempo di andarsene.
Su una cosa certamente gli esperti che non avevano previsto il «contagio siriano» avevano ragione: il regime è troppo forte, e lo sta dimostrando.
 
Valentina Saini
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