Giorgio Ragucci Brugger, l’ultimo libro – Di Daniela Larentis

«Il mio regno è nell’aria» è un omaggio al grande compositore Ludwig van Beethoven. L’intervista all’autore

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E’ stato da poco presentato alla Biblioteca di Caldonazzo, Trento, l’ultimo libro dello scrittore Giorgio Ragucci Brugger, un omaggio al grande compositore tedesco Ludwig van Beethoven dal titolo «Il mio regno è nell’aria».
Nato a Trento nel 1942, Giorgio Ragucci Brugger esordisce con un saggio dopo aver pubblicato nel corso degli ultimi vent’anni varie opere sia in versi che in prosa.
Fra i suoi romanzi ricordiamo «La piazza di Ruben» (2002), «La signora delle farfalle», «La promessa» (2007), «Cuori irrequieti sul nido dell’aquila», «Fuga da Babilonia» (2014).
Precede questa pubblicazione una serie di racconti di fantasia che toccano vari temi, scritti in collaborazione con Lucia Ferrai, dal titolo Beato chi cavalca il Koklano».
 
Fabrizio Cunial nella prefazione di «Il mio regno è nell’aria» evidenzia che «il Beethoven sperimentatore di nuovissime forme di linguaggio fino a lui mai intraprese lascia sempre basito lo studioso o semplicemente colui che si accosta all’ascolto della musica del Maestro».
Il libro parla in maniera accattivante ed esaustiva delle opere del grande compositore tedesco e del contesto culturale in cui visse, mettendo in luce la sua personalità, la sua visione del mondo, il suo genio creativo. E’ un libro attraverso cui l’autore svela molto anche di se stesso, del suo innato e sconfinato amore per la musica.
Afferma a tal proposito: «Se amo la musica è perché questa rappresenta l’Essere nella sua immediatezza ed immutabilità: è la mia isola di libertà. Nell’isola ci metto chi voglio; sono poche figure, le più importanti, quelle alle quali voglio bene, vi soggiornano stabilmente a differenza di altre meno importanti che vanno e vengono in base alle esperienze della vita e ai momenti particolari. La musica dà loro vita. Non posso staccarmi da loro, perché ormai fanno parte della memoria.»
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 

 
Insegnante di filosofia, autore di numerosi romanzi: quando nasce in lei la passione per la musica e l’amore per Beethoven?
«È una passione che è nata con me, ne sono diventato consapevole da bambino. Avevo sette anni quando ascoltai causalmente per la prima volta Beethoven.
«Ricordo ancora la grande emozione nell’udire quella musica proveniente dalla cucina; io ero in giardino quando venni travolto da quelle note trasmesse alla radio, la prima frase musicale della sesta sinfonia, la Pastorale.
«Per giorni e giorni fischiettai in continuazione il primo tema, la rielaborazione di una canzone popolare croata, attirando, a scuola, l’attenzione della maestra.
«Lei si dimostrò molto stupita quando, chiedendomi il titolo della canzone, si sentì rispondere che si trattava di una sinfonia di Beethoven.
«Iniziai da quel giorno ad ascoltare i programmi radiofonici di musica classica, annotando i titoli dei brani musicali in un taccuino che custodivo gelosamente.
«Avevo una grande fortuna, ero dotato di una memoria sorprendente, infatti riuscivo a fischiettare qualsiasi brano dopo averlo ascoltato anche solo una volta.»
 
Il libro è un omaggio al grande compositore tedesco. Perché una pubblicazione dedicata proprio a lui e non ad altri grandi compositori?
«In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, segnato da una profonda crisi dell’uomo e in cui giungono sfavorevoli segnali provenienti sia dal mondo politico che dalla società civile, un mondo dominato dalla violenza e dall’intolleranza, avverto una necessità, quasi un impulso a rifarmi agli attori del Romanticismo e alla loro fede nel richiamarsi all’essenza spirituale dell’uomo.
«Come sottolineo nel libro, il miracolo della creazione è il richiamo dell’infinito. L’uomo migliore è quello che sente dentro di sé questo inesauribile sentimento. Fu proprio Beethoven ad affermare a tal proposito di non conoscere altre qualità dell’uomo se non quelle che lo raffigurano tra gli uomini migliori, dove io li trovo, là stabilisco la mia patria, scriveva.
«Beethoven è un personaggio romantico. Esprime volontà, amore, solidarietà. La sua musica diventa uno straordinario strumento nell’espressione di tale tensione morale.»
 
Quale potrebbe essere, secondo lei, la caratteristica principale che fa di Beethoven una figura unica nella storia della musica?
«Mi devo rifare per forza alla tecnica di composizione, la forma sonata che nasce all’inizio del ‘700 con la scuola di Mannheim. Viene perfezionata in maniera sublime da Franz Joseph Haydn nelle 104 sinfonie.
«Egli fu, per un breve periodo, maestro di Beethoven. I due non legarono particolarmente, tuttavia Haydn si rese conto delle eccezionali doti del suo allievo.
«Beethoven rispettò le rigide regole applicate al linguaggio musicale del Settecento, finché l’esigenza di esprimere il suo mondo non lo portò a superarle, tanto da intraprendere poi un percorso musicale che ben pochi riuscirono a seguire.
«La caratteristica principale che fa di lui una figura unica nella storia della musica è la sua capacità di infondere entusiasmo alla vita, di tramettere quella carica emotiva che supera qualsiasi definizione estetica di bellezza.
«Con Beethoven la musica diventa il terreno di esplorazione e di ricerca a dispetto di qualsiasi ulteriore risultato. Possiamo dire che la sua musica lascia il segno nella mente e nel cuore grazie a messaggi molto forti sul tema della vita che sono alla base della sua genialità.»
 
Lei ha evidenziato nella pubblicazione come alcuni critici musicali si pongano il problema di un Beethoven classico piuttosto che romantico. Qual è il suo pensiero a riguardo?
«A mio modo di vedere romantico non è il sentimento che si afferma al di sopra o contro la ragione, non è un sentimento di particolare intensità, immediatezza, è invece un elemento di sensibilità, un complesso di emozioni che si esauriscono nell’interrogarsi in mille ambivalenze senza ottenere una risposta, come sottolineo nel saggio.
«Il romantico si abbandona nei contrasti senza mai cercare di chiarirli consapevolmente. ll romantico non è il malinconico che guarda la luna, è fondamentalmente un ribelle, pensiamo ai sessantottini, erano tutti dei romantici in fondo.
«Beethoven era un romantico, un termine che sta a significare insofferenza dei limiti del finito ed aspirazione estrema verso l’assoluto, tuttavia va detto che il significato del termine è molto ampio ed è difficile definirlo entro formule esatte.»
 
Beethoven è universalmente conosciuto in particolar modo per le sue nove Sinfonie. Che cosa rappresenta la sinfonia per Beethoven?
«La sua musica è pervasa da una fortissima carica di energia, le sue nove sinfonie ci conducono alla scoperta dell’autenticità dell’uomo nelle sue più intime espressioni: la volontà e determinazione nella Sinfonia Eroica, l’apologia della bellezza nella Quarta, la forza tragica del destino nella Quinta, la contemplazione della natura nella Pastorale, l’amore per il suo popolo e per il territorio nella Settima, l’autoironia nell’Ottava e, infine, l’abbraccio all’umanità nella Sinfonia corale.
«Le nove sinfonie di Beethoven sono universalmente conosciute, sono dei capolavori insuperabili. Prima di lui la sinfonia era considerata una sonata per orchestra utilizzata come preludio dell’opera teatrale, nella cantata e nell’oratorio, conosciuta con il nome di Ouverture (e come scrivo nel libro tale è rimasta nell’opera lirica).
«Nella sinfonia egli riversò il suo mondo ideale che non è solo immagine poetica, ma costante tensione verso la perfezione espressiva e massima libertà.»
 
Che idea si è fatto del rapporto che Beethoven aveva con la religione? Per quanto riguarda la musica sacra quale fu la prima opera da lui composta?
«Era uno spirito religioso autentico, credeva in un Dio generoso, un Dio evangelico. Osservava la regola della carità, era sempre pronto ad aiutare chi si trovava in condizioni di povertà. Per certi versi il suo sentimento religioso è accostabile al pietismo, quel fenomeno religioso nato verso la fine del ’600.
«Per quanto riguarda la musica sacra la prima opera da lui composta fu La Cantata funebre in morte di Giuseppe II, nata a seguito della morte dell’imperatore.
«Sintetizzando, possiamo dire che pur essendo credente fondò una religione laica fondata sul valore della libertà e della solidarietà umana».
 
Ci può svelare qualche aneddoto inedito legato alla vita e alle abitudini di Beethoven?
«Ce ne sono tanti, fra questi vorrei ricordare l’incontro con Goethe nel 1812 ai bagni di Toeplitz. Goethe scrisse una lettera alla moglie nella quale evidenziò l’impressione assolutamente negativa di Beethoven maturata in occasione del loro incontro. Impressione che comunicò anche all’amico Zelter, definendo il compositore una personalità del tutto sfrenata. Beethoven, peraltro, criticò a sua volta Goethe per la sua mondanità.»
 
Se dovesse fare un’analogia fra Beethoven e un filosofo del passato, chi le verrebbe in mente e perché?
«Senza dubbio Platone, per questa forza dell’essere contro il divenire. Quello che però è più accostabile a Beethoven penso sia Kant.
«La Rivoluzione Copernicana realizzata da Kant in filosofia, Beethoven la realizzò in campo musicale; in altri termini, il centro dell’universo sonoro è l’interiorità più autentica del musicista.
«La musica è potenziata dai valori morali che la fanno vivere come forza operante, allo scopo di realizzare gli ideali in cui s’incarna il concetto di umanità perfetta.»
 
Lei nell’introduzione scrive: «A tutt’oggi il messaggio beethoveniano rimane intatto nel mio modo di concepire la vita come una specie di manifesto dell’uomo libero espresso sia in musica che nella condizione della sua esistenza». Può spiegarci meglio questo suo pensiero?
«È un atto di fede in musica il messaggio beethoveniano. E’ prima di tutto un’autocoscienza delle proprie possibilità interiori, un maturare una fede che non è solo fede religiosa. Lui era protestante, ma aveva una fede che si potrebbe definire laica.
«Questa fiducia nel popolo, nelle persone che incontrava e conosceva, era sempre basata su una forma di onestà intellettuale. In una lettera, dalla quale prende spunto il titolo del libro Il mio regno è nell’aria, dice: “Il vero artista non ha nessuna superbia. Pur essendo ammirato dagli altri lui vede la sua creazione musicale o artistica come un sole lontano”. 
«Beethoven dice una grande verità, ciò che si ha dentro, quello che si prova, non ha mai una vera corrispondenza nel linguaggio artistico, si tenta di avvicinarsi cercando di essere il più possibile sinceri con se stessi. Occorre essere autentici, essere se stessi.»
 
La Nona sinfonia di Beethoven rimanda ai valori dell’Unione Europea: secondo lei, i cittadini europei sono accomunati da un sentimento di appartenenza?
«È una domanda complessa, tuttavia posso rispondere dicendo che negli anni Settanta viaggiavo in Europa utilizzando il passaporto per varcare i confini da uno stato all’altro.
«Tuttavia, stranamente, sembrava quasi, per certi versi, più unita di adesso. C’è di fatto un’identità europea dal punto di vista economico, ora viviamo comunque tutti in un mondo globalizzato dove le singole culture dei popoli non sono più quelle di un tempo.»
 
L’inno europeo, secondo lei, celebrando i valori condivisi dai Paesi membri dell’Unione Europea, riesce ad esprimere al meglio gli ideali di pace e libertà perseguiti dall’Europa?
«Certamente sì, anche se questa scelta potrebbe essere intesa come un atto esteriore che non ha di per sé una grande importanza culturale.»
 
A chi si rivolge il libro, a chi lo dedica idealmente?
«Volevo dedicarlo al mio cane, alla Berny (mi è sempre stata vicina durante la stesura del libro). Il libro si rivolge in particolar modo ai ragazzi, ma anche a tutti gli amanti della musica e non sol.o
 
Progetti futuri?
«Ho finito una silloge poetica intitolata L’alba della tigre, rivolta ai giovani. Sono poemetti che reciterò con una fisarmonica e un violoncello in occasione di varie serate.
«Sto lavorando, inoltre, a un romanzo, La fantastica città di Lerna, una città fantomatica la cui popolazione è divisa in due blocchi culturali: c’è chi crede alla magia e chi crede alla scienza della psicologia.»
 
Daniela Larentis - [email protected]