Missione a Herat/ 16 – La vita nei distaccamenti
Vivere entro i fortini e dormire in tenda con la pistola sotto il cuscino
La vita alle FOB (contingenti decentrati della Julia) è certamente
più esposta ai pericoli, anche perché si tratta di reparti
operativi e pertanto a contatto quotidiano con i pericoli della
missione militare.
Noi siamo stati a Shindand, un centinaio di km a sud di Herat. Le
persone presenti in quella base avanzata non sono poche, circa
500.
Vivono in parte di costruzioni di cemento, ma perlopiù stanno in
tende gonfiabili come quelle che abbiamo visto al terremoto
dell'Abruzzo. Tendopoli comunque protette da reti frangisole e
climatizzate da generatori di aria calda e fredda.
Nella base di Shindand convivono gli alpini fucilieri agli alpini
del genio. I primi escono di pattuglia secondo piani prestabiliti,
i secondo gestiscono i mezzi atti a mettere in sicurezza le piste
dove poi passeranno gli altri.
Il parco mezzi di Shindand è decisamente cospicuo, perché ci sono
decine di «freccia» e di lince. I genieri di stanza a Trento hanno
sul posto i «bufalo» e altri mezzi del genere utili per trovare e
recuperare mine.
Il bello di quella base l'ho trovato nella mensa. Si mangia
decisamente meglio, quasi come nelle tende della Protezione civile
trentina in Abruzzo. Il brutto sta nel fatto che di passatempi non
ce ne sono, a parte Internet che è l'unico vero antidoto alla vita
militare.
Anche i rapporti tra ufficiali e subalterni sono più rigidi che
alla base di Herat. Si sente gridare il «signorsì!» ad ogni ordine
impartito. In zona di pericolo la sopravvivenza è dettata dalla
correttezza delle procedure e dall'ubbidienza agli ordini. Tutti lo
sanno e nessuno si sente frustrato per questo.
Shindand. Nella foto qui sopra, una grande tenda a
struttura pneumatica appena montata.
Nella foto sotto il titolo, una barriera esterna fatta con
Hesco Bastion, dei giganteschi contenitori di ghiaia,
molto resistenti, facili da trasportare e da riempire sul
posto. (Utili secondo noi anche per il
contenimento delle piene)
Negli avamposti più avanzati, al contrario, la disciplina sembra
affievolita. Ovviamente non è così, ma la posizione a rischio dei
ragazzi fa sì che non siano necessari né ordini né risposte di
carattere propriamente militari.
Il capo dà ordini e i subalterni ubbidiscono senza discutere. La
fiducia è massima.
Noi siamo stati in un posto avanzato di cui non facciamo il nome,
condiviso con gli Americani e costruito dagli Afghani. Il
distaccamento è spesso oggetto di colpi di arma da fuoco, che gli
Americani non sopportano e contrattaccano anche uscendo con la
moto. Non portano risultati, per cui i nostri si limitano a
rispondere al fuoco stano all'interno del fortino.
In quel distaccamento i ragazzi vanno a dormire tenendo la pistola
sotto il cuscino e il fucile a portata di mano.
I bagni e le docce sono collocati nel piazzale dove stazionano i
lince. Sono andato a vederli, scoprendo una cosa singolare. Gli
Afghani che li hanno costruiti hanno voluto operare una specie di
«differenziata» ante litteram.
Chi deve fare la popò va nel bagni collocati nel container, chi
deve fare la pipì deve andare dietro a un container e servirsi di
un tubo conficcato nel terreno inclinato di 60 gradi. Francamente
non sappiamo come possa una donna fare i suoi bisogni in quelle
condizioni…
Nella camerata (non più grande della stanza a tre letti che ci era
stata riservata a Herat) ci stanno cinque brandine, sulle quali
sono state montate delle tende a fungere da zanzariere e,
secondariamente, da stanze vere e proprie.
La camerata non ha riscaldamento, tanto vero che mi sono svegliato
più volte nel corso della notte battendo i denti dal freddo. Un
mese fa i ragazzi avevano chiesto una stufa, ma non è ancora
arrivata.