Il capellone appassionato di moto e animali: Giacomo Lucchetti

Intervista al Campione Italiano Grand Prix di motociclismo 250cc. – Di Nadia Clementi

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Un campione dall’animo buono che ha condiviso il lavoro con la sua grande passione per i più deboli, in particolare per gli animali, per cui è testimonial dell’E.N.P.A.
Campione d’Italia classe 250cc. Grand Prix 2010, 2013 e 2014, Giacomo Lucchetti da anni fa sognare i tifosi condividendo con loro vittorie e risultati di eccellenza e nel tempo è riuscito a conquistare l’affetto e il riconoscimento di tanti appassionati di motociclismo.
Aria da ragazzino (sarà per la capigliatura afro) e l’entusiasmo di chi vuole cominciare a vincere ed emergere nel giro di poco anche all'interno della classe Superbike.
Quest'anno il «capellone» pesarese ha praticamente dominato le piste, vincendo ben quattro delle cinque gare di Campionato Nazionale 250cc. Grand Prix.
Ma Giacomo Lucchetti non è solo un grande campione: è anche una persona dai molti interessi che ha saputo fare della sua grande passione motociclistica un modo per aiutare i più deboli.
Vegetariano da ben sedici anni, fin da piccolo è cresciuto coltivando una particolare sensibilità nei confronti del mondo animale.
Non può sopportare le ingiustizie e proprio per questo ha deciso di prendere parte a diverse campagne, tra cui quella contro l’abbandono degli animali che l’ha visto coinvolto assieme all'inviato di Striscia la Notizia, Edoardo Stoppa, alla realizzazione dello spot «Una frenata all'abbandono» andato in onda su tutte le reti Mediaset durante l'estate 2013.
 

 
Il logo dell’E.N.P.A. (Ente Nazionale Protezione Animali) è esposto con fierezza sulla sua moto e a fronte del suo personale impegno è stato insignito ad inizio 2013 della Medaglia di Rappresentanza da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Giacomo collabora anche ad importanti progetti sociali: è stato testimonial di MK Onlus per la prevenzione e cura delle malattie mortali nei bambini e del progetto Vip for People, organizzato da Key Events a sostegno della Fondazione Marco Simoncelli Onlus.
Lucchetti riesce ad affrontare le battaglie umanitarie con la stessa energia con la quale affronta gli avversari in pista: determinazione e passione non lo abbandonano mai, soprattutto se si tratta di motociclismo, alimentazione vegetariana e tutela degli animali.
Nelle stagioni televisive 2013 e 2014 si è reso tra l'altro protagonista, assieme al conduttore Roberto Parodi, della terza e della quarta edizione della fortunata trasmissione «Born to Ride», andata in onda su ITALIA 2 (Canale 35 del Digitale Terrestre).
 

 
La tua avventura con la moto è iniziata molto presto e, come spesso accade per questo sport, con le minimoto. Raccontaci come è nata questa passione.
«Provengo da una famiglia molto unita e devo molto ai miei genitori, in particolar al mio babbo incredibile, un ex pilota capace di costruirmi da solo la mia prima minimoto quando avevo solo cinque anni. E’ ben comprensibile come non sia stato difficile appassionarmi a questo mondo.
«Tutto è cominciato una sera d'estate del 1989, quando babbo e mamma mi portarono al circuito di minimoto di Cattolica. Da quel momento passammo anni meravigliosi in giro per l'Italia, nel corso dei quali conquistai cinque Titoli Italiani e cinque Titoli Regionali per un totale di settantadue vittorie.»
  
È stato difficile trovare sponsor agli inizi?
«Trovare finanziamenti è sempre difficile ma nel corso degli anni la mia forza è stata nel dimostrare alle persone ed alle aziende la più assoluta determinazione nel raggiungere risultati di prestigio, lavorando con la massima professionalità, rispetto e trasparenza.»
  
Vincere un Campionato Italiano deve essere un’emozione indescrivibile. Cosa hai provato la prima volta?
«Ogni volta ha un sapore diverso a seconda di come sono andate le cose nel corso della stagione.
«La vera costante rimane la soddisfazione di aver raggiunto un obiettivo a fronte della più assoluta dedizione lavorativa, degli infiniti sacrifici sostenuti e delle innumerevoli problematiche quotidiane risolte sempre a muso duro e a testa alta».
 
Molto spesso il pubblico non percepisce il motociclismo come sport di squadra, spiegaci quanto è importante il lavoro di un team per un pilota.
«Le persone che sono attorno a te in questo ambiente costituiscono (nel modo più assoluto) il vero segreto per il successo finale.
«Da ormai otto anni collaboro con il mio attuale capotecnico, un luminare della meccanica, con il quale mi confronto quotidianamente in maniera molto diretta e spesso brusca.
«Tutto ciò perché tra di noi c'è un rapporto basato sulla sincerità ed il rispetto per il proprio lavoro.
Grazie alla sua infinita esperienza e capacità professionale sono riuscito a raggiungere obiettivi davvero importanti sia dal punto di vista sportivo che personale. Posso dire che è come un fratello per me.»
 


Un pilota non è completo senza il suo mezzo, nel tuo caso un'Aprilia, e spesso viene vissuto e trattato come una persona reale; raccontaci qualcosa della tua moto.
«Lei è davvero SPECIALE. La 250cc GP nasce esclusivamente per le corse e non per andare a fare il giretto domenicale con la morosa.
«La tipologia del suo propulsore è a due tempi, dunque rappresenta la tipologia di moto più formativa per un pilota in quanto priva di elettronica. La definirei scorbutica, nervosa e spietata ogni volta che ti concedi una distrazione.
«Ma è anche infinitamente generosa e donatrice di sensazioni uniche. Emozioni che solamente una moto a due tempi riesce a trasmetterti.»
 
Esperienza e audacia, la moto è spesso un equilibrio tra questi due modi di vivere lo sport. Quale elemento trovi essere vincente nello stile di un pilota?
«Come in tutti gli sport, anche (e soprattutto) nel motociclismo deve esistere una solida base di umiltà e spirito di sacrificio. Ho attraversato momenti difficilissimi, spesso dovendo rinunciare alla mia passione (e ragione di vita) a causa di mancanza di budget, ma tutto ciò mi ha insegnato molto, formandomi profondamente non solo come sportivo. Insegnamenti di cui faccio tesoro durante ogni ora della mia giornata.»

Come sei diventato testimonial E.N.P.A.?
«Siccome sono un animalista convinto, qualche anno fa ho deciso di trasmettere agli altri questo amore attraverso il mio lavoro.
«Tutto è cominciato con l’esposizione di un logo importantissimo come quello di LAV - Lega Anti Vivisezione - la quale segue criteri molto rigidi e concreti. Purtroppo a causa di un regolamento federale che impone ai piloti l’utilizzo di tute in pelle, non è stato possibile continuare questa collaborazione.
«In seguito l’E.N.P.A (Ente Nazionale Protezione Animali) ha accolto comunque di buon grado la mia proposta. Abbiamo iniziato dapprima una collaborazione ufficiosa che poi è stata ufficializzata il 18 dicembre 2012 presso la sede della Regione Lombardia in presenza di Carla Rocchi, il Presidente Nazionale e di Marco Bravi, Responsabile Nazionale E.N.P.A.»
  


Hai 5 gatte!?
«Sì, le ho trovate tutte per strada. Ogni volta io e i miei dicevamo la prendiamo, la curiamo e poi le cerchiamo una casa e invece sono rimaste tutte con noi!
«Ho imparato tantissimo guardando le mie gatte e le dinamiche che si sono create nel branco: una gerarchia e un ordine di vita da cui noi dovremmo solo imparare perché siamo molto indietro dal punto di vista etico e gestionale. Loro con una zampata e un'occhiata risolvono tutto. Alcune hanno subito maltrattamenti e sono rimaste molto diffidenti.
«Matilde, in particolare, l'ho trovata che era piccolina, l'ho inseguita fin sopra ad un albero e, dopo aver ricevuto molti graffi sulle braccia, son riuscito a trarla in salvo. L'ho portata dal veterinario, dove ho scoperto che aveva un terzo della coda carbonizzata: le avevano dato fuoco e lei, per spegnere le fiamme, si era bruciata il muso. Come non capire la sua arrabbiatura.»

Sei vegetariano dal 1998. Oggi sempre più persone abbracciano questo stile di vita: moda oppure animalismo?
«È una questione per lo più narcisista. Credo che la maggior parte delle persone si avvicini al mondo vegano più per l'aspetto salutistico, in fondo convinte che così diventeranno più belle.
«Penso che inizialmente pochi siano a conoscenza dei maltrattamenti e delle torture operate negli allevamenti intensivi, tuttavia si diviene ogni giorno più consapevoli proprio grazie alla cultura vegana o vegetariana. Una scelta estremamente importante sia dal punto di vista sociale che etico. Dunque, ben venga qualsiasi tipo di vegetariano!»


 
È faticoso per te rinunciare alla carne?
«È stato un sacrificio relativo. Quando ho deciso di non mangiare più carne non ci credevo neppure io. Ma era determinato così, dal giorno dopo non ho più toccato neppure una fetta di prosciutto! E la mia scelta non poteva che far disperare la mia nonna, una donna semplicemente eccezionale.
«I miei genitori hanno sempre lavorato e quindi mi ha cresciuto lei, che per me è stata come una seconda mamma. Da piccolo per merenda mi preparava addirittura i cappelletti con il brodo fatti al momento con le sue mani!!! Così, quando sono diventato vegetariano, era avvilita non tanto perché pensasse che i suoi manicaretti non mi piacessero più, quanto perché temeva che sarei morto di fame o che mi sarei ammalato.»
 
Progetti per il futuro?
«Assieme al mio staff sto lavorando al mio definitivo passaggio alla classe Superbike. Il programma prevedrà la mia partecipazione al Campionato Italiano Velocità e a due Wild Card nel Campionato del Mondo Superbike
 
Nadia Clementi - [email protected] 
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