Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Il prof. Davide Bagnaresi mercoledì 24 marzo in una conferenza online parlerà della statua di Dante a Trento, fra irredentismo ed editoria turistica – L’intervista

Davide Bagnaresi.
 
Il ciclo di eventi culturali organizzati dall’Associazione Castelli del Trentino intitolato Gli incontri del giovedì, curato dal presidente dell’associazione Bruno Kaisermann e dal vicepresidente Pietro Marsilli, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 è molto seguita anche in modalità online.
Gli interventi di quest’anno si coordinano attorno ad un unico tema: Dante Alighieri, specificatamente nei suoi rapporti con il Trentino.
Gli incontri per il momento non si tengono più il terzo giovedì di ciascun mese nella Sala Spaur di p.zza Erbe a Mezzolombardo, bensì il mercoledì precedente alle 17.00, tramite il collegamento in video-conferenza garantito dall’app Zoom, grazie anche alla amicale disponibilità dell’Associazione Rosmini di Trento che utilizza la sala virtuale messa a disposizione dalla Fondazione Cassa Risparmio di Trento e Rovereto.
Ricordiamo che durante i singoli incontri è possibile interagire con il relatore.
 
Protagonista del prossimo appuntamento online, fissato per mercoledì 24 marzo alle 17.00, il professor Davide Bagnaresi, Assegnista di ricerca presso il Centro di Studi Avanzati sul Turismo (CAST) dell’Università di Bologna, il quale riprenderà una tematica a lui cara: la statua di Dante a Trento, letta come elemento centrale sia di promozione turistica che di propaganda politica, prima, durante e dopo la Prima guerra mondiale.
Realizzata dallo scultore fiorentino Cesare Zocchi, fu inaugurata l’11 ottobre 1896.
Nel saggio Editoria turistica e irredentismo - La statua di Dante a Trento tra rappresentazioni e gite patriottiche (1896-1927), pubblicato nel 2010 sulla rivista di storia e storiografia Storia e Futuro, il professore mette in luce l’utilizzo politico del monumento; è un simbolo potente che rinvia al concetto dell’italianità trentina.

Davide Bagnaresi, Per un galateo politico del viaggiatore editoria turistica in Trentino fra XIX e XX sec.

Il tipo di turismo culturale proposto dalle guide trentine dell’epoca, prese in esame dal professore, si basa su un concetto esteso di cultura che comprende un sapere rivolto ai paesaggi naturali e alle arti ma anche ai simboli di un senso di appartenenza comune; la statua di Dante lo è dell’italianità, il sommo poeta è il Padre della lingua italiana, non dimentichiamo che la lingua è un codice, ovvero un sistema di regole collettivamente condiviso che consente di collegare dei significanti a dei significati.
Si tratta quindi di una promozione turistica del territorio, quella analizzata da Bagnaresi, che appare mossa anche da un preciso fine politico. La statua a Dante fu infatti fatta realizzare in risposta alla precedente inaugurazione a Bolzano del monumento a Walther von der Vogelweide, trovatore del XII secolo, eretta come simbolo a difesa della cultura tedesca.
 
Segnaliamo il link per accedere alla stanza virtuale, indicato nel sito dell’Associazione (si consiglia di collegarsi un quarto d’ora prima): https://us02web.zoom.us/j/88137052457.
 
La registrazione sarà disponibile, sempre sul sito, a pochi giorni dall’evento. Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
A riprova della stima di cui è circondata, le iniziative godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
 
Davide Bagnaresi, nato nel 1977 a Rimini, ha conseguito il dottorato di ricerca in storia dei partiti e dei movimenti politici presso l’Università degli studi di Urbino. Attualmente insegna come professore a contratto storia del turismo presso l'Università degli studi di Bologna.
Tra i suoi principali ambiti di interesse vi sono lo studio delle guide turistiche in funzione identitaria, dei cosiddetti pellegrinaggi laici, nonché la creazione di itinerari turistici di carattere storico-culturale.
Conta al suo attivo numerosi saggi scientifici e diverse pubblicazioni, fra le quali ricordiamo: «La meravigliosa bugia» (con Giuseppe Marzi e Antonio Morri), Giuntina, Firenze 2016; «Vivere a Rimini negli anni della Grande Guerra: la quotidianità tra bombardamenti, terremoti, fame e profughi», Panozzo, Rimini. 2015; «Per un galateo politico del viaggiatore: editoria turistica in Trentino fra XIX e XX secolo».
Fondazione Museo storico del Trentino, Trento 2014; «Miti e stereotipi: l'immagine di San Marino nelle guide turistiche dall'Ottocento ad oggi», Università degli Studi di San Marino, Centro Sammarinese di Studi Storici, San Marino 2009.
Ha inoltre curato il volume degli Atti del Convegno dedicato a «Fellini e il Sacro» organizzato dall’Università Pontificia Salesiana.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgergli in anteprima alcune domande.
 
Nella conferenza online di mercoledì 24 marzo su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione?
«Innanzitutto farò una premessa, raccontando l’importanza del turismo patriottico in un lasso di tempo che va tra fine Ottocento e inizi Novecento, esponendo le mete significative. In questo modo sarà possibile comprendere l’importanza del monumento a Dante; la statua diventa, nel periodo preso in esame, il simbolo all’interno della penisola italiana di una delle mete più conosciute da questa tipologia di turisti. Avendo inquadrato l’argomento, spiegherò il significato dell’editoria turistica trentina, ovvero il desiderio di veicolare un messaggio preciso, prendendo spunto dal monumento.
«Se ci sarà tempo citerò passi tratti dalle diverse guide, commentandoli, accennerò magari alle parti censurate, spiegandone la motivazione. Rimarcherò la relazione fra la statua e il turismo in un’epoca contraddistinta da nazionalismi.
«Parlerò dell’ascesa di questa statua, di come è raccontata durante la guerra. Esistono infatti guide tecnicamente turistiche di Trento e di Trieste datate 1914, 1915, 1916, 1917. Guide che in copertina propongono la statua di Dante, dedicate al pio viaggiatore che, una volta finita la guerra, potrà vederla di persona recandosi sul luogo.
«Dante continua ad essere protagonista dell’editoria turistica anche durante la Grande guerra, per poi perdere lentamente il suo valore simbolico terminato il conflitto, avendo concluso la sua funzione.»
 
Potrebbe condividere qualche riflessione sul tema da lei indagato, ovvero il turismo a carattere patriottico nei luoghi di confine, tracciandone le coordinate principali?
«Lungo la penisola italiana, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi venti - trent’anni del Novecento esiste una forma alternativa a quella che è la classica forma di turismo ai monti, ai laghi o ai mari.
«Ed è una forma di turismo che viene mossa non dal piacere della vacanza in sé, ma da una motivazione di carattere politico, patriottico, da una sorta di sentimento. Lungo la penisola ci sono tante mete di carattere patriottico, si spostano i monarchici verso i luoghi cari al re, i garibaldini o filo garibaldini verso luoghi cari all’eroe dei due mondi, Caprera per esempio, si muovono anche ex combattenti verso luoghi importanti per quanto riguarda le cosiddette patrie battaglie, cioè le battaglie che hanno portato all’unità d’Italia, come Solferino, San Martino ecc.
«Noi sappiamo bene che da questa unità d’Italia rimane fuori tutta la parte trentina, che viene separata dall’Italia; il turismo, il fatto di dover oltrepassare quel confine, diventa in questo senso una possibilità di incontro. È una delle pochissime possibilità di relazione fra cittadini italiani e cittadini rimasti fuori dal processo unitario. Succede che associazioni di carattere sportivo, italiane e trentine, iniziano nel corso del tempo a organizzare delle piccole gite, dei convegni, oltreconfine.
«Queste gite, questi convegni, tecnicamente hanno una finalità neutra, ossia quella di visitare un luogo, di vedere un paesaggio, in realtà si trasformano nell’occasione di incontro da cui nascono pensieri, si diffondono idee.
Questi movimenti di carattere patriottico, creati dall’associazionismo sportivo-politico, non sono molto numerosi, circolano fra la fine dell’Ottocento, precisamente fra il 1880-90, fino alla Grande guerra, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione, il treno, la bicicletta.»
 
Nell’epoca dei nazionalismi, questo turismo di confine quale tipo di letteratura turistica produce in Trentino?
«Nello specifico trentino, dà vita a una vasta gamma di produzione editoriale turistica. Riviste turistiche che promuovono e al tempo stesso lanciano un messaggio come Italiani visitate il Trentino. Alcune al loro interno, oltre a indicare il programma della stagione turistica, inseriscono anche dei piccoli accenni all’italianità del territorio.
«Tuttavia, la letteratura principe da me scandagliata e analizzata è senza dubbio quella che riguarda le guide turistiche scritte in italiano per i turisti italiani.
«Nel periodo tra il 1880-90 e il 1914, a mio avviso si registra una sovrapproduzione di materiale editoriale turistico. Se noi facciamo un riferimento con il resto d’Italia, non esistono zone del territorio, se escludiamo le grandi città come Roma, Milano, che hanno un numero così importante di guide turistiche.
«Le guide vengono continuamente ristampate, aggiornate, ma soprattutto, aspetto interessante, ci sono delle guide, datate 1904-1905-1906, dedicate a delle valli che non hanno servizi turistici, spesso difficilmente raggiungibili. Faccio un esempio, la valle dei Mocheni, dove il movimento turistico è pressoché assente all’epoca.
«Queste guide rappresentano uno dei pochi strumenti nascosti per poter, al di là del confine, inviare un messaggio, lanciando la campagna Italiani visitate il Trentino!; in quel momento c’è il rischio che i tedeschi inglobino la cultura trentina, l’identità trentina. Il turismo diventa un’occasione per frenare questa ondata pangermanista; dal lato tedesco i pangermanisti scrivono delle guide turistiche sul Trentino in tedesco, evidenziandone gli elementi tipici tedeschi.
«Ciò emerge chiaramente dai verbali delle associazioni che producono queste guide e che si lamentano del fatto che nelle guide tedesche pubblicate si dia risalto ad aspetti che rinviano alla cultura tedesca.
Oltre a inserire dei contenuti fra le righe, in dette guide si indirizza lo sguardo proponendo determinati itinerari, conducendo il lettore dove si desidera.»
 
Chi sono gli autori di queste guide turistiche?
«A scrivere queste guide non sono solo i classici letterati, ma gli autori sono spesso filo italiani/irredentisti.
«Ci sono anche guide che non contengono richiami politici, per quanto riguarda quelle di carattere politico, i primi veri autori sono Ottone Brentari e Cesare Battisti. Le prime guide, pubblicare in quattro volumi, sono quelle dettagliatissime di Ottone Brentari, famoso irredentista, peraltro collaboratore del Touring Club Italiano, più volte ristampate: al loro interno fanno chiari riferimenti all’italianità del territorio. Il Touring Club Italiano e la Società Dante Alighieri hanno un ruolo molto importante all’interno di queste pubblicazioni.
«Cesare Battisti, l’erede di Brentari, scriverà un numero considerevole di guide turistiche e sarà anche collaboratore della Rivista del Concorso Forestieri, anch’essa ricca di contenuti di carattere filo italiano.
«C’è da dire che, se in tutto il resto d’Italia le guide sono più frivole, perché il turista deve divertirsi, quindi tutto quello che è brutto viene cancellato, non si parla mai della povertà di un quartiere e di aspetti negativi, in quelle del Trentino di Ottone Brentari, ma soprattutto in quelle di Cesare Battisti, i problemi emergono. Sono guide realiste. Emergono le differenze, emerge l’italianità nei rapporti di geopolitica.
«C’è una sorta di alleanza fra associazioni filo patriottiche per dare finanziamenti a questi autori che, ovviamente, hanno delle chiare idee politiche.»
 
Quelle che lei ha preso in esame che funzione hanno?
«La loro funzione è quella da una parte di descrivere il territorio e le sue bellezze, invogliare quindi il lettore a visitare il luogo, dall’altra contengono, non tutte, naturalmente, ma quelle che ho preso in esame, una vasta gamma di elementi di carattere politico, economico, sociale e culturale, al fine di sottolineare l’affinità tra l’Italia e un Trentino che è rimasto escluso. Sono uno dei tanti tentativi dell’epoca di fare propaganda politica.»
 
Lei ha scritto una decina di anni fa un saggio dal titolo «Editoria turistica e irredentismo - La statua di Dante a Trento tra rappresentazioni e gite patriottiche (1896-1927)»: che lettura venne data all’epoca di quel simbolo a livello turistico?
«Quello da lei citato è uno dei miei primissimi scritti pubblicati sull’argomento. Io non sono trentino, vengo da Rimini, abito vicino al mare, quindi ho immagini diverse tutti i giorni davanti agli occhi. Capisco però come deve essere una guida turistica e su che cosa deve puntare.
«Quello che da non trentino mi ha inizialmente stupito quando ho iniziato a scrivere, è il risalto simbolico che veniva dato ad una statua recentissima, inaugurata nel 1896, rispetto alle grandi meraviglie della natura, il Trentino è un territorio meraviglioso dal punto di vista paesaggistico.
«Faccio un esempio, in una guida turistica oltre ai contenuti è importante la copertina che simboleggia la potenza e la bellezza di un luogo, ne crea lo stereotipo. Ci sono diverse guide del Trentino che, dal Novecento in poi, in copertina non hanno le montagne o i laghi ma la statua di Dante. Sono andato a fondo, cercando di capire la simbologia di questa statua che si eleva a simbolo dell’intero territorio.
«Dante rappresenta la lingua che è lo strumento simbolico e identitario più profondo. La statua diventa meta di pellegrinaggio patriottico. Dante è accettato dagli austroungarici, i quali sanno che cosa significa però lo accettano.
«Ha una duplice funzione, quella di immagine dell’italianità del Trentino e quella di luogo, in quanto è il luogo più simbolico dove poter manifestare questa vicinanza nei confronti dei trentini. Farsi immortalare accanto alla statua è quasi un tributo da parte dei soci di queste associazioni sportive italiane che attraversano il confine. La statua di Dante diventa il luogo patriottico più simbolico del Trentino.»
 
Può fare qualche esempio, raccontandoci un episodio?
«A testimonianza di quanto detto, cito l’Esposizione Universale del Sempione, tenutasi a Milano nel 1906, evento che all’epoca rappresenta l’occasione grazie alla quale tutto il mondo si incontra nei vari padiglioni per mostrare le proprie grandezze. La società per l’incremento forestieri riesce ad ottenere un piccolo stand per il Trentino che però viene censurato dall’Impero austro-ungarico.
«Battisti produce una piccola brochure dal titolo Italiani visitate il Trentino!, questo è il motto che poi ricorrerà negli anni; aprendola, nella prima pagina svetta la statua di Dante. Questa brochure di molte pagine riesce ad entrare nell’Esposizione Universale perché è distribuita in parte dalla Società Dante Alighieri e in parte dal Touring Club Italiano, prodotta in 200.000 copie.
«Accanto a Dante c’è l’appello, questa è l’importanza di Dante nell’editoria turistica trentina. Dante non si può mai descrivere per quello che rappresenta, tuttavia rinvia all’italianità del Trentino. Questo appello viene sicuramente raccolto dal Touring Club Italiano, la Rivista Mensile ha una diffusione capillare in Italia.
«La statua diviene protagonista anche di un numero imprecisato di cartoline prodotte tra la fine dell’Ottocento e gli anni Quaranta del Novecento.
«La fotografia del monumento viene perfino inserita nel fotogramma finale di un film patriottico di una casa editrice milanese, realizzato prima della Grande guerra, dal titolo Inferno, finanziato in parte dalla Dante Alighieri. Giovanni Lasi in un articolo parla di Dante all’Inferno e di questa produzione cinematografica del 1911.»
 
Nell’approcciarsi all’indagine c’è stato qualcosa che l’ha colpita in particolare?
«Io ho studiato i contenuti di queste guide, cercando di estrapolare non tanto l’elemento di carattere geografico quanto l’elemento di carattere storico-politico. Quello che mi ha stupito non sono solo gli autori, l’associazionismo che ruota attorno a queste guide, ma anche la reazione da parte della censura.
«Nel corso dei miei lunghi studi non mi sono mai imbattuto in guide censurate. Faccio un esempio, c’è una guida del 1909, quella delle Giudicarie di Cesare Battisti, che viene censurata con capi di accusa molto gravi da parte della censura austriaca, tra i quali: crimine di alto tradimento, vilipendio alle autorità, incitamento al disprezzo e all'odio contro il nesso politico dell'Impero o l'Amministrazione dello Stato
 
A cosa sta lavorando?
«È passato un po’ di tempo da quando ho scritto il saggio e il libro, da diversi anni a Rimini insegno all’università Storia del turismo. Non mi occupo più di viaggi patriottici ma di viaggi di altro genere legati al mio territorio. Attualmente sto lavorando a diversi progetti paralleli, sto scrivendo la biografia di Federico Fellini da un punto di vista inedito, un volume di prossima uscita.»
 
Può fare qualche anticipazione e tale riguardo?
«Le racconto un episodio inedito divertente. Fellini venne chiamato in America negli studi di una major, in quanto i produttori di questa casa di produzione cinematografica volevano che lui producesse un film dedicato all’Inferno di Dante.
«Iniziò così a raccontare come lo avrebbe voluto fare, probabilmente già consapevole che non lo avrebbe mai fatto, dicendo che avrebbe potuto ispirarsi allo stile di Luca Signorelli. A quel punto il produttore, e qui nacque l’equivoco buffonesco, lo rassicurò dicendo che senza problemi lo avrebbero potuto ingaggiare, affiancandoglielo.
«Essendo Luca Signorelli un noto pittore italiano rinascimentale morto da secoli, tutto finì in una grassa risata, Fellini però si rese conto che non sapevano di che cosa si stava parlando e quindi non accettò la proposta.»

Daniela Larentis – [email protected]