Quale significato può avere una malattia? – Di Daniela Larentis

L’uomo non è una macchina formata da singoli pezzi da riparare: al contrario, è un’unità inseparabile di corpo e anima

Pablo Picasso: scienza e carità.

Per lo psicologo Thorwald Dethlefsen e il medico Rüdiger Dahlke «non esistono «tante malattie» curabili, ma soltanto «una malattia» che fa parte integrante della condizione patologica dell’uomo e si manifesta in molteplici forme.
Come si legge nella presentazione del libro dei due autori intitolato «Malattia e destino – il valore e il messaggio della malattia» di Thorwald Dethlefsen e Rüdiger Dahlke (edizioni Mediterranee, 2013, prefazione all’edizione italiana di Paola Giovetti), «essa fa parte della vita come l’aria fa parte del respiro, e indica che l’uomo vive in un campo di tensioni i cui sintomi non possono essere eliminati, oppure possono esserlo solo a livello superficiale e transitorio con medicine e operazioni. Quelle che noi chiamiamo malattie sono soltanto sintomi di quest’unica malattia, segni che dobbiamo imparare a interpretare…».
Ogni sintomo avrebbe quindi un significato profondo, in quanto trasmetterebbe un messaggio che riguarda la psiche.
Nel corpo si esprimerebbero semplicemente le informazioni della coscienza, alcune delle quali richiamerebbero l’attenzione causando quelle che noi chiamiamo malattie.
È anche utile sottolineare, come è espresso chiaramente a pag.9, che il libro non intende affatto incitare ad abbandonare le cure mediche, siano esse ufficiali o naturali, ma solo far comprendere meglio la malattia, in modo tale da arrivare alla guarigione non solo fisica ma anche spirituale.
Proprio la malattia dovrebbe venir considerata «guida capace di rivelare i veri problemi a livello esistenziale», sarebbe quindi, come viene definita, «un mezzo per capire più profondamente se stessi e favorire il proprio cammino evolutivo».
 
Nella parte seconda, quella dedicata alle malattie e al loro significato, ci ha colpiti ciò che viene detto in maniera schematica riguardo alle infezioni. Secondo gli autori esse avrebbero molto a che fare con i conflitti irrisolti.
Ecco cosa leggiamo a pag. 119.
«Chi tende alle infezioni e alle infiammazioni, è una persona che cerca di evitare i conflitti. Quando si è colpiti da una malattia infettiva, bisognerebbe porsi queste domande: Quale conflitto non vedo nella mia vita? Quale conflitto cerco di sfuggire? Quale conflitto non confesso a me stesso? Per individuare il tema del conflitto, bisognerebbe considerare attentamente il simbolo dell’organo o della parte colpita del corpo».
È molto interessante apprendere come vengono interpretate le allergie, ossia reazioni eccessive a sostanze riconosciute come pericolose.
L’allergico sarebbe una persona con qualche problemino con l’aggressività (detto in parole povere «vedrebbe nemici dappertutto», naturalmente senza rendersene conto).
 
In un mondo dove le allergie aumentano come le tasse, c’è da riflettere a lungo su quali siano naturalmente le loro cause anche ambientali.
Seguendo il ragionamento presentato nel libro, viene naturale chiedersi a cosa sia dovuto questo diffuso desiderio di difendersi a oltranza, una paura che trova sempre più rifugio nel cuore degli uomini.
A pag. 123 a tal proposito leggiamo quanto segue.
«È noto quanto sia stretto il rapporto tra aggressività e paura. Si combatte sempre ciò di cui si ha paura. Osservando più attentamente le sostanze cui di preferenza si è allergici, si scopre con facilità quali ambienti spaventino tanto l’allergico, al punto che li combatte appassionatamente in un rappresentante simbolico.»
L’allergico dovrebbe porsi delle domande (indicate a pag. 125).
«Perché non consento alla mia aggressività di manifestarsi, ma la costringo a lavorare silenziosamente ai danni del corpo? Di quali ambienti di vita ho tanta paura da evitarli? A quali temi si riferiscono le mie allergie? Sessualità, voglie, aggressività, riproduzione, sporco nel senso dell’ambiente buio della vita?...»
 
C’è un altro libro divenuto ormai famoso che parla dei sintomi delle malattie e della loro interpretazione, intitolato «Ogni sintomo è un messaggio» di Claudia Rainville (Edizioni Amrita).
L’autrice è una psicoterapeuta fondatrice dell’approccio di Metamedicina, un termine che lei stessa spiega nel prologo: «Il termine Metamedicina è formato dal prefisso greco meta, che significa al di là e dal sostantivo medicina, che significa “l’insieme dei mezzi messi in atto per prevenire, guarire e alleviare le malattie.
«La Metamedicina va al di là della semplice cancellazione del dolore o della scomparsa dei sintomi, incentrandosi sulla ricerca del fattore responsabile dei disturbi.»
Essa avrebbe quindi la funzione di ricostruire la storia di un disturbo, di una malattia, identificandone i sintomi e servendosi della simbologia del corpo per cercare di individuarne la causa.
È molto interessante leggere quanto viene detto a proposito dei sensi di colpa, uno dei sentimenti più distruttivi, e quanto essi possano essere pericolosi per la nostra salute (sarebbero in grado di generare vari disturbi e sarebbero responsabili anche di certe malattie), nonché di altri atteggiamenti mentali che avrebbero determinate ripercussioni sulla vita.
A pag 19 leggiamo «Ogni pensiero, ogni sentimento, ogni emozione che alimentiamo vibra a una data frequenza che possiamo paragonare a una stazione trasmittente. Il cervello può essere paragonato invece a uno strumento di ritrasmissione, come una radio che capta ciò che è trasmesso alla stazione sulla quale ci siamo sintonizzati scegliendo la frequenza.»
 
Qualche riga più avanti viene spiegato quanto segue.
«Quando siamo ammalati, infelici, quando ci capitano situazioni sgradevoli, non è questione di sfortuna, di caso o di punizione divina: è solo la risultante della frequenza su cui siamo sintonizzati.»
Secondo la Rainville «quando una situazione provoca in noi una reazione emotiva, vi sono forti probabilità che questa situazione sia una risonanza con un evento passato registrato nella memoria emozionale. La memoria emozionale del cervello limbico contiene la risposta a molte cause di malessere, di disturbi e di malattie.»
 
Ogni malattia sembrerebbe avere una o più cause che l’hanno originata (un insieme di emozioni accumulate nel tempo, una richiesta di attenzione, il desiderio di sfuggire a delle situazioni delle quali non si intravede una via d’uscita, il rancore nutrito verso qualcuno, una rinuncia e via di questo passo).
Andiamo a leggere l’interpretazione di alcune malattie, come per esempio l’Alzheimer, a pag. 102.
«Questa malattia colpisce le persone che non si sentono più in grado di far fronte alle loro difficoltà quotidiane, o che si trovano in situazioni senza sbocco.
«Giacché non sono pronte del tutto a morire, ma non vogliono più confrontarsi con una situazione che fa loro del male, il morbo di Alzheimer diventa la loro via d’uscita.»
Nel libro viene poi indicata una serie di manifestazioni a cui vengono attribuiti vari significati, per esempio il dolore alle articolazioni sarebbe causato dalla mancanza di flessibilità, i tic nervosi dipenderebbero invece da una grande tensione emotiva originata da emozioni represse, i calcoli sarebbero generati da un accumulo di paure e pensieri duri nei confronti di sé o degli altri, i pruriti manifesterebbero l’impazienza o l’esasperazione ecc.
 
Alla simbologia del corpo è dedicato un intero capitolo (terza parte).
Chi si è fratturato un osso sappia che non ha fatto altro che tradurre un senso di ribellione nei confronti di una certa situazione (importante è anche la localizzazione della frattura, per esempio, la frattura della clavicola è collegata a un senso di imposizione, mentre quella della gamba sembra indicare una ribellione causata dall’impressione di venir frenati nell’avanzare verso ciò che si ha pianificato).
I dolori ai polsi sarebbero causati da una resistenza davanti a ciò che è stato chiesto di fare, mentre il prurito alle dita non sarebbe altro che la manifestazione dell’impazienza nei confronti di se stessi per i piccoli dettagli.
Il mal di schiena assumerebbe questo significato: «Secondo la regione interessata, ha a che fare con: un senso di solitudine, di abbandono, un senso di impotenza, di svalutazione, il fatto di sentirsi responsabile della sofferenza di una persona amata, il fatto di avere fardelli troppo pesanti da portare, il fatto di non sentirsi abbastanza sostenuti, incoraggiati, l’insicurezza materiale.»
L’orticaria, poi, sembrerebbe avere un collegamento con il sentirsi costretti a digerire una certa situazione e pare abbia a che fare con l’esasperazione, con ciò che si fa fatica a sopportare.
Perfino il semplice raffreddore non sarebbe da sottovalutare, in quanto manifestazione di una grande stanchezza, ma potrebbe anche voler dire altro.
A tal proposito ecco cosa si legge a pag. 280: «Il raffreddore può anche essere associato a confusione di pensiero: non si sa più dove sbattere la testa», mentre la sinusite pare sia legata a situazioni o persone alle quali risulta difficile adeguarsi.
 
E che interpretazione viene data, nel libro, di un semplice disturbo come il russare?
Pare si tratti di «un’inconscia richiesta di tenerezza e affetto, in risonanza con la madre che si prende cura del suo piccolo. Chi russa può sentirsi separato da chi rappresenta la sua fonte d’affetto.»
Sarà, certo che si tratta di una richiesta difficilmente esaudibile nel cuore della notte, poiché chi lo fa non ispira certo tenerezza a chi magari vorrebbe poter schiacciare almeno un pisolino…
 
Daniela Larentis – [email protected]