«Sulle rotte del mondo» approda in Medio Oriente

Gerusalemme vista da oriente: un incrocio di culture e religioni

C'è un modo di guardare al mondo che è proprio degli occidentali, degli europei in particolar modo, retaggio del passato coloniale, esso è detto «eurocentrico».

Ma se ci spostiamo a Oriente le cose cambiano. Nelle carte geografiche è la Cina ad essere al centro e il Medio Oriente diventa l'Oriente occidentale.
E Gerusalemme, la città sacra per eccellenza, come viene vista, appunto, da una prospettiva orientale?

Se n'è parlato in un incontro tenutosi nella sala della Fondazione Caritro nell'ambito della manifestazione «Sulle rotte del mondo».
A dibattere Nibras Breigheche, mediatrice culturale e responsabile del dialogo interreligioso dell'associazione donne musulmane in Italia, padre Paolo Dall'Oglio, gesuita, fondatore nel monastero di Mar Musa in Siria di una comunità monastica di rito siriaco che promuove il dialogo fra cristiani e musulmani e padre Pietro Kaswalder, originario di Roveré della Luna, sacerdote e docente alla Facoltà di Scienze bibliche di Gerusalemme.
Moderatore Stefano Mura, direttore di Rttr.

Ad aprire il confronto, dopo i saluti dell'arcivescovo di Trento Luigi Bressan e dell'assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami, Nibras Breigheche, che ha spiegato cosa Gerusalemme rappresenti agli occhi di tutti i musulmani, da quelli che vivono in Italia a quelli che vivono in Estremo oriente.

Per noi Gerusalemme è stata la prima direzione nella quale rivolgerci durante la preghiera; poi dopo le persecuzioni subite, i musulmani si sono rivolti a Medina.
Ma Gerusalemme è sempre rimasta nel cuore.
Inoltre Gerusalemme è menzionata molte volte nel Corano. Anche Maometto compie un miracoloso viaggio notturno dalla Mecca a Gerusalemme e prega assieme ai profeti che lo hanno preceduto.

Poi da lì viene elevato al cielo dove riceverà l'ordine di pregare cinque volte al giorno, uno dei pilastri della pratica religiosa dell'Islam.
Gerusalemme è città di profeti e la città di Maria, a cui è dedicata un'intera Sura del Corano.
E la figura di Maria - così come quelle dei profeti - accomuna cristiani e musulmani. Ed ancora: Gerusalemme per i musulmani è importante sul piano artistico, in particolare per la moschea che sorge sulla spianata delle moschee, appunto, con la sua cupola dorata.

Infine, come ricordato da Breigheche, la città è importante sul piano politico e dei principi: quando cade in mani musulmane, il califfo Omar si impegnò (appunto con il 'patto di Omar, 637 d.C.) a rispettare i cristiani che la abitavano.
«Il documento - ha detto - rappresenta uno dei più importanti esempi di tolleranza, o meglio di riconoscimento di un'altra fede, in epoca medioevale.»
Insomma, i motivi per i quali la città è particolarmente sacra anche ai musulmani sono molti.

Padre Pietro Kaswalder vive a Gerusalemme da 31 anni.
«Nel titolo dato a questo incontro - ha detto - quel visto da Oriente è molto importante. Gerusalemme è metafora della vita, metafora dell'esperienza del credente. Abramo, il fondatore delle religioni monoteiste, viene da Oriente. E' un uomo in cammino, è un pellegrino alla ricerca di dio e dell'obbedienza a dio. Accoglie l'invito a lasciare la sua terra e ad andare.
«Dove? A Gerusalemme. Gerusalemme diventa un punto di arrivo. Abramo vive però nella terra promessa, Israele o la Palestina, non da padrone: come pellegrino e come forestiero. Tutto ciò contiene un insegnamento anche per l'oggi.
«E ancora: Gerusalemme è ambivalente, punto di arrivo e di partenza. Da un lato città al quale gli ebrei fanno ritorno, dopo l'esilio, ma non è lo stesso popolo d' Israele che era partito. Anche il percorso della fede è così: si torna da un viaggio, e si torna cambiati.»

Ma anche Gerusalemme, a sua volta, guarda all'Oriente, anche da Gerusalemme si vorrebbe partire, verso Est: dall'Oriente viene la luce, metafora della vita.
Il giardino dell'Eden è in Oriente. È dall'Oriente che Adamo ed Eva vengono cacciati.
L'Oriente rimane nell'uomo come miraggio, come luogo al qual tornare.

Ma se oggi Gerusalemme guarda a Oriente vede un pericolo, l'Iran.
E viceversa: chi guarda da Oriente a Gerusalemme vede il Sionismo, una realtà che fa paura.
Oggi, poi, Gerusalemme è meta di viaggio e punto di attrazione anche per chi non è legato ad Abramo, ovvero per l'ebreo, per il musulmano, per il cristiano.
Ad esempio per i popoli dell'Asia orientale. Solo turisti? Probabilmente no. Gerusalemme può essere un punto di richiamo anche per i non-abramitici.

Infine padre Dall'Oglio.
«Anche nel mio monastero vengono molti visitatori dall'Asia Orientale. Vengono ad esempio giovani cinesi; sono la generazione post-comunista, i genitori non hanno passato loro nessuna conoscenza profonda delle tradizioni spirituali della loro terra.
«Il Medio Oriente rappresenta per essi un polo, un punto verso il quale guardare. Presto ci sarà il Sinodo sul Medio Oriente, un evento molto importante. La questione Gerusalemme è al centro del dibattito. I cristiani si trovano in una situazione particolarmente difficile: sono legati ai luoghi, cittadini a pieno titolo di quei paesi, hanno vissuto 14 secoli assieme ai musulmani, grazie alla convivenza instaurata dal contratto di Omar, hanno fatto fronte comune contro gli imperi coloniali, contro l'Occidente imperialista e oggi neocolonialista.»

«Al tempo stesso i cristiani d'Oriente guardano all'Occidente - continua padre Dall'Oglio - come a un punto di riferimento fondamentale e agli occidentali come fratelli. Il sentimento profondo dei cristiani mediorientali è comunque di fare parte di una grande nazione araba.
«Gerusalemme è lo snodo fondamentale di questa contraddizione. Essa ha un valore enorme, al quale nessuno può rinunciare. Gli ebrei nella Gerusalemme bizantina non potevano entrare, e dalla Gerusalemme crociata sono stati cacciati.
«Sono rientrati per merito del musulmano conquistatore, del Saladino. La problematica di Gerusalemme non si risolve con la diplomazia dei compromessi, con la correttezza politica. Si risolve solo in un dialogo che però tenga conto dell'inossidabilità delle posizioni dei musulmani e degli ebrei. È solo a partire da qui che il miracolo può avvenire. Il mistero del dialogo è questo: in quello che sembra un tetto di piombo si aprono degli spiragli, delle possibilità.

«Riguardo al Sionismo - ha aggiunto, - il documento preparatorio del Sinodo dice che il Sionismo è una questione politica e che come tale non riguarda la religione. Spero che alla fine del Sinodo questa formulazione venga cambiata. Il Sionismo c'è. Ha una grandissima valenza, chi lo percepisce come un nemico deve comunque cercare di fare la pace con il nemico.
«Fra i musulmani i più radicalmente antisionisti sono quelli che assomigliano di più ai sionisti fondamentalisti. Il senso di impellenza, dell'arrivo della fine, è lo stesso. La sacralizzazione della terra è la stessa. L'atteggiamento nei confronti dei testi sacri è lo stesso. Proprio questo identico atteggiamento dovrebbe poter favorire qualche apertura.»

«Ma - ha concluso padre Dall'Oglio - serve anche un grande sforzo della comunità internazionale, della chiesa cattolica, di tutte le realtà che possono favorire la riconciliazione, perché i due contendenti da soli non sono in grado di uscire da questa situazione.»