Come si diventa artisti di successo?

Nadia Clementi ne parla con l'artista di successo Matteo Boato

Matteo Boato è l’artista trentino fra i più creativi e famosi della nuova generazione.
Le sue opere varcano i confini della Regione, scandite da colpi di pennello decisi, da squillanti tonalità cromatiche che danno origine a immagini oniriche e a figure architettoniche molto particolari.
Lo abbiamo incontrato nel suo laboratorio e di fronte alle sue tele dipinte a tinte vivaci e brillanti siamo rimasti letteralmente rapiti.
 
Ci siamo così fatti raccontare la sua vita di artista, cercando di capire anche il significato delle sue opere e il messaggio che lui vuole trasmettere attraverso le sue creazioni.
Nato a Trento il 6 ottobre 1971 si diploma nel 1992 in chitarra classica e insegna lo strumento dal 1987 al 1997 in alcune scuole musicali regionali.
Nel 1997 si laurea in ingegneria civile.
Nel 1998 consegue il «diploma di igiene e medicina ambientale applicato all’architettura bioecologica» (HSA di Torino).
Nel 2001 sceglie la via della pittura.
 
Quando hai iniziato a dipingere?
«Ho incontrato la pittura da bambino e continuo a essere bambino in questo. Era a quel tempo innanzitutto adatta, in quanto tecnicamente semplice, a rendere vivi pomeriggi solitari e lunghe estati in montagna. Un mezzo espressivo che tuttora considero il più adatto al mio fare, perché il segno si espleta hic et nunc, esce direttamente dall'io, dallo stomaco, senza intermediazioni tecniche che filtrino o condizionino il processo creativo e richiede inoltre mezzi di supporto poveri, ma durevoli.»
 
E quando hai deciso di fare l’artista a tempo pieno?
«Ho preso tale decisione nel 2001 dopo qualche anno di attività come ingegnere a Firenze, Bruxelles e Trento e, prima ancora, una decina d’anni come insegnante di chitarra, ben consapevole dell’instabilità lavorativa a cui sarei andato incontro. Ma al di là dell’aspetto economico, punto assai debole, si tratta di un lavoro, quello dell’artista, che definirei, con un aggettivo abusato e generico, bellissimo, cioè arricchente, stimolante, vario, molto personale, libero e liberatorio, tanto da farmi pensare giornalmente: «meno male che ho la pittura».»
 
Hai una preparazione accademica ? Hai un maestro?
Non ho seguito alcun percorso accademico e non ho artisti che io possa considerare miei maestri.
 
Quali sono state le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno condizionato?
«Mio padre, architetto, durante la mia infanzia e prima adolescenza mi ha abituato, per sua intensa passione, ad eventi espositivi di varia natura, spesso legati ad artisti internazionali del Novecento. Posso affermare di aver visto e assorbito inconsapevolmente molto della produzione picassiana, l’opera di P. Klee, di G. Braque, di G. Klimt. Da pittore, pur non avendo mai sentita vicina alcuna corrente artistica, occhi esterni colgono nel mio segno compositivo accenni di questi autori. Ma gli artisti che ho amato e amo maggiormente tutt’ora sono M. Rothko, E. Schiele, Cy Twombly.»
 
Perché il prevalere della pittura rispetto ad altre forme artistiche?
«Perché è il mezzo che sento più immediato, più facile per le mie esigenze di comunicazione.
Vivo il dipingere come fosse un diario, un continuo raccontare la mia vita. Dipingo prevalentemente su tela, legno e ceramica, quello che mi suggestiona, quello che vedo di accattivante dal mio vascello in volo sul mondo, quello che amo, come un'autobiografia. Per rincorrere sogni, per dare vita alle persone o agli ambienti che desidero toccare, con i quali voglio interagire. Una semplice e primaria necessità di espressione; un'esigenza di raccontarsi e di raccontare. 
«Pongo alla base di ogni mio lavoro il disegno, inteso come origine del gesto, strategia cognitiva, strumento per controllare contorni e colori, progetto per ordinare parti, sguardo che procede per congiunzioni e disgiunzioni, artificio per vedere, restituire l’unicità della sensazione e assicurare il possesso dei fenomeni, per estrarre da ignoti fondali l’anima del visibile, perché il disegno sta tra l’intuizione e la forma, è l’analogia metaforica del pensiero. 
«Il «bello» della pittura è la sua capacità comunicativa e vedo una stretta relazione tra opere pittoriche e universalità del messaggio. Così quando finisco un lavoro che considero emotivamente positivo, che considero o meglio sento creativo, ho l'impressione di essere di fronte ad un déjà vu. Per chi guarda, la tela è un punto di vista, una finestra sul mondo che sta dietro le cose e gli uomini. Per me che ne faccio uso è un luogo mentale, anzi è proprio la mia mente, il mio cielo.»
 
Quando vai in studio sai già cosa dipingerai?
«Si, il lavoro che quel giorno andrò ad affrontare è già nella mia mente , in potenza. Tutti i miei dipinti hanno un incipit legato alla sfera istintuale; anche se in alcune serie di quadri, come per esempio quella dedicata alle «Piazze» il processo creativo passa attraverso l’esperienza fisica dei luoghi e alla fotografia di supporto, per arrivare alla fase pittorico-grafica finale, che accoglie nella gestualità dell’ultimo atto, la maturazione di tutto il cammino preparatorio. Inoltre, lavorando slegato da necessità commerciali specifiche o richieste di galleria vincolanti, mi muovo come stomaco comanda, in piena libertà. Anche la serie ultima dei collages titolati «Mani» attinge molto dal segno istintivo, benché il motore dei lavori sia principalmente concettuale.»
 
Prossimi appuntamenti e mostre?
Opere presentate in LAB tv (Galleria Orler): 24.06.2013: ore 14 - 15
http://www.progettolab.com/streaming
canale 78
 
Esposizioni personali
29.06- 31.08.2013 «Il Bosco», Malgone, Candriai (Trento).
10.08- 08.09.2013 «Matteo Boato: 2001 - 2013», Casa Marta, Coredo(Trento).
18.08- 18.09.2013 «Case in cammino», Hotel Astoria, Riva del Garda (Trento).
21.08- 01.09.2013 «A mani nude», Sala Thun, Trento.
12.2013 «Le ville», Galerie de l’Univers, Lausanne (CH).
 
Esposizioni collettive
27.05– 23.06.2013 «Festival Biblico, Tra fede e libertà», Basilica Palladiana, Vicenza.
8.09– 28.09.2013 «Lake and the City», Casa degli Artisti, Canale di Tenno (Trento).
21.09– 28.10.2013 «XI Premio Biennale Torre Strozzi - Finalisti», Torre Strozzi, Parlesca (Perugia).
 
Altre attività
27.07.2013 «MUSE», performance pittorica con Artedanza, MUSE, Trento.
 
Cosa pensi dell’arte contemporanea?
«Camille Paglia, critica, afferma che nell’arte contemporanea esiste un rapporto diretto tra crisi spirituale e crisi estetica.
Io credo però che il discorso sia più complesso: credo sia la iper-concettualizzazione dell’arte, processo che spero si esaurisca presto (o meglio spero che si arricchisca di nuove profondità), che ne ha causato la crisi estetica.
L’effetto è che negli ultimi decenni l’artista non sa più neanche «come» fare, ma solo «cosa» fare. Si è perso il legame intimo con la materia e con l’artigianato di cui l’arte è figlia diretta.
In questo panorama, che sembra realizzare in gran stile la profezia di Nietzsche sull’umanità dopo Copernico che «rotola via verso la x», senza meta né orientamento; gli artisti del Novecento hanno cominciato a cercare oltre l’estetica e a scardinare il binomio estetica-spiritualità valido dai greci fino ad allora. Questo processo ha portato pian piano a dare importanza al particolare, come se nel colore puro (Mondrian), nella forma pura (Mirò) nella scomposizione (Picasso) si raggiungesse ugualmente il concetto, l’universale.
Passando per Duchamp, che tra i tanti messaggi insiti nella sua opera a mio avviso voleva affermare che non serva fare arte tanto c’è bellezza e profondità in ogni aspetto della vita, si è arrivati ad oggi con l’arte concettuale, che, pur presentando episodi poco interessanti ma molto provocatori come «Wojtyla» di Cattelan, la «rana crocifissa» di Kippenberger e «Piss Christ» (Serrano), non è mai stata così vicina alla spiritualità pura.
Ritengo molti artisti in questo momento siano dei cercatori ciechi, e purtroppo non essendo particolarmente intelligenti, cioè non essendo più intelligenti della media della popolazione, spesso producono opere esteticamente poco significanti e che trasmettono concetti non stimolati e profondi.
Questa è la vera crisi dell’arte contemporanea mondiale, che però, e fortunatamente, è paragonabile ad un immenso calderone, pieno dei più diversi e variegati apporti, e permette anche alla mia piccola voce di convivere con i molti linguaggi attualmente in auge.»
 

Immagine: Santiago de Compostela
 
LA PIAZZA
La piazza è un luogo dove chiunque passi lascia un frammento di vita, uno sguardo, un pensiero, un’idea.
La piazza è il luogo dove la città si incontra perché ne è il cuore.
Benché le persone non si conoscano e non ci sia alcuna relazione tra di loro, esiste questo punto di comune contatto, di scambio. Infatti chi passa, chi vi accede, credo in qualche modo assorba, colga un vissuto altrui e lasci a sua volta qualcosa.
Ma c’è di più: se una persona si trova da solo in quel luogo, psicologicamente non lo è, sono gli altri a non esserci, a mancare.
I lavori su questo tema, spesso bi o tri-cromatici, in bilico funambolico tra disegno e pittura, attraverso l’uso di grafite e colore ad olio materico e tridimensionale, indagano l'umano vivere e la necessità di comunicazione, attenzione, verso gli uomini e verso gli altri esseri viventi.
La piazza simboleggia il mondo fisico, reale, la terra dove siamo ed esistiamo. Le persone sono l'umanità tutta.
 
In questi lavori la presenza delle ombre suggerisce un incontro tra sogno e realtà, come se ci si trovasse in una «terra di mezzo» non ben collocabile; infatti il mio dipingere vuole sovrapporre tempi diversi, il passato e il presente insieme, il fluire inevitabile della vita e della morte, il succedersi di generazioni che una sull’altra e, nello spazio pittorico, una accanto all’altra, dialogano.
Alcune macchie o frammenti di colore suggeriscono alla mia mente dipinti di una decina di anni fa dove il quadro era carico e ridondante di colori materici, dove le campiture erano serrate. Il dipinto ora si ferma prima, direi ad uno stadio progettuale, e i pochi punti di colore «danno solo il la» a tutta questa fase successiva della realizzazione pittorica in potenza ma non più espressa, suggerendo a chi guarda i dipinti di arricchirli cromaticamente secondo il suo personale istinto.
Con più vigore questi stessi, pochi frammenti di colore (spesso rossi o blu) alludono a particolari e unici momenti di intuizione, raccontano un rapporto d'amore, una attenzione speciale, una ragione di vita o un momento di «verità», un’idea universale e forse eterna che sopravvive a noi e al tempo.
 

Immagini: A mani nude
 
A MANI NUDE
La serie affronta, attraverso lavori a pastello ad olio e collage, il tema delle relazioni umane, dell'incontro e del dialogo.
Le mani simboleggiano le persone e le loro capacità comunicative, manuali, espressive, intellettive, rappresentano l’umanità tutta.
Le mani indagano l'umano vivere e la necessità di comunicazione e sono il soggetto principe dello scambio interdisciplinare di cui si arricchisce la nostra vita, ma alludono anche al rapporto tra passato e presente, tra tradizione e innovazione, tra antichi e nuovi valori che si trasmettono di persona in persona, di generazione in generazione, di era in era.
 
Matteo Boato 
www.matteoboato.net
Nadia Clementi