Storie di donne, letteratura di genere/ 326 – Di Luciana Grillo

Curato da Anna di Cagno: «Lettere al padre» – Dopo «Lettere alla madre», è il turno di Lettere al padre scritte da autori e autrici

Titolo: Lettere al padre Curatrice: Anna Di Cagno
Autori: Silvia Andreoli, Erica Arosio, Marina Baumgartner, Michaela K. Bellisario, Fioly Bocca, Annarita Briganti, Simona Castiglione, Fernando Coratelli, Stefano D'Andrea, Anna Di Cagno, Manuel Figliolini, Barbara Fiorio, Isa Grassano, Gabriella Kuruvilla, Massimo Laganà, Giorgio Maimone, Elena Mearini, Eleonora Molisani, Marco Montemarano, Simona Morani, Vito Ribaudo, Daniela Rossi – Editore: Morellini 2020 – Prezzo: € 15,90
 
Dopo «Lettere alla madre», è il turno di Lettere al padre scritte da autori e autrici che in parte si erano già cimentati in questo lavoro per così dire epistolare.
Ma il padre è un’altra cosa, «la mamma è sempre la mamma. Ma i padri…? Non c’è un cordone ombelicale… sono un costrutto culturale…, memoria, interpretazione…, cognomi che ci accompagnano per tutta la vita…».
Molti di queste autrici e autori sono già stati recensiti in questa rubrica e rappresentano, a mio avviso, una generazione di scrittrici e scrittori che sanno guardare al passato per trarne spunti e ricordi, senza perdere di vista il futuro che si va svelando davanti ai loro occhi.
Erica Arosio è legata al padre dal comune amore per il mare, eppure non esita a scrivere che «eri il nemico, l’autorità, rappresentavi i divieti, le punizioni, il passato da abbattere… Parole poche, ma essenziali; esempi molti, costanti».
 
Per Marina Baumgartner «come per tutte le bambine, il padre (era) il mio supereroe… bello, biondo, occhi azzurri, sportivo… il più giovane generale del Paese», un uomo forte che doveva in famiglia confrontarsi con una moglie molto amata e con un figlio affetto da problemi cognitivi.
E lei, la piccola, ricorda di aver imparato da sola «a scrivere e a recitare tutte le tabelline a memoria» mentre la mamma «nevrotica, isterica… gli faceva fare i compiti a casa», ricorda gli anni difficili dell’adolescenza, le lunghe passeggiate in montagna, il libeccio livornese… «Mi sono fatta compagnia da sola, raccontandomi storie fantastiche durante lunghi pomeriggi…»
Anna Di Cagno confessa il suo peccato, l’aver rubato «un padre. O meglio, più di uno… perché, Padre, lei lo sa, io meritavo un padre migliore».
 
Dunque, non furti di oggetti, ma «piccoli scippi praticati con tale velocità e grazia da essere rimasti a tutt’oggi impuniti», perché voleva «rituali e convenzioni, quelle cose un po’ ripetitive che piacciono ai bambini, come le filastrocche e le poesie di Natale recitate su una sedia…».
Originale l’incipit della lettera di Manuel Figliolini, dove si susseguono: «Padre, Caro papà, Babbo mio, Adorato padre, Alessandro».
A parte «Alessandro», tutto il resto è scritto e cancellato. «Scusa le cancellature ma erano prove di disonestà. Falsità che avrebbero dato un corso alle mie parole alquanto artificioso, quindi ho optato per un semplice nome, il tuo, senza nessun aggettivo affettuoso a impreziosirlo».
Naturalmente non posso citare tutti gli autori e le autrici, procedo irregolarmente, sottolineo pensieri e parole, per lasciare a chi leggerà il gusto della scoperta.
 
Originale è il papà Befana di Isa Grassano, un papà che ogni anno, nella notte del 5 gennaio, scriveva alla figlia la stessa lettera, fin quando lei non lo scoprì: «Avevo undici anni, ti ho visto preparare carta e busta, pronto per mettere nero su bianco motivazioni e dispiaceri, le scuse per non essere riuscito ad accontentarmi…».
«Austero ed elegante» il padre di Gabriella Kuruvilla «che mi ha sempre messo soggezione… la soggezione è una parente stretta della paura… paura di fare, paura di dire, paura di sbagliare. Paura di essere, sempre, sbagliata.»
Anche Giorgio Maimone si sente timido davanti a suo padre: «erano tre anni che volevo scriverti questa lettera… e anche adesso sto perdendo tempo, imbarazzato, timido di fronte a te e ai miei sentimenti verso di te».
 
Insomma, il rapporto col padre è complesso, difficile, per i figli come per le figlie. Eleonora Molisani ricorda il padre dai capelli neri, «te che sei stato l’aria che ho respirato, ma anche la mia prigione», colui che ha condizionato la sua bambina: «Dovevo essere la più brava, la più saggia e matura…, dovevo dare l’esempio…eppure ero la tua preferita, quella a cui hai insegnato cos’era la vita… quella con cui ti piaceva leggere, viaggiare, parlare…».
Un altro padre, un’altra storia quella di Marco Montemarano che di suo padre non sa più nulla, neppure se sia vivo o morto.
Ricorda un pomeriggio lontano a Villa Ada, un pallone, una partitella, «noi tre contro quei tre. Gli abbronzati contro i pallidi… I due padri in porta, i quattro figli a massacrarsi n campo come gli Orazi e i Curiazi», una sconfitta bruciante, un grande tiro verso il cielo.
 
Mi piacerebbe sottolineare altri brani di altre lettere, ma la recensione deve solo suggerire… e dunque mi fermo qui, con un po’ di rammarico per aver messo da parte Coratelli e Fiorio, Laganà e Mearini, Briganti, Ribaudo e tutti gli altri.
E per non aver parlato degli altri padri così diversi eppure così uguali.
 
Luciana Grillo – [email protected]
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