Cresce l’«expat»: il grande esodo continua a colpire l’Italia?
Ben il 72% degli expat (giovani alla ricerca di nuove avventure lavorative) espatria per cercare un lavoro più redditizio e una maggiore stabilità politica ed economica
Nel 2018 circa 160mila italiani sono partiti lasciando il proprio Paese, il che tradotto in percentuale significa 3,1% in più del 2017, portando inevitabilmente un calo della popolazione in Italia.
Attualmente, secondo l’Istat, l’Italia conta approssimativamente 60 milioni e 391 mila abitanti (90 mila in meno rispetto allo scorso anno), di cui 55 milioni e 157 mila sono italiani (registrando un calo rispetto al 2018), mentre i restanti 5 milioni e 234 mila sono stranieri (un numero che rispetto al passato è cresciuto e che rappresenta l’8,7% della popolazione).
Ma chi sono esattamente gli expat? Sono semplicemente lupi solitari in cerca di nuove avventure e nuove sfide o c’è di più? Andando oltre l’apparenza, studi dimostrano che ben il 72% dei cosiddetti expat espatria per cercare un lavoro più redditizio e una maggiore stabilità politica ed economica.
È luogo comune pensare inoltre che la maggior parte di chi espatria provenga da città di provincia o comunque da piccole realtà. Un gran numero di expat invece proviene proprio da grandi centri come Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli.
La scelta della destinazione non è quasi mai a caso, bensì viene studiata ponendo una particolare attenzione al mercato del lavoro e all’economia locale.
Non stupisce perciò che i Paesi preferiti per la maggior parte degli italiani disposti a trasferirsi all’estero siano proprio la Germania e la Svizzera, entrambe caratterizzate da un forte tasso occupazionale, ma anche Regno Unito, Francia, Spagna e persino Svezia.
E se al primo posto tra i fattori prioritari da cercare nel nuovo paese c’è la possibilità di trovare un lavoro, subito a seguire c’è la consapevolezza di uno stipendio migliore che indubbiamente sarebbe di beneficio per la loro situazione economica: lo stipendio medio italiano infatti, si aggira a circa 1.400 euro al mese, contro quello medio inglese che raggiunge praticamente i 2.000 euro mensili.
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Ad andarsene sono giovani laureati, diplomati, famiglie con minorenni ma anche anziani. Numeri alla mano, circa il 56% degli expat ha un’età variabile che oscilla dai 18 ai 44 anni mentre solo il 19% sono minorenni.
Quest’ultimo dato in particolare offre informazioni circa l’espatrio di intere famiglie, mentre in generale la situazione sembra molto simile all’esodo del secondo dopoguerra, con la sola differenza che oggi il grado di istruzione di chi decide di partire e lasciare il Belpaese è superiore rispetto al passato.
Eppure, nonostante i lati positivi del partire per avere una vita economica stabile e dignitosa, non è tutto rose e fiori. Statistiche affermano infatti che non tutti gli italiani possono ritenersi soddisfatti.
Circa un terzo degli expat trova difficoltà ad integrarsi e di questa percentuale, l’11% è convinto che non riuscirà mai ad ambientarsi in modo tale da definire il Paese ospitante «casa».
Ad aggravare la situazione degli expat vi sono anche alcune ricerche circa il costo della vita per le quali il Paese ospitante talvolta non sembra proprio apparire come un’«isola felice».
Il costo di un appartamento in centro per metro quadro, ad esempio, mostra come a Londra i prezzi siano a dir poco proibitivi, attestandosi a 14,6 mila euro al m2, contro i 7,6 mila euro al m2 di un appartamento in centro a Roma.
Un dato che descrive chiaramente la grande difficoltà per un italiano espatriato nella capitale dell’Inghilterra di potersi permettere l’acquisto di una casa.
D’altra parte, almeno per i primi tempi, l’acquisto di una casa è un problema che gli expat tendono a non porsi, focalizzandosi di più sulla qualità della vita.
Continuando a prendere come esempio l’Inghilterra, gli expat spendono circa il 7,8% del loro stipendio mensile in bollette, mentre i residenti in Italia ne dedicano circa il 10,1%.