Enrico Morelli, omaggio a Fortunato Depero – Di Daniela Larentis
L’opera dell’artista ha trovato collocazione fra le collezioni dei Musei Civici «Luigi Barni» di Vigevano – L’intervista alla storica dell’arte Elisabetta G. Rizzioli
Elisabetta G. Rizzioli.
Elisabetta G. Rizzioli, Ph. D. Art History all’Università di Pisa, docente e giornalista, socia dell’Accademia Roveretana degli Agiati, svolge attività di ricerca occupandosi in particolare di questioni figurative neoclassico-romantiche e di arte italiana tra Quattrocento e Ottocento. E’ autrice di prestigiose monografie, fra i più importanti e approfonditi studi da lei condotti ricordiamo quello su Domenico Udine Nani, artista roveretano primo ottocentesco, nonché quello sulla «Storia della Scultura» del conte ferrarese Leopoldo Cicognara.
Incontriamo la storica dell’arte per parlare della genesi di un’impresa davvero molto interessante, da cui ha preso vita «L’uomo matita» di Enrico Morelli, omaggio al celebre artista Fortunato Depero, un’opera che ha da poco trovato collocazione permanente fra le collezioni dei Musei Civici «Luigi Barni» ubicati nel Castello Sforzesco di Vigevano e precisamente in una sala della Pinacoteca Civica intitolata a Casimiro Ottone.
L’inaugurazione si è tenuta lo scorso 30 settembre, con intervento critico della stessa Rizzioli, ideatrice dell’intero progetto.
È lei a introdurre la figura dell’artista.
«Enrico Morelli (Montemagno 1956), docente di discipline plastiche e scultoree presso il Liceo Artistico di Rovereto intitolato a Fortunato Depero, ha autonomamente consolidato in una biografia di immagini il proprio iter formativo - svolgendo attività professionale di oreficeria e collaborando con diversi laboratori di scultura, - configurando e definendo nel tempo l’attività artistica in ordine ad un’appassionata professionalità che nella rivisitazione dei canoni della scultura cubista (orchestrata fra Archipenko, Brancusi, Boccioni, Duchamp-Villon e Viani) ed ha elaborato - ripercorrendo fascinazioni esercitate dalla tradizione figurativa e nuove sollecitazioni astratte - sintesi dinamiche rese con superfici geometriche fluide, interpretando la rappresentazione convenzionale delle forme per rivelarne le forze interne.»
«Nelle sue poliedriche osservazioni sull’espressività della materia nobile, segnatamente della pietra naturale - generalmente operata col procedimento a levare - compaiono iconografie, stili e brani che evocano citazioni e variazioni differenti alternativamente desunte (poi ancora interpretate o metaforizzate) dalle sintetiche semplificazioni formali della statuaria arcaica mesopotamica o dalla perfezione naturale dell’arte greca o ancora dalla tradizione plastica rinascimentale toscana, in particolare fiorentina.
«I modi della sua scultura - composizioni mitiche, metamorfiche figure sacre, nudi muliebri dalle forme piene e dai volumi definiti che fluttuano fra archi rampanti e forme variamente ellittiche e circolari, medaglie e medaglioni, suppellettili liturgiche, gioielli e ornamenti decorativi alternativamente perpetuati in marmo, argento, legno, bronzo e terracotta patinati - come i temi dell’invenzione e del soggetto - che si propongono per modello o la natura nello stato della sua nuda semplicità, o la natura ornata da accessori caratteristici ovvero la natura vestita - vengono occasionati in maniera trasversale, con un forte riferimento all’arte del Novecento.»
«I punti di relazione del suo linguaggio non riguardano solo il mondo naturale, le cadenze asimmetriche di ispirazione orientale, il moto fluido e avvolgente della linea continua, ma individuano altre fonti d’ispirazione, come il gusto déco ed i suoi movimenti sincopati presi a prestito dalla grammatica futurista e combinati alla grafica essenzialità dei bassorilievi egizi e della scultura arcaica greca riletta dalle secessioni, puntando sulla linearità e sul ritmo grafico.»
Abbiamo avuto il piacere di rivolgerle alcune domande.
Elisabetta Rizzioli, Carlo Cainelli, Enrico Morelli e l'assessora alle Politiche Culturali e Bilancio Nunzia Alessandrino.
L’«Uomo-matita» scolpito da Enrico Morelli in ricordo e omaggio al celebre pittore, scultore e pioniere del design contemporaneo Fortunato Depero ha trovato collocazione permanente fra le collezioni dei Musei Civici «Luigi Barni». Come è nata l’idea di questa interessante impresa e chi vi ha preso parte?
«L’Uomo-matita in oggetto (d’après F. Depero, Bozzetto per manifesto pubblicitario Uomo-matita, 1926, collage), ovvero uno fra i famosi Uomo-matita originariamente ideati dall’artista originario di Fondo - assieme al Cavallo-matita, alla Farfalla-matita, alla Fabbrica-matita - per la campagna pubblicitaria delle matite della ditta Presbitero di Milano e riproposti, tre anni più tardi, per quella dell’American Lead Pencil Company di New York, scolpito da Morelli fra il 2017 e il 2018 in marmo bianco di Carrara - cm 60 x 60 x 8 (intero); cm 47,7 x 35,5 x 4 (rilievo figurato) - è stato originariamente concepito come un valido progetto didattico sostanzialmente mai approvato e dunque non riconosciuto come tale. Esso prevedeva la collaborazione degli alunni delle classi seconda e quarta D del Liceo Artistico «F. Depero» di Rovereto (a. sc. 2017-2018) nell’ambito del pensato itinerario Laboratorio di scultura. Dalla creta al marmo - Alternanza Scuola-Lavoro (visita aziendale) che ha potuto esplicitarsi solo in una primigenia fase di svolgimento iniziale e che in seguito è stato autonomamente curato dalla scrivente (per dirla col Buonarroti la passione dell’error mio) e dallo scultore».
Enrico Morelli, «Uomo-matita», 2018 - Marmo bianco di Carrara, cm 60x60 x8 (intero); cm 47,7 x 35,5 x 4 (rilievo figurato). (D’après F. Depero, Bozzetto per manifesto pubblicitario Uomo-matita, 1926, collage.)
Come è stata concepita e successivamente modellata l’opera che reinterpreta il logo del Liceo Artistico roveretano?
«Ideata in fase propedeutica (dall’argilla al calco in gesso) nell’aula 3 della Succursale del Liceo Artistico «F. Depero» è stata poi modellata, tradotta e scolpita da Morelli presso il Laboratorio Passamani snc Marmi e Graniti di Rovereto che ha patrocinato e sostenuto l’impresa, nonché dedicato premurosa attenzione didattica all’accoglienza degli studenti.»
Che significato attribuisce a questo lavoro artistico?
«Per quanto l’opera sia ben riuscita, attribuisco invero maggior valore all’idealità didattico-disciplinare che aveva originato l’impresa intesa a riformulare e formalizzare pratiche operative proprie di un istituto d’arte ora liceo artistico, nonché a riproporre un omaggio localistico in ordine ad una geografia di ripresa storico-artistica».
Una curiosità: come mai il prodotto di un valido progetto come questo (originariamente con finalità didattiche) non è stato accolto a Rovereto?
«Ritengo che il progetto non sia stato accettato presso la sede di ufficiale (ufficiosa) competenza per vari problemi di procedure burocratico-istituzionali.
«Quanto all’opera realizzata, essa avrebbe potuto - quale esercitazione e reinterpretazione formativa - trovare pertinente e filologica collocazione presso la rinnovata Casa d’Arte Futurista Depero che porta il nome del suo fondatore, unico museo istituito (nel 1957) da un futurista sulla base di un progetto dissacrante e profetico all’insegna di innovazione, di ironia e dell’abbattimento di ogni gerarchia nelle arti, e da lui curato in ordine all’ostensione di mosaici, mobili, pannelli dipinti.
«Tuttavia il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea (MART) cui la Casa-Museo afferisce non ha esitato possibilità di accettazione, dato che la preposta commissione scientifica è solita compiere scelte molto selettive, mirando ad autori di profilo storico o necessari, per la loro importanza, a completare il catalogo del Museo.
«Invero Casa Depero ospita periodicamente anche un ricco programma espositivo che reinterpreta in chiave contemporanea l’originaria vocazione di questo luogo al dialogo fra artisti e comunità locale, ma pare che il rilievo futurista avrebbe potuto generare fraintendimenti e malintesi sull’identità delle opere inserite nella collezione, che vede esposti a rotazione - fra dipinti, disegni, tarsie in panno, grafiche e giocattoli - circa 3000 oggetti lasciati dall’artista alla città.
«In ordine a ciò l’opera ha ora sortito - per volontà del suo autore e della curatrice dell’impresa nonché per l’imprescindibile tramite di Carlo Cainelli, già membro della commissione mostre dei Musei Civici vigevanesi - collocazione permanente nelle collezioni della locale pinacoteca - l’inaugurazione ufficiale dell’acquisizione si è tenuta lo scorso 30 settembre presso la detta istituzione donataria - che espone permanentemente il nuovo marmo futurista contestualmente ad altre contemporanee opere scultoree e pittoriche di autori locali afferenti alla medesima temperie culturale e stilistica.»
Daniela Larentis – [email protected]