Sicilia, sequestrata azienda facente capo a Cantine Mezzacorona
Le indagini avrebbero ricostruito una presunta frode per otenere illecitamente i contributi pubblici
A quanto ci risulta, era appena
cominciata la vendemmia in uno dei gioielli dell'azienda siciliana
proprietà delle Cantine Mezzo Corona, quando sono stati posti i
sigilli alla tenuta, sospendendo così la raccolta dell'uva.
C'è da augurarsi che le procedure giudiziarie possano consentire al
più presto la ripresa delle operazioni legate alla vendemmia,
perché i prodotti non hanno nulla a che vedere con le questioni
legate l'iniziativa della Procura della Repubblica di Ragusa.
Per la precisione, le Fiamme Gialle hanno sequestrato un'azienda
vinicola e denaro contante per oltre 4 milioni di euro, mettendo i
sigilli nelle campagne tra Acate e Vittoria, su uno dei feudi che
da decenni rappresentano interessi storici di Cosa Nostra.
Nell'ambito dell'inchiesta, condotta dalla Procura di Ragusa, otto
persone sono state denunciate per associazione per delinquere
finalizzata alla truffa in danno dello Stato e dell'Unione
Europea.
Le indagini hanno ricostruito una presunta raffinata frode per
percepire illecitamente i contributi pubblici.
La Guardia di Finanza avrebbe accertato che la società Future
Tecnologie Agroambientali Srl, con sede ad Acate, di proprietà del
Gruppo Mezzacorona, avrebbe percepito un contributo di 4,366
milioni di euro.
L'operazione denominata «Old Tower» avrebbe consentito di delineare
le presunte responsabilità degli otto soggetti denunciati, tra i
quali figurerebbe anche un amministratore delle Cantine di
Mezzacorona, oltre che un funzionario dell' istituto di credito
Banca Nuova il quale aveva curato l'istruttoria e l'erogazione dei
contributi.
Gli indagati, secondo le Fiamme Gialle, avrebbero prodotto
documenti falsi e fatture per operazioni inesistenti.
Le cantine di Acate contrada Torrevecchia «Feudo Arancio» in
precedenza erano di proprietà della Torrevecchia di Favuzza &
C. Sas, una società riconducibile agli eredi dei cugini Salvo di
Salemi, come ha sottolineato il colonnello Francesco Fallica,
comandante provinciale della Guardia di Finanza, affermando che
«l'azienda sequestrata appare come il crocevia di un traffico che
tocca i gangli vitali di Cosa Nostra, dai cugini Salvo fino al boss
latitante Matteo Messina Denaro.»