La 75ª Mostra dei vini del Trentino e l’inutile appello all’unità
Il marketing non si fa con la democrazia, ma con le idee chiare e la capacità di portarle a termine
Due anni fa, nel pieno della grande
crisi, avevamo ammonito i maggiorenti del settore vitivinicolo che
era giunto il momento di rifondare l'intero settore.
«È nei momenti di crisi che si presenta l'opportunità di imboccare
una nuova strada - avevamo scritto, - perché è quando le aziende
sono in difficoltà che sono disposte a tutto pur di superare
l'impasse.»
E in due anni abbiamo assistito a molteplici tentativi, anche molto
titolati e autorevoli, ma alla fine abbiamo assistito alla conferma
che il Trentino è profondamente diviso in due categorie, gli
agricoltori e i vinicoli.
I primi vivono del frutto della terra, a volte anche molto piccola,
il più delle volte come seconda attività.
I secondi vivono della trasformazione dell'uva in vino.
La differenza è sostanziale, perché i primi concludono il proprio
lavoro con la consegna dell'uva alla cantina, mentre i secondi
vivono della qualità del proprio prodotto.
Gli esperti ci perdoneranno se vogliamo attribuire la prima
categoria alla cooperazione e la seconda ai vinicoli privati,
perché il problema di fondo sta tutto qua. Per grossolana che sia
questa dicotomia, la diaspora sta tutta qua.
Problema che poi si esaspera nel momento di sintesi, cioè quando si
decidono le politiche di vendita e di intervento. La cooperazione
infatti rappresenta l'80 percento dell'intera produzione vinicola
trentina ed è in grado di condizionare in restante 20 percento.
I tentativi di mettere insieme le due mentalità sono sempre
falliti. Anche ultimamente, il cosiddetto tavolo di regia del
vino si è fermato nella irrisolvibile discussione sulla
attribuzione delle poltrone del consiglio di amministrazione.
E così ci troviamo ancora una volta come i galletti di
Renzo, che si beccavano tra di loro mentre stavano per andare
in pentola.
Oggi alla 75ª Mostra dei vini del Trentino non c'erano alcuni dei
vignaioli, che per protesta hanno adottato la politica del gran
rifiuto. Politica sbagliata e che ricorda grandi precedenti
come quello dei deputati che avevano lasciato il parlamento:
Mussolini li aveva ringraziati e lasciati fuori.
In realtà, però, il problema non sta in questo Aventino,
ma nella spaccatura, perché non è servita neppure la grande crisi
per portare i nostri vinicoli a più miti consigli.
Quello che rimane da fare a questo punto è prendere decisioni
impopolari ma necessarie. Come Alessandro Magno, che aveva sciolto
il nodo gordiano tagliandolo di netto con la spada, chi
sta al vertice della nostra politica deve agire d propria
iniziativa.
Si deve stabilire scientificamente quale sia la strada giusta da
seguire, per poi imporla dall'alto. Punto.
Il marketing non si fa con la democrazia, ma con le idee chiare e
la capacità di portarle a termine.