Chiude in Friuli la trattoria «Ai Cacciatori» – Di G. Casagrande
Il mitico «Danèl», patron della pluripremiata trattoria di Cavasso, ha dovuto arrendersi per problemi di salute. I suoi piatti hanno fatto la storia della cucina friulana
Daniele Corte, un arte Danél, con la moglie Angelina Zecchini.
«La scoperta di un nuovo piatto è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella», sentenziava l'accademico francese Jean Anthelme Brillat-Savarin, uno dei padri della moderna gastronomia.
Io di nuovi piatti ne avevo scoperti e assaggiati a volontà dal mitico «Danèl», patron di uno dei miei ristoranti del cuore: la Trattoria «Ai Cacciatori» di Cavasso Nuovo (Pordenone).
Tutti piatti degni della stella: dalla zuppa di cipolle rosse di Cavasso (presidio Slow Food) ai «blecs» di grano saraceno con ragù di lepre agli gnocchi di pane e farro con sugo di cinghiale; dalle tagliatelle di castagne con ragù bianco di agnello al risotto con lo Scjaglin, vino della memoria riscoperto e valorizzato da Emilio Bulfon nella vicina Valeriano.
Ed ancora dal prosciutto dolce di San Daniele (o di cinghiale) con la rosa di Gorizia (la superstar della famiglia dei radicchi) insaporita con i «fricis» (ciccioli) allo sformatino di zucchine con il suo fiore e la crema di «formaj tal Cìt» della Val Tramontina (formaggio spalmabile conservato in vasi di pietra, «cit» in lingua friulana).
Una delle sale con il caminetto della Trattoria Ai Cacciatori di Cavasso Nuovo.
Quella «pitina» scottata sulla piastra e il cestino di frico con i porcini
Tra gli altri piatti simbolo non posso dimenticare la «pitina» (riscoperta dal macellaio Filippo Bier e oggi presidio Slow Food), una polpetta di carni miste affumicate (anche di selvaggina) simile alla nostra «mortandela» e la pitin'oca che Danèl propone scottata sulla piastra e insaporita con due gocce di aceto balsamico.
E ancora: il cestino di «frico» con i funghi; i tortelli con la fagianellla; i porcini alla piastra con fonduta di Montasio; l'aringa affumicata con la polenta e, in stagione, il baccalà.
Una tentazione anche i dolci della moglie Angelina: le crostate, la panna cotta, la Sachertorte. Per non parlare dei vini che "Danèl" proponeva anche al calice.
Grandi etichette, nazionali e internazionali, ma con un occhio di riguardo per i piccoli produttori locali. A lui va il merito di aver fatto conoscere nel corso degli anni alcune chicche degne del matrimonio con i suoi piatti.
La cipolla rossa di Cavasso Presidio Slow Food in mostra davanti al Palazat.
Le insegne che regalano emozioni non dovrebbero mai chiudere
Di tutti questi piatti - ahimè - e di questi vini rimarrà solo il ricordo. Un ricordo nostalgico poiché da alcuni giorni l'antica trattoria «Ai Cacciatori» ha dovuto chiudere i battenti per ragioni di salute del mitico «Danèl».
Ci sono insegne che non dovrebbero mai chiudere - condivido parola per parola quanto ha scritto il collega enogastronomo Cludio De Min - ma che, purtroppo, devono arrendersi ai casi dalla vita, agli imprevisti, alla salute che tradisce all'improvviso, in un giorno di settembre qualsiasi, lasciando una quantità di orfani non solo di buoni bocconi ma, soprattutto, di belle atmosfere, accoglienze amorevoli ed emozioni che, in fondo, sono le cose che più di tutte i clienti cercano. Parole sante.
La pitina Presidio Slow Food, non mancava mai nei menu del mitico Danèl.
Era la mia trattoria del cuore «Bib Gourmand» quando mi recavo in Friuli
«Ai Cacciatori» era la mia trattoria del cuore nelle mie frequenti trasferte friulane (ne cito altre due: l'Antica Osteria «Al Bachero» di Spilimbergo e «Da Nando» a Mortegliano).
Era un piacere e un'emozione sedersi ai suoi tavoli. Scambiare quattro chiacchiere, discutere animatamente soprattutto quando ero accompagnato dalla mia dolce «Sgarbina» [la moglie ferrarese - ndr] di un piatto che ci veniva servito o di un vino del cuore, anche solo per avere un giudizio spassionato, non tecnico, ma sincero.
Pluripremiata dal Gambero Rosso come una delle migliori trattorie d'Italia, «Ai Cacciatori» aveva attirato l'attenzione anche dei severi ispettori della guida Michelin con l'assegnazione del riconoscimento «Bib Gourmand» per l'ottimo rapporto qualità-prezzo.
Entusiastica la recensione della Michelin: «Danèl è il brillante interprete delle tipiche tradizioni locali attraverso gustosi piatti, narrati rigorosamente a voce.
«Un po’ vintage, un bel po’ invitante, la trattoria. Ai Cacciatori è la buona tavola friulana per antonomasia con intensi profumi locali arricchiti da alcune golosità extraterritoriali.
«Il patron Daniele Corte racconta con passione la fragrante e gustosa cucina della trattoria, dalle forti radici territoriali. Se è vero che la carta c’è, la soluzione migliore è ascoltare i suggerimenti di giornata.»
Il prosciutto di cinghiale con la Rosa di Gorizia e i ciccioli.
«Speravo che i miei dipendenti continuassero l'attività, niente da fare
«Ai Cacciatori» chiude perché "Danel" ha problemi di salute e non è più in grado di fare quello che ha sempre fatto: il padrone di casa, il regista, l'affabulatore poiché era lui l'anima e il cuore pulsante della sala.
«E perché, a detta non solo dei clienti, ma dei suoi dipendenti, senza di lui "Ai Cacciatori" non sarebbe più stata la stessa cosa. Così, con la morte nel cuore, si è dovuto arrendere.»
L'ho sentito al telefono, commosso fino alle lacrime, quando mi ha confermato la notizia.
«Speravo che i miei dipendenti continuassero l'attività, l'avrei ceduta a loro, niente da fare.
Io non ce la faccio più, mi sento un miracolato, ma non ero più in grado di tenere i ritmi del passato e che sono indispensabili per continuare questa attività.»
Tutto era cominciato nel 1976 l'anno del disastroso terremoto in Friuli
Tutto era cominciato nel 1976, l'anno del terremoto in Friuli. «Costruii un prefabbricato - racconta - a spese mie, in piazza, con i materiali forniti da mio suocero e cominciai a offrire cicchetti, ombre e fritturine».
L'idea funzionava, il prefabbricato divenne una trattoria (il trasferimento nella sede poi diventata storica è di qualche anno dopo), mia moglie Angelina [Zecchini - ndr] cominciò a cucinare e da autodidatta diventò ben presto una bravissima cuoca.
Ce l'aveva nel sangue senza saperlo, questa passione. Ora mi fa da badante» racconta.
Lui, invece, cominciò a girare per il territorio, a cercare cose buone, prodotti genuini (fu il primo a valorizzare la cipolla rossa di Cavasso, le mele antiche, la pitina) e quei vini schietti del territorio che custodisce nel sancta sanctorum di una cantina diventata col tempo un bijou (gli appassionati wine lover si facciano avanti).
«Ma qualche bottiglia non la vendo, me la tengo – ci ha confessato – perché un goccetto ogni tanto i medici me lo concedono.»
Insomma, passo dopo passo, anno dopo anno, aveva messo in piedi quella che sarebbe diventata uno delle più gettonate e famose trattorie del BelPaese.
Ci mancherai mitico «Danèl», mancherai a tutti noi buongustai impenitenti
Ci mancherai, mitico "Danèl". Mancherai alle schiere di raffinati gourmet che ti cercavano in quell'angolo sperduto della pedemontana friulana, Cavasso, un paesino di poche anime a due passi da Maniago (patria delle coltellerie), da Spilimbergo (la città dei mosaici) e da Sequals (paese natale di Primo Carnera).
Mancherai soprattutto al sottoscritto con la promessa che tra breve passerò a salutarti per brindare con un goccetto di quel sacro nettare che accomuna tutti noi buongustai gaudenti e impenitenti.
In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande – [email protected]