Kompatscher non vuole bandiere per l’entrata in guerra
Il suo pensiero è condiviso da 13.000 persone: mai festeggiare l'inizio di una guerra
Sono passati cent’anni esatti da quando l’Italia ha dichiarato guerra all’Austria Ungheria e ancora non sono sopiti gli animi. C’è ancora gente che rimpiange l’Austria e gente che vuole sventolare bandiere italiane.
Come abbiamo scritto più volte in questi giorni, non si deve commemorare l’inizio di una guerra con tanto di bandiere, come se fosse stata una felice passeggiata nazionale. E per quale motivo, solo perché l’abbiamo vinta?
Come ha detto il presidente Rossi, una guerra è sempre una sconfitta per l’umanità. E, come dice lo stesso Rossi, se proprio dobbiamo issare le bandiere, dobbiamo metterle a mezz’asta. Tutta l’Europa dovrebbe esporre bandiere a mezz’asta, in memoria dei poveri ragazzi che morirono per colpa di quattro governanti cialtroni e sprovveduti, e in memoria dei civili che soffrirono sorti spaventose per ragioni che difficilmente comprendevano.
Come giustamente sottolinea con un certo sarcasmo il nostro affezionato lettore Giorgio, «allora esporremo le bandiere anche il 10 giugno prossimo, allo scadere dei 75 anni esatti della dichiarazione di guerra dell’Italia a Francia e Inghilterra?» Oppure festeggiamo solo le guerre che abbiamo vinto?
L’Italia doveva restare neutrale, diciamo oggi con il senno di poi. Allora c’erano fondate ragioni per ritenere che a fine conflitto le nazioni vincenti si sarebbero rivolte contro l’Italia. Nessuno allora poteva prevedere che al termine si sarebbero dissolti quattro imperi, Austria, Germania, Turchia e Russia. E tutti per colpa dei rispettivi monarchi, che di fronte alla disfatta non seppero reagire con dignità e buonsenso.
La guerra partì dagli imperi centrali, non ci sono dubbi, ma non si può nascondere che l’interventismo italiano aveva mire sostanzialmente espansionistiche. Certo non potevamo immaginare che, vinta la guerra, Francia e Inghilterra ci avrebbero affidato anche l’Alto Adige, in cambio della costa Dalmata che invece non avevano nessuna intenzione di darci pur avendolo messo per iscritto.
Insomma, se Trentino e Alto Adige sono oggi l’esempio di come si può vivere e convivere in pace anche quando si è completamente diversi, il merito è esclusivamente di persone di buona volontà che hanno cercato la soluzione e non la vendetta.
Per questo ci lascia perplessi l’idea di esporre la bandiera per commemorare l’entrata in guerra del 1915.
Approviamo il minuto di silenzio invocato per le ore 15 di domenica 25 maggio. E ascolteremo commossi il Silenzio suonato per far credere ai milioni di morti della Grande Guerra che non sono caduti invano.
L’articolo che abbiamo pubblicato per riportare che Kompatscher dice «no alle bandiere per l’entrata in guerra» (vedi) ha avuto in breve tempo 13.000 accessi. Un successo incredibile, che da solo sta a indicare quanti abbiano condiviso il suo pensiero.
Come abbiamo detto, lo condividiamo in pieno. Di conseguenza, non possiamo che disapprovare i politici nazionali (compreso il ministro della Difesa Pinotti) che condannano la decisione di Kompatscher.
GdM