Primo incontro del presidente del MUSE con la stampa

Stefano Zecchi ha illustrato il proprio programma: dalla mostra alle Albere al Planetario, dalla separazione in casa con Sgarbi all'orribile territorio a nord del Muse

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«Presidente Zecchi, sa cosa sono le Albere
Il presidente del MUSE aveva appena concluso la presentazione del suo corso ai giornalisti e li aveva invitati a rivolgere eventuali domande.
La nostra domanda lo ha insospettito, temendo che ci fosse un trabochetto.
«Quando uno studente fa una domanda al professore – ha risposto, – è per tendergli un tranello. Me lo dica lei.»
«Sono i pioppi. – Abbiamo risposto. – Nessun tranello, era solo perché sapesse che non si parla del genere femminile degli alberi.»
Zecchi aveva parlato a lungo delle Albere che ci sembrava utile fargli sapere cosa significava.
 
Tra i suoi argomenti, la mostra che vedrà la luce il 25 giugno prossimo, giorno in cui si festeggia il compleanno del Muse, il Planetario che dovrebbe sorgere nei pressi delle Albere e la «convivenza forzata» con Vittorio Sgarbi, presidente del Mart e per questo titolato anche lui a gestire la palazzina.
La mostra non potrà essere allestita prima di luglio perché al momento deve essere conclusa quella avviata dal suo predecessore.
La curatrice della mostra è stata volutamente vaga nel descrivere il percorso didattico della mostra in fieri, che si dovrebbe proporre di indagare con nuovi linguaggi i grandi interrogativi che la scienza pone alla filosofia.
Il titolo provvisorio è «Il Nuovo Prometeo» nome del titano mitologico che Zeus aveva fatto incatenare inviando un’aquila a divorargli il fegato, che ricresceva sempre.
Rappresenta un po’ il contrasto tra lo spirito d’iniziativa dell’uomo e la sua tendenza a sfidare le forze divine, l'universo che lo comprende. Magari rappresentati nel Planetario in discussione.
 

 
Zecchi infatti è uno dei sostenitori del Planetario, che verosimilmente dovrebbe sorgere nel giardino che il Muse condivide con la Palazzina delle Albere.
«Gli uomini e i bambini dovrebbero guardare spesso in su, – ha commentato Zecchi. – Non si dovrebbe mai perdere il contatto con la realtà.»
E' vero. Noi siamo un puntino infinitesimale nei confronti di un universo immenso. E, man mano che lo si conosce, è sempre più privo di senso.
Poi, per restare fedele al concetto del «Nuovo Prometeo», ha aggiunto che non sarebbe male che il Planetario sorgesse in Piazza Dante, in modo che i nostri politici possano sempre tenere i piedi in terra.
Pienamente d’accordo.
 
L’argomento che ha voluto affrontare - di malavoglia - è la condivisione della Palazzina delle Albere con Vittorio Sgarbi. La palazzina infatti è affidata salomonicamente sia al Mart che al Muse.
«Non mi piace parlare di separati in casa» – ha detto.
Ma in realtà è così. E se tra i due presidenti non corre buon sangue, sorgeranno inevitabilmente istanze di concorrenza. Speriamo che la concorrenza sia foriera di idee sempre migliori e non di guerre di dazi come si usa a livello mondiale in questo periodo.
Ma per il momento Zecchi ha messo dei paletti precisi con la mostra di cui sopra. Non proprio delle catene come per Prometeo, anche se l’aquila trentina sta tirando fuori posate e tovagliolo.
 

 
Fuori tema della conferenza la situazione di obbrobrio ambientale in cui si trovano il Muse e Le Albere.
«A sud c’è il bellissimo quartiere di Renzo Piano – ha detto, – mentre di fianco si trovano la ferrovia e il cimitero con tanto di tempio crematorio [Non c'è ancora, ma ci sarà - NdR].
«E a nord c’è l’orribile stadio fatiscente, – ha continuato. – Trento non può avere una squadra di calcio di successo finché ha uno stadio stamberga come questo.»
Mauro Giacca è avvisato.
In effetti, un po’ tutto il quartiere deve essere rivisitato. L’intero progetto di Renzo Piano era sorto lì perché si era liberato il terremo della Michelin e il Muse è stato eretto vicino alla palazzina delle Albere a ricordo degli unici due periodi fortunati di Trento, il Concilio di Trento che ha traghettato la città (in ritardo) nel Rinascimento, e la Provincia autonoma di Trento che ha fatto uscire il Trentino dalla miseria dei secoli scorsi.
Dimenticando al momento ciò che c’è a oriente della ferrovia, sarebbe effettivamente bene cominciare a pensare seriamente cosa fare dal Muse al Piazzale Sanseverino.
 
Alla fine è intervenuta anche la consigliera del CdA del Muse Laura Strada, giornalista Rai Trento.
Ha affrontato la situazione precaria dei lavoratori del museo. Sono circa 200, ma sono pochi quelli regolari.
L’invito di Laura Strada era rivolto alla Provincia autonoma di Trento, rappresentata in conferenza da Mirko Bisesti, assessore alla Cultura, il quale ha assicurato che l’argomento verrà affrontato quanto prima.
L’ideale sarebbe entro la fine anno, data in cui scadono i contratti a termine.

G. de Mozzi.