Che ne sappiamo della «piorrea»? – Di Nadia Clementi

È la malattia parodontale che causa la perdita dei denti – Ne parliamo con il dott. Cristiano Tomasi

Una corretta igiene e la prevenzione dentale rappresentano le condizioni essenziali per mantenere la bocca in salute.   
È fondamentale tenere sotto controllo placca batterica e tartaro per impedire l’insorgere di disturbi ai denti e alle gengive.  
Nonostante le continue campagne di prevenzione e sensibilizzazione alla salute orale, oggi le statistiche indicano che circa il 40% degli adulti soffre di malattie parodontali, che possono degenerare in vere e proprie patologie cliniche. 

Tra le più diffuse vi è la piorrea, un’infezione delle parti ossee e gengivali che circondano il dente, causandone la perdita.
Il suo decorso è spesso difficile da riconoscere poiché i sintomi possono sembrare simili a una semplice infiammazione delle gengive.
Spesso il paziente si accorge tardi del problema quando queste ultime sono retratte e gravemente compromesse.
Oggi a disposizione dei medici esistono nuovi sistemi per prevenire e curare precocemente la piorrea. Di questo e di altre patologie parodontali ne parliamo con l’esperto dott. Cristiano Tomasi.

 Chi è il dottor Tomasi Cristiano
Dr. Tomasi Cristiano, Associate Professor presso il dipartimento di Parodontologia dell’Università di Göteborg.
Laureato con Lode in odontoiatria e p.d. nel 1991 presso l’Università di Verona.
Specializzato in Parodontologia clinica nel 2002 presso l’Università di Göteborg, Svezia.
Ha conseguito il titolo di Master of Science nel 2003 presso la stessa Università.
Nel 2005 ha vinto il primo premio europeo EFP per la ricerca parodontale riservato a specialisti presso scuole riconosciute dalla EFP (European Federation of Periodontology).
Nel 2007 ha vinto il primo premio per la ricerca della ScSP (Scandinavian Society of Periodontology) a Stoccolma.
Ha conseguito il dottorato di ricerca (PhD) nel 2007 presso l’Università di Göteborg, Svezia.
Professore a contratto in parodontologia presso l’Università di Padova.
Socio attivo della Società Italiana di Osteointegrazione e della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia.
Ha pubblicato numerosi articoli ad argomento parodontale ed implantare su riviste scientifiche internazionali.
Dal 1992 lavora nel proprio studio odontoiatrico in Trento, dove si occupa esclusivamente di parodontologia, piccola chirurgia orale e terapia implantare.

Dott. Cristiano Tomasi, cos’è la paradontologia?
«Con questo termine indichiamo una branca dell’odontoiatria che si occupa di studiare e trattare le patologie che colpiscono i tessuti che supportano il dente, e cioè le gengive, il legamento e l’osso che circondano il dente.»
 
Cos’è la parodontite o piorrea e perché si sviluppa?
«La malattia parodontale è una patologia cronica che porta alla progressiva perdita di osso di supporto. Se non trattata può portare alla mobilità del dente e, infine, alla sua perdita.
«La patologia si sviluppa da un attacco batterico da parte della placca che si accumula sui denti e che non trova una risposta adeguata nelle difese dei pazienti. In alcuni soggetti la gengivite si trasforma in parodontite e di conseguenza si ha la lenta perdita dei tessuti che mantengono il dente in bocca.»
 

  
 


 
 


Fig. 1: Dente colpito da malattia parodontale. Sul versante sinistro si notano i tessuti in condizioni di salute, con la gengiva e l’osso preservati, mentre a destra si nota che placca e tartaro hanno invaso lo spazio tra la gengiva e il dente formando una tasca.  
La gengiva è infiammata e l’osso si è ritirato.

 

La piorrea può rappresentare di per sè un fattore di rischio per altre condizioni o patologie?
«Negli ultimi anni diverse ricerche scientifiche hanno reso evidente come la malattia parodontale non trattata, possa portare a un rischio aumentato di patologie cardiovascolari.
«I meccanismi che sembrano spiegare questa correlazione sono abbastanza complessi, ma possiamo dire che la presenza di una carica batterica elevata e di stimoli pro-infiammatori sembrino accelerare la formazione di placche ateromatose. Questo diventa ancora più vero se si aggiungono altre patologie come il diabete.
«A questo proposito vi è uno studio recentemente pubblicato che ha dimostrato che il trattamento della malattia parodontale in pazienti diabetici porta a un miglioramento dell’equilibrio metabolico.»
 
Quali sono i sintomi premonitori della piorrea?
«Essendo una patologia infiammatoria cronica, i sintomi sono molto scarsi. Il paziente si rende conto di avere un problema solo nel momento in cui il dente ha perso tanto supporto da cominciare a dondolare.
«Ma, a questo punto, la situazione è già compromessa.
«Raramente questa patologia provoca dolore o altri sintomi. Alle volte si può avere un evento acuto come un ascesso, ma il più delle volte il paziente è ignaro della propria situazione.
«Un sintomo precoce è il sanguinamento dalle gengive che si evidenzia allo spazzolamento. Ma questo sintomo, però, è molto spesso sottovalutato. La diagnosi deve essere effettuata da un odontoiatra, che con uno strumento apposito accerta la presenza o meno di tasche, che sono una conseguenza della perdita di supporto.»
 
 
Fig. 2: Radiografia di un paziente colpito da malattia parodontale grave: si può notare come gran parte dell’osso di supporto dei denti sia stato riassorbito.
Il paziente fumava molto e aveva un’igiene trascurata. Si era accorto del problema a causa della mobilità di alcuni denti.
 
Quali possono essere le cause principali che favoriscono l’insorgere della piorrea?
«La causa principale è la placca che provoca una risposta infiammatoria dei tessuti poiché i batteri che la compongono rilasciano delle tossine. Ma nella maggior parte delle persone la risposta del sistema immunitario e l’infiammazione che ne deriva sono adeguate e mantengono in equilibrio la situazione.
«Purtroppo, in un 40% della popolazione, di cui una metà in forma piuttosto grave, questa risposta non è adeguata e s’instaura una vera e propria infezione che porta alla distruzione dei tessuti che circondano il dente.
«Alcuni fattori poi possono portare a un’accelerazione di questi processi. Il principale è il fumo di sigaretta, ma anche alcune patologie come ad esempio il diabete possono avere particolare influenza.»
 
Placca e tartaro quindi possono contribuire all’insorgere della piorrea?
«Ne sono la causa fondamentale, anche se occorre che il paziente sia predisposto perché la malattia si sviluppi.»
 

Fig. 3: In questa bellissima immagine fornita dal laboratorio di microscopia elettronica dell’APSS (Azienda per i servizi sanitari di Trento) dai ricercatori dell’Università di Trento, si vedono i batteri che compongono la placca che colonizza la superficie del dente, provocandone la malattia parodontale.
 
Esiste un’associazione tra malattia paradentale e alito cattivo?
«Si, i pazienti parodontali soffrono spesso di alitosi a causa della peculiare popolazione batterica che colonizza il cavo orale. L’alitosi, però, può derivare da molte altre cause che non hanno niente a che vedere con la parodontosi, come disturbi digestivi o altro e che vanno indagate.
«Comunque, spesso la risoluzione dell’infezione parodontale si associa a una sensazione di benessere da parte del paziente per quel che riguarda la sua bocca e a una risoluzione dell’alito cattivo.»
 
I bambini possono contrarre la piorrea?
«Esistono casi di parodontite prepuberale, cioè che colpisce i denti da latte e anche casi di parodontite aggressiva che colpisce in età molto giovanile, ma per fortuna sono casi molto rari.
«Vi sono poi alcune sindromi, cioè patologie che presentano sintomi multipli, che coinvolgono anche il cavo orale con gengivite. Anche la carenza di alcune vitamine, come la vitamina C possono portare a gengivite. Infine, purtroppo, si deve ricordare che alcune forme di leucemia si presentano inizialmente con lesioni alle gengive.»
 

Fig. 4 (a e b): Gengivite necrotizzante acuta in una ragazza giovane dovuta ad avitaminosi. Il caso si è risolto, come si vede nella foto successiva, con il cambio dell’alimentazione e il ripristino di manovre efficaci per l’igiene orale.
 
È ereditaria? Quali sono i soggetti a rischio?
«Sì, è stata dimostrata una familiarità per la malattia parodontale anche negli studi su gemelli.
«Vi è una componente genetica che viene trasmessa dai genitori ai figli, anche se non è necessariamente detto che tutti i figli di uno o entrambi i genitori che soffrono di questa malattia la sviluppino.
«Poi i fattori ambientali come l’attitudine all’igiene orale e il fumo sono sicuramente dei fattori predisponenti.»
 
Come si cura? Esistono dei rimedi naturali?
«Il trattamento principale consiste nell’eliminare la carica batterica. Il dentista e l’igienista si devono occupare di ripulire completamente la radice dai batteri che l’hanno colonizzata, mentre il paziente deve evitare che i batteri ritornino a invadere la tasca con una pulizia molto accurata e specifica.
«La parte principale del trattamento può essere svolta da un igienista qualificato, che provvederà a ripulire le tasche con strumenti appositi. Il risultato del trattamento va poi valutato a distanza di qualche settimana, di solito 3 mesi, per capire se l’infezione è sotto controllo o meno.
«È poi molto importante il monitoraggio della situazione nel tempo, con delle visite che devono avere almeno cadenza annuale e che servono a intercettare eventuali ricadute.»
 
Il laser è utile?
«Alcuni laser possono essere utilizzati per aiutare a ridurre la carica batterica nelle tasche, ma tutti gli studi effettuati finora non hanno dimostrato un beneficio rispetto alle tecniche tradizionali.»
 

  
 
 

 

 
 
 
 
 
Fig. 5: Trattamento di una tasca con applicazione di laser Er-YAG.
  
 

In quali casi è necessario un trattamento chirurgico?
«In alcune situazioni è possibile ripristinare l’osso perduto, con tecniche chiamate rigenerative. In questo caso si deve intervenire chirurgicamente per applicare queste metodiche.
«In altri casi la chirurgia è utile per arrivare là dove l’igienista non ha potuto rimuovere completamente i batteri per ragioni di accessibilità o di forme particolari delle radici.»
 

Fig. 6: In queste immagini si può vedere il risultato di un trattamento chirurgico rigenerativo con l’utilizzo di amelogenine, delle proteine che inducono la riformazione dei tessuti parodontali.
Si nota come un anno dopo l’intervento, l’osso di supporto del dente sia stato ripristinato quasi totalmente.
 
È nota l’importanza della prevenzione quale miglior cura, quali sono i suoi consigli?
«Se si hanno dei dubbi sullo stato di salute della propria bocca, credo sia importante prima di tutto fare una visita di controllo da un dentista che potrà fare una diagnosi e un eventuale esame radiografico.
«Ricordiamoci che questa malattia non dà sintomatologia evidente. Poi, in generale, credo sia importante avere cura dell’igiene orale e anche, non ultimo, non fumare.
«Studi molto recenti hanno anche evidenziato in questi pazienti come sia importante che nella dieta siano presenti vitamina C (da agrumi e kiwi) e omega 3 (dal pesce).»
 
Quali sono le regole fondamentali per una corretta igiene e prevenzione dentale?
«Si devono utilizzare gli strumenti e le tecniche più adatte per la propria situazione. Il dentista e l’igienista possono dare le istruzioni necessarie al paziente in modo che questi possa svolgere una pulizia ottimale a casa.
«In generale non serve affidarsi a collutori e prodotti che vediamo pubblicizzati in televisione se prima non c’è un’indicazione di un professionista a usare un determinato prodotto.»
 
 

   
 
 
Fig, 7: Questo è uno scovolino, lo strumento fondamentale per rimuovere la placca tra un dente e l’altro nei pazienti parodontali, dove il filo non è altrettanto efficace.

   
  

Quando consiglia gli interventi di implantologia e in che cosa consistono?
«L’impianto è una vite in titanio o altro metallo bio-compatibile che sostituisce la radice del dente e supporta un dente finto chiamato corona. È un’alternativa al ponte per sostituire un dente mancante che presenta il vantaggio di non coinvolgere i denti adiacenti.
«Si deve tener conto, però, che nei pazienti che soffrono di malattia parodontale questa deve venire trattata e messa sotto controllo prima di fare un impianto.
«Infatti, questi pazienti sviluppano infezioni intorno agli impianti come intorno ai denti se non vengono messe in atto tutte le misure di prevenzione di cui abbiamo parlato prima. Se possibile, quindi, è sempre meglio salvare un dente.»
 

 
 
 
 
  
  

  
 
  
Fig. 8: Esempio d’impianto utilizzato per sostituire un molare fratturato. Si nota come il dente finto venga avvitato all’impianto, cosa che consente di re-intervenire in caso di necessità.

   
 
Dott. Tomasi, ci parli del progetto riguardante la «guarigione dei tessuti gengivali intorno agli impianti» in collaborazione con l’Università di Trento e di Göteborg?

«Alcuni anni fa abbiamo iniziato un fruttuoso rapporto di collaborazione tra l’Università di Göteborg, dove lavoro come ricercatore e docente, e l’Università di Trento. Grazie a questa collaborazione, insieme con il Prof. Giandomenico Nollo e il Dott. Francesco Tessarolo, abbiamo sviluppato un modello sperimentale che ci consente di studiare che cosa succede quando la gengiva guarisce intorno ad un impianto in titanio.
«Quando s’installa un pilastro su di un impianto si deve asportare una piccola porzione di gengiva: noi siamo riusciti a preparare un pilastro apposito che ci consente di osservare con diverse tecniche le cellule del tessuto al microscopio per capire come queste interagiscano con il metallo.
«I primi dati sono già stati pubblicati su una rivista internazionale e ora li stiamo continuando ad analizzare sui diversi tipi di cellule che agiscono nella guarigione. Quello che abbiamo costatato è che la guarigione completa richiede tra le 4 e le 8 settimane, e che molte cellule del sistema immunitario sono coinvolte in questo processo.
«La nostra speranza è di riuscire in futuro a modificare la superficie dell’impianto per ottimizzare i processi di guarigione e quindi ottenere un sigillo efficiente a protezione della salute degli impianti.»
 

 
Fig. 9: Immagine al microscopio ottico di campione di tessuto che consente di capire i meccanismi cellulari coinvolti nel processo di guarigione. In questo caso le cellule evidenziate dalla colorazione scura sono linfociti T, cellule del sistema immunitario con molte funzioni, tra cui quella di regolare i processi infiammatori. 
 
 
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Dott. Cristiano Tomasi - [email protected]
Info: www.tomasibottamedivarotto.it - 0461 239968