Centro cure palliative dell'Ospedale di Bolzano – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con il dottor Massimo Bernardo che ha creato la realtà e la dirige
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Si stima che ogni anno in Italia, su 250 mila persone che dovrebbero essere seguite con approccio palliativo, ben 60mila sono malati di cancro, mentre le altre 90mila farebbero parte della sfera delle malattie croniche degenerative.
Si tratta di numeri che fanno riflettere su quanto sia necessaria un’attenzione globale da parte del mondo medico riguardo la sofferenza dei propri pazienti.
In Italia esiste una legge specifica che garantisce i diritti delle persone che affrontano la fase avanzata di una malattia.
Si tratta della legge 38 del 2010 che prevede il diritto a ricevere cure appropriate il più precocemente possibile, nelle sedi più idonee e la continuità assistenziale necessaria per dare sicurezza al malato e supporto alla sua famiglia.
Nella nostra regione è presente dal 2004 il Centro di cure palliative dell’ospedale di Bolzano, una realtà creata e diretta dal dottor Massimo Bernardo, responsabile anche dell’Hospice con 11 posti letto ed uno di day hospital.
Un luogo che non fa in modo che la morte avvenga «naturalmente e senza sofferenza», ma che nel corso degli anni ha contribuito ad identificare le cure palliative come opportunità in supporto ai malati con patologie croniche inguaribili fin dalle fasi più precoci.
Per alcune malattie il periodo del morire, o la fase terminale della vita, può essere molto lungo, ed è in questo momento che l’attenzione deve essere riportata alla persona e alla sua sofferenza, con l’obiettivo di programmare degli interventi al fine di migliorare la qualità della vita.
Questo fanno le cure palliative: lavorano per la vita, per dare l’opportunità alle persone affette da malattie incurabili ed alle loro famiglie di poter continuare a vivere bene fino alla fine.
L'Hospice è la struttura residenziale in cui il malato inguaribile e la sua famiglia possono trovare sollievo per un periodo circoscritto e poi fare ritorno a casa o per vivere nel conforto gli ultimi giorni di vita.
Si tratta di un ambiente dalle caratteristiche precise: l'accesso libero per i familiari, che possono rimanere accanto al proprio caro per tutto il tempo che lo desiderano, la possibilità di condividere alcuni spazi dal calore familiare, come la cosiddetta tisaneria, nonché i momenti di conforto dati dalla pet- terapy, l’animazione musicale e il supporto psicologico.
Lo scopo del ricovero presso un centro come quello di Bolzano è la presa in carico globale del malato e della sua famiglia con attenzione particolare a tutti i suoi bisogni clinici, psicologici, sociali e spirituali.
L'equipe si prende cura di pazienti con malattie croniche inguaribili con l'intento di migliorare la qualità della vita attraverso il controllo dei sintomi; la terapia del dolore è infatti una delle attività principali.
La continua sofferenza, l’imminenza della fine e la visione di un proprio caro che se ne sta andando sono pensieri che hanno toccato tutti almeno una volta nella vita.
Si tratta di argomenti non certo allegri, ma il dottor Bernardo e il suo staff sanno bene che la morte è la naturale conclusione della nostra vita e il loro compito è quello di far si possa arrivare nel miglior modo possibile.
Si tratta di una materia, quella dell’alleviamento del dolore, che attualmente in Italia non conosce una regolamentazione per quanto riguarda la specializzazione medica; solitamente i dottori che si interessano e operano in questo campo provengono dall’oncologia o dalla geriatria.
Loro sanno bene che il dolore è un aspetto importante, soprattutto in un paese come il nostro che non brilla per l'attenzione data su questo argomento e che ci vede relegati negli ultimi posti in Europa come consumo di farmaci antidolorifici in particolare gli oppiacei.
Vi sono tuttavia altri sintomi che hanno un effetto molto più devastante sulla vita delle persone e che molto spesso non vengono riconosciuti e trattati come l'astenia, perdita di forze che toglie la possibilità al malato di essere autonomo, o la dispnea che è la difficoltà di respiro che rappresenta una delle situazioni più angoscianti e che può essere alleviata notevolmente attraverso le cure palliative.
Abbiamo intervistato il dottor Massimo Bernardo per conoscere più da vicino questa realtà che pure nella fase culminante della malattia arreca sollievo e benessere ai malati e alle loro famiglie.
Chi è il dr. Massimo Bernardo. Attività professionale Altre attività e riconoscimenti |
Dottor Bernardo, ci parla di come nel 2004 è nata questa realtà che Lei dirige?
«La mia carriera di medico è iniziata nella prima metà degli anni ’80 nei reparti di geriatria, luogo nel quale la malattia cronica inguaribile, la sofferenza e la morte sono eventi quotidiani. Nonostante questo, in tutto il percorso formativo di medico, nessuno mi ha mai parlato di come trattare i sintomi, alleviare la sofferenza e gestire la fine della vita delle persone.
«Tutta la mia attività di medico era diretta al controllo della malattia, mancava una formazione che privilegiasse, in questa fase gli aspetti della qualità della vita piuttosto che quelli della ricerca esasperata di fare tutto quelle che era possibile.
«In questo le persone anziane sono state per me dei maestri straordinari e con loro abbiamo iniziato ad applicare i principi delle cure palliative. La piccola unità di geriatria situata all’interno dell’Ospedale di Bolzano si è guadagnata sul campo i meriti per essere nel tempo riconosciuta da tutti come il centro di riferimento per le cure palliative.
«La legge 38 del 2010 ha dato l’impulso finale e dall’anno successivo l’Azienda Sanitaria ha reso autonomo il nostro servizio creando di fatto il primo Hospice intraospedaliero della Provincia di Bolzano.»
Foto di Oskar Daritz.
In 12 anni com’è cambiato l’approccio a questa materia delicata in Italia? Esistono esperienze all’estero che le piacerebbe integrare nel vostro lavoro a Bolzano?
«Da una situazione nella quale le cure palliative erano viste come cure di fine vita, si è passati gradualmente ad un panorama in cui vengono oggi apprezzate per come possono supportare adeguatamente i malati e le loro famiglie già dalle fasi più precoci delle loro malattie.
«Questo ha portato anche ad una collaborazione più stretta con i colleghi delle altre specialità mediche e chirurgiche. Altro passo importante è stato quello di realizzare una rete delle cure palliative capace di raggiungere e soddisfare le richieste dei malati, permettendo loro di scegliere dove essere curati.
«Il futuro sarà quello di portare le cure palliative anche nelle residenze per anziani e di sviluppare l’assistenza sul versante pediatrico. In questo è fondamentale la stretta collaborazione che abbiamo realizzato tra le reti della Provincia di Trento e di Bolzano: i due territori hanno molti aspetti che li rendono simili e l’esperienza accumulata in questi anni rappresenta una ricchezza comune che non va assolutamente sprecata.
«Altra posizione di vantaggio è quella di essere terra di confine, aperta al confronto con il nord Europa dove si sono sviluppati modelli assistenziali diversi e in molti casi replicabili anche qui da noi. Un vantaggio enorme è la collocazione della nostra struttura all’interno dell’Ospedale di Bolzano, poiché questo facilita la collaborazione con altri colleghi Oncologi, Neurologi, Ematologi per prendere in carico contemporaneamente le persone che ne hanno necessità.
«Sul territorio della Provincia vi sarà la possibilità di sperimentare forme diverse di assistenza coinvolgendo gli ospedali periferici e collaborando strettamente con i medici di medicina generale per arrivare a raggiungere tutti quelli che ne hanno necessità anche se vivono nella valle più lontana.»
Chi sono i pazienti che solitamente si rivolgono al vostro servizio?
«I pazienti che giungono al nostro servizio sono persone che soffrono da tempo per sintomi non controllati e che cercano aiuto per questo motivo. Altre volte sono i familiari stessi che si mettono in contatto con noi per una visita ambulatoriale o richiedendo un accesso domiciliare. La maggior parte di loro sono pazienti con patologia oncologica, ma nel futuro contiamo di raggiungere sempre di più anche malati con patologie diverse.»
Foto di Oskar Daritz.
Quant’è importante l’aiuto psicologico e morale ai parenti dei malati? Esiste una rete di supporto efficace in Trentino-Alto Adige a riguardo?
«Le cure palliative credo siano le uniche che riconoscono la famiglia come unità indispensabile nel processo di cura del malato, e che proprio per questo ha necessità di essere supportata lungo tutto il decorso della malattia.
«Comprendere esattamente la diagnosi e la prognosi, il proprio ruolo nel processo assistenziale, ma nello stesso tempo accettare l’inguaribilità della malattia e prendere consapevolezza della morte come di un evento reale necessita di un supporto psicologico costante. In certe situazioni è la famiglia ad aver bisogno dell’intervento della psicologa piuttosto che il malato stesso.
«I servizi delle due Provincie offrono alle famiglie diverse forme di sostegno che vanno dai colloqui con la psicologa ai gruppi di auto aiuto importanti soprattutto nella fase di elaborazione del lutto.»
In che modo si può affrontare serenamente l’imminenza dell’ultimo viaggio? E quanto conta la formazione dei medici in questo?
«Viviamo ancora oggi in una società che tende, nella maggior parte dei casi, a nascondere al malato la verità o peggio, ad illuderlo per dare speranza. Compiere assieme alla persona un percorso di consapevolezza è un presupposto fondamentale affinchè questi possa fare le scelte che più sono vicine ai suoi valori e ai suoi principi.
«Se tutto questo non viene fatto, allora l’ultima parte del nostro viaggio diviene il periodo dei rimpianti, dei se e spesso della rabbia perché ci si sente presi in giro.
«Certamente sapere che accanto a sé vi sono delle persone che sanno cosa fare qualora la situazione dovesse complicarsi, che sono disponibili, che ascoltano e soprattutto che non ti danno la spiacevole sensazione di essere stato abbandonato, rende tutto più semplice.
«Questo modo di concepire l’assistenza, non orientato nella ricerca esasperata del trattamento, ma di intuire cosa desidera e cosa è bene per quel malato, richiede un cambiamento che si può realizzare solo attraverso un percorso formativo di tutto il personale sanitario.»
Foto di Oskar Daritz.
Spesso chi non lavora nell’ambito ospedaliero si chiede come facciano i medici a gestire tutto il dolore che si trovano di fronte quotidianamente, lei come gestisce questo carico emotivo?
«Se l’obiettivo che ci poniamo è la sconfitta della malattia, trattandosi di patologie inguaribili abbiamo già perso in partenza e convivere con la sensazione di sconfitta ci porta a reagire o con quello che viene definito accanimento terapeutico oppure con la fuga da queste situazioni, determinando nel malato la sensazione di essere stato abbandonato.
«Se, al contrario, l’obiettivo è l’assistenza alla persona, la ricerca del suo massimo benessere, l’aiuto nel mantenere viva una speranza, allora da fare c’è tantissimo e mai prevarrà l’idea di essere stati sconfitti.
«Rimane da gestire il legame che inevitabilmente si crea con il malato e la famiglia in queste situazioni così intense, ma con il tempo si impara a trovare l’equilibrio che ti aiuta a far si che quest’esperienza non si trasformi in un onere eccessivo.
«Nella gestione di queste emozioni entra anche in gioco il valore delle persone che lavorano con te, la condivisione in equipe del carico emotivo ed il sostegno reciproco nonché le occasioni di supervisione con la psicologa.»
In Italia attualmente non esiste una legislazione per quanto riguarda il fine vita e molte persone che non riescono a sopportare la sofferenza o la condanna a morte data dalla propria malattia decidono di rivolgersi a cliniche specializzate all’estero.
Lei cosa ne pensa? Crede sia un tema su cui la medicina italiana dovrà a breve confrontarsi?
«Viviamo in un Paese che non è mai riuscito a discutere pacatamente e costruttivamente sulle questioni che riguardano i temi del fine vita. Le cure palliative per forza di cose sono costrette ad affrontare questi temi e la nostra società scientifica (la SICP) negli ultimi anni ha organizzato diversi convegni e pubblicato diverse raccomandazioni rivolte agli operatori su temi sensibili come l’eutanasia, il consenso informato, la sedazione palliativa, le direttive anticipate e così via.
«Dare al paziente la possibilità di migliorare la sua qualità di vita personalizzando gli interventi rappresenta un' alternativa certa non solo al problema dell’accanimento terapeutico, ma anche a quello dell’abbandono o della ricerca di altre soluzioni quali eutanasia e suicidio assistito.
«Nei Paesi in cui queste procedure vengono ammesse, si tratta comunque di vie difficilmente percorribili, con vincoli molto stretti ed oltretutto costosi e quindi non alla portata di tutti. Quando sento raccontare di questi episodi di ricerca di scorciatoie all’estero mi chiedo sempre se a queste persone sono state offerte delle alternative.
«Probabilmente con l’aiuto delle cure palliative molti di loro sarebbero riusciti a trovare un senso, una speranza, un motivo per cui valesse ancora la pena di restare perché liberati di gran parte del loro dolore.
«Un Paese civile deve pertanto sviluppare le reti per le cure palliative e intraprendere e proseguire costruttivamente il dibattito sui temi etici del fine vita, proponendo e trovando delle soluzioni condivise e capaci di dare una risposta ai diversi bisogni delle persone che affrontano questa complessa fase della loro vita.
«Non è tollerabile che si prosegua facendo finta che questo problema non esista, né per la medicina, né per la politica, lasciando senza risposte chi è disperato.»
Nadia Clementi - [email protected]
dott. Massimo Bernardo - [email protected]t - 0471 908501 - Fax 0471 908500
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