Maurizio Panizza, Cristian Sighel: «Alla ricerca del Sole»
Sabato 25 settembre, al Teatro di Pergine Valsugana, la presentazione del libro alla presenza degli autori e di un ospite d’eccezione: Alex Schwazer – L’intervista
Maurizio Panizza, Cristian Sighel e Alex Schwazer.
Sabato 25 settembre 2021, ore 20.00, avrà luogo presso il Teatro comunale di Pergine Valsugana, Trento, la presentazione del libro «Alla ricerca del Sole», appena uscito per Curcu Genovese Editore - Athesia.
È un racconto straordinario, di introspezione, di profonda sofferenza, ma anche di ricerca, di speranza e di riscatto, una storia vera raccontata «a due mani».
Gli autori sono Cristian Sighel, impiegato presso la Cassa Rurale Alta Valsugana, e Maurizio Panizza, giornalista e documentarista storico.
La serata sarà impreziosita dalle letture di Andrea Franzoi, il quale leggerà qualche passaggio significativo del libro.
Cristian Sighel, impiegato alla Cassa Rurale Alta Valsugana, un tempo faceva il meccanico prima che una grave patologia all’età di 20 anni gli portasse via la vista per sempre.
Quella narrata è la sua incredibile storia, a partire da quel terribile 30 dicembre 1998, quando lui era un giovane ragazzo appena tornato dal servizio militare.
Maurizio Panizza non ha certo bisogno di presentazioni, è peraltro titolare per la nostra testata di una seguitissima rubrica intitolata «Da una foto una storia».
Giornalista, scrittore, documentarista storico, ha lavorato per molti anni con numerosi quotidiani, in seguito è stato direttore di alcune testate; è autore di numerose pubblicazioni, si è fra l’altro specializzato in tempi più recenti nell’indagare fatti e personaggi del passato riportando alla luce vicende sconosciute poi riproposte in Rai e anche in teatro.
Andrea Franzoi, attore di teatro e voce ormai conosciuta anche in Radio Rai, farà conoscere la storia di Cristian leggendo qualche passaggio significativo del libro, ovviamente senza svelare troppo.
All’evento sarà presente un ospite d’eccezione, Alex Schwazer, un grande marciatore, medaglia d’oro alle olimpiadi di Pechino nel 2008.
Cristian Sighel.
Una dolorosa vicenda, anche la sua, narrata recentemente in un libro-verità scritto da Sandro Donati, il suo allenatore, che invita a riflettere su come sia facile giudicare una situazione senza conoscerla, nonché al dovere morale di sospendere il giudizio in assenza di prove certe.
Ricordiamo che Alex era stato ingiustamente accusato di doping 4 anni fa e assolto con formula piena dal Tribunale di Bolzano per non aver commesso il fatto con sentenza del 18 febbraio 2021.
«Alla ricerca del sole» affronta il tema della disabilità, un argomento di cui non si parla mai abbastanza.
A tal proposito, è da ricordare che nel 2006 è stata adottata la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, composta da un preambolo e 50 articoli, un traguardo importante in quanto non esisteva prima di allora in materia di disabilità uno strumento di diritto internazionale vincolante per gli Stati.
La Convenzione è molto importante perché introduce una trasformazione culturale: essa promuove fra le altre cose la partecipazione e l’inclusione sociale dei disabili, il rispetto della differenza, le pari opportunità, la libertà di movimento, rinviando a una serie di problematiche da risolvere, come l’esistenza di barriere di diversa natura che possono essere un ostacolo alle persone disabili.
La disabilità è una condizione che ogni essere umano può vivere prima o poi, nel corso della propria esistenza, e la storia di Cristian Sighel ne è la perfetta testimonianza; in realtà è negli occhi di chi guarda e giudica, ognuno di noi ha delle abilità e non ne possiede altre.
Di per sé non esiste, esistono invece varie modalità di stare al mondo.
È importante imparare a non assecondare l’impulso di «etichettare», l’urgenza di ricondurre tutto e tutti a degli schemi fissi e immutabili: questa è la vera cecità, il non saper vedere oltre ai nostri pregiudizi.
Abbiamo avuto occasione di rivolgere ai due autori alcune domande, in attesa della presentazione ufficiale.
Cristian Sighel con Alex Zanardi.
La prima domanda la rivolgiamo a lei, Maurizio: come è nata l’idea di scrivere questa straordinaria storia di vita?
«Non è stata un’idea mia, mi è stata proposta dall’Unione Italiana Ciechi. Un giorno mi mandò il manoscritto di un loro associato, chiedendomi se sarebbe stato possibile riprenderlo e lavorarci, al fine di dare visibilità alla sua straordinaria storia.»
Dal punto di vista metodologico come ha affrontato la stesura del libro?
«Ho iniziato la lettura, ho potuto rendermi conto fin da subito che era una storia molto interessante; il manoscritto presentava alcune criticità tipiche di una persona che non è esperta di scrittura, c’erano delle ripetizioni, del resto il testo era stato scritto da Cristian nell’arco di 10 anni, necessitava quindi di essere rivisto e aggiustato in alcuni punti, collegando i vari capitoli, un lavoro che potrei definire di tessitura .»
Qual è stato il suo ruolo nei confronti di Cristian?
«È stato un ruolo di supporto, un porgergli la spalla affinché lui potesse appoggiarsi a me nell’esporre al meglio ciò che aveva scritto. Il testo è suo, è stato solo modificato in alcune parti per renderlo più fluido.»
Mi rivolgo a lei, Cristian, partiamo dal titolo del libro: sembra evocare la volontà di trovare uno spiraglio di luce nella tragedia che ha vissuto. Può condividere qualche pensiero a tale riguardo?
«Il significato del titolo riconduce alla tragedia che mi ha colpito e a come ho saputo reagire, anche grazie alle mie gare podistiche lunghe 24 ore.
«Riassume la speranza, la voglia di rinascita, il desiderio di ricercare un bagliore, un appiglio per continuare a combattere, per vivere una nuova vita.»
Poi è riuscito a ritrovare la voglia di vivere…
«Non è stato affatto semplice, specie all’inizio. I primi anni sono stati durissimi, come racconterò alla presentazione del libro.»
Quanto può contare nella vita porsi un obiettivo da raggiungere, specie nei momenti più drammatici come quelli che ha vissuto lei?
«Può contare molto. Nella vita si può cadere, l’importante è non arrendersi mai, combattere sempre, sapendo che dopo la caduta ci si potrà rialzare più forti di prima.»
Quanto possono contare gli altri per aiutarci a rialzarci dopo la caduta?
«È una grande fortuna vivere in un ambiente favorevole come è capitato a me, poter contare sull’appoggio di persone come la famiglia, gli amici. Nel libro ne parlo.
«Essere sostenuti moralmente è importante, però è anche vero che è decisivo l’atteggiamento che si assume individualmente, la voglia di rinascita deve partire da dentro.
«Durante la gara di cui parlo nel volume, in me è scattato qualcosa che mi ha permesso di rimettermi in gioco. Ho raggiunto un obiettivo e la sicurezza in me stesso, questo mi ha dato molta fiducia nelle mie capacità e nelle mie possibilità.»
Lei ha dedicato il libro a sua moglie Romina. Che cosa rappresenta per lei?
«Il più bel traguardo. Lei è la mia compagna di vita, mi consiglia, è la mia spalla, la mia consolatrice, è la madre delle mie splendide bambine.»
Quali sono, a suo avviso, le maggiori difficoltà di chi come lei si trova a misurarsi improvvisamente con un cambiamento così radicale?
«L’essere etichettati. Non l’essere diversi dalle altre persone, tutti noi siamo diversi gli uni dagli altri e abbiamo diverse abilità, ma il percepirsi come tali, il venir continuamente paragonati ai normodotati.»
Esiste una Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità. Alcuni fondamentali principi su cui si basa sono il rispetto per la dignità, la libertà di scelta delle persone con disabilità. Lei si sente rispettato e accettato nella società in cui viviamo?
«L’etichetta del disabile che ho cucita addosso mi pone in partenza indietro, rispetto agli altri, nella società in cui viviamo. Anch’io sento il peso di questo giudizio, anche se sono stato molto fortunato.
«Nel mio ambiente di lavoro vengo accettato e considerato per quello che faccio, mi sento rispettato e non discriminato.
«Credo che sia molto importante educare fin da piccoli i bambini a considerare in modo normale la disabilità.»
Maurizio, una domanda conclusiva per lei: a suo avviso ora come ora viene realmente garantita la reale possibilità di scelta nella vita quotidiana delle persone con disabilità o c’è ancora molto su cui lavorare in merito alle barriere di varia natura che rappresentano di fatto un ostacolo?
«Questa è una domanda molto impegnativa che necessiterebbe di avere uno sguardo complessivo sulla realtà sociale dei problemi legati alla disabilità, nonché di molto spazio per rispondere.
«Perché se negli ultimi decenni ci sono stati certamente passi significativi in avanti - penso alla scuola, all’inserimento al lavoro e più in generale al riconoscimento sociale dei soggetti disabili, compreso, ultimamente, anche il grande successo di pubblico ottenuto dalle Paralimpiadi - molto è ancora da fare e non sempre è accaduto che tutto il Paese abbia in tal senso marciato alla stessa velocità.
«In Provincia di Trento credo che possiamo essere comunque soddisfatti, anche se non dobbiamo dormire sugli allori. Qui da noi il disabile è da molto tempo uscito di casa, per dirla con una battuta che dà il senso di come era una volta. Qui sono nate nel corso degli anni molte cooperative sociali che danno a loro occasioni di lavoro, e sempre qui, ricordiamolo, grazie alle battaglie condotte da Natale Marzari e da Graziella Anesi negli anni ’80, si è iniziato a lavorare per una mobilità libera da barriere architettoniche.
«È da dire, tuttavia, che se un marciapiede, un passaggio pedonale, o un accesso a un ufficio pubblico è relativamente semplice da liberare, non sempre è così quando si tratta di liberare la mente dai pregiudizi e dalle paure.
«Ne parla in maniera approfondita anche Cristian nel suo libro e per questo sono convinto che Alla ricerca del sole possa essere un ottimo strumento per comprendere e superare le dinamiche mentali legate ai pregiudizi di entrambe le parti: quella di chi è disabile e quella di chi non lo è.»
Daniela Larentis – [email protected]