Il futuro della pesca messa a rischio da norme nazionali
L’assessore Zanotelli e una delegazione del Trentino domani si recano a Milano a un convegno specifico
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Ci sarà anche l’assessore provinciale Giulia Zanotelli a fianco di una folta delegazione di pescatori del Trentino, guidata dai presidenti delle due associazioni di pesca locali Fabio Arnoldi e Stefano Martin, a presenziare domani a Milano al convegno «Specie alloctone ed autoctone, il mondo della pesca si riunisce per definire una posizione unitaria», in programma domattina nella Piazza Coperta al Palazzo della Regione su sollecitazione di tutte le organizzazioni di pesca amatoriali e professionali italiane.
Al convegno nazionale hanno aderito ufficialmente oltre a numerosissime associazioni di pesca, anche API (associazione nazionale Pescicoltori), FIPO, per i produttori di materiali da pesca, le aziende di promozione turistica, ASSALZOO che rappresenta i produttori di mangimi.
All’incontro era stato invitato anche il ministro Cingolani che non potrà partecipare a causa di un concomitante impegno istituzionale.
I lavori vedranno la presenza degli assessori competenti di numerose Regioni italiane per analizzare le negative conseguenze operative che ricadranno sul mondo della pesca e dell’intera filiera, amatoriale e professionale, a causa del Dpr n. 357/1997 «Regolamento recante l’attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» ma soprattutto del Decreto Ministeriale 2 aprile 2020. Infatti, con la «direttiva habitat» vengono considerate alloctone (ovvero non originarie di un determinato territorio) le specie di pesci la cui presenza non sia documentata da prima del 1.500, cioè da almeno 500 anni.
Di conseguenza gran parte del materiale biologico oggi esistente verrebbe considerato illegale.
Tanto per dare un’idea se il concetto venisse applicato ai palazzi storici del patrimonio culturale italiano probabilmente gran parte di essi dovrebbero venir abbattuti o in parte abbattuti per le modifiche subite negli ultimi secoli.
Il grido d’allarme è stato lanciato negli scorsi mesi proprio da Fabio Arnoldi per i pesanti riflessi che la prossima entrata in vigore della norma avrà su una attività sportiva-sociale che negli ultimi anni si è trasformata in Trentino e in altre regioni in una nicchia di offerta turistica molto importante.
Dai rappresentanti della pesca trentina parte la richiesta a gran voce interventi incisivi per giungere alla modifica sostanziale - nel brevissimo tempo - dell’attuale normativa e garantire così continuità alla pesca sportiva trentina, la cui modalità di gestione è presa ad esempio da tutta Italia.
Tra le conseguenze negative legate alla novità burocratica potrebbe esserci persino la cancellazione dei Campionati del Mondo Pesca a mosca 2022 assegnati di recente al Trentino.
Ma a cascata, tra le altre cose, anche la sospensione del lavoro nelle pescicolture con la perdita di centinaia di posti di lavoro.
Per l’imminente stagione di pesca 2022 è quindi forte la preoccupazione delle circa 40 associazioni di pesca locali che contano in provincia circa 10.000 tesserati, rappresentate in Trentino, dalla Federazione Pescatori Trentini, dall’Unione Pescatori Trentini, dalla Magnifica Comunità di Fiemme e dal Comitato provinciale della FIPSAS Federazione Pesca Sportiva e Attività Subacquee.
La Provincia autonoma di Trento era stata fino ad oggi una delle pochissime zone dove la pesca sportiva si svolgeva regolarmente ma ora il sistema rischia di saltare per l’obbligo di documentare la presenza di varie specie ittiche da almeno 500 anni.
Con la novità ministeriale molte delle specie ittiche locali - trote fario, le trote lacustri, i salmerini, i coregoni e i barbi solo per citare le più conosciute - non potranno più essere allevate ed immesse nelle nostre acque dove peraltro sono presenti da diverse centinaia di anni.
Si tratta di pesci ormai parte integrante del nostro patrimonio culturale e ambientale – spiegano Fabio Arnoldi e Stefano Martin, rappresentanti delle associazioni di pesca Trentine, dove le associazioni attraverso il volontariato hanno speso enormi energie per gli incubatori di valle e le pescicolture per crearsi dei parchi riproduttori importanti di qualità attraverso i quali autoprodursi novellame da immettere nelle proprie acque.
Da molto tempo, e prima di molte istituzioni e organi tecnico scientifici, i pescatori trentini hanno saputo darsi regole e limiti sia nello sfruttamento, sia nella gestione attiva del variegato patrimonio itti-faunistico del Trentino una delle regioni d’Europa tuttora più «preziose per la tutela della biodiversità» ittica.
Tra i salmonidi si salverebbero unicamente la trota marmorata (che però non riesce ad adattarsi a molte delle acque trentine e che è comunque ad oggi allevata in quantitativi assolutamente insufficienti alle necessità locali) e il salmerino alpino (unicamente ammesso per i laghi di Tovel e di Molveno).
Lo stop alle immissioni avrebbe una serie immediata di conseguenze quali:
- l’eliminazione – da qui a fine anno - di alcune decine di milioni di uova ed avannotti pregiati derivanti dall’attività riproduttiva dell’autunno/inverno 2021 presso gli impianti associativi
- l’impossibilità di mantenere un parco di migliaia di riproduttori pregiati di trota fario e lacustre allevate con anni di severe selezioni
- enormi difficoltà nella gestione delle diverse pescicolture e degli incubatoi di valle dalle associazioni che impiegherebbero almeno 4-5 anni per riconvertire la produzione da fario/lacustri a marmorate;
- l’impossibilità di ripopolare adeguatamente le acque in concessione così come previsto dai Piani di Gestione provinciali per la mancanza di materiale ittico da immettere compromettendo la presenza futura di pesce pregiato;
- l’impossibilità di effettuare le semine di materiale adulto nelle zone pronta pesca;
- l’impossibilità di effettuazione delle gare locali, provinciali, nazionali ed internazionali, è notizia di questi giorni l’assegnazione dei Campionati Mondiali Pesca a mosca 2022, al Trentino;
- il crollo delle entrate vitali per le associazioni derivate dalla sicura e sensibile diminuzione dei tesseramenti sociali e dalla vendita dei permessi d’ospite;
- la perdita di alcuni posti di lavoro dei dipendenti in forza alle associazioni (guardiapesca, addetti alla segreteria, operai agricoli);
- un impatto non indifferente a livello turistico in considerazione che molte zone del Trentino hanno puntato molto sulla pesca come volano attrattivo;
- un forte impatto negativo sull’indotto quali negozi di pesca ed articoli sportivi, aziende ittiche trentine che allevano e vendono alle associazioni salmonidi per la pronta pesca, strutture ricettive e ristoranti utilizzati dalle diverse migliaia di pescatori provenienti ogni anno da fuori provincia ed anche dall’estero.