Pierluigi Ridolfi, «Rinascimento a tavola» – Di Daniela Larentis
Il volume, edito da Donzelli, parla della cucina e del banchetto nelle corti italiane, dagli Estensi ai Gonzaga, dagli Sforza agli Aragonesi
Sandro Botticelli, Il banchetto nel bosco, Madrid - Museo del Prado.
Ci stiamo avvicinando al Natale e anche se verrà vissuto quest’anno in maniera più sobria rispetto agli anni scorsi, viste le misure prese per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-2019, sarà comunque bello festeggiarlo in maniera speciale, preparando qualche piatto particolare e magari trovando il tempo per dedicarsi a qualche buona lettura.
Il cibo è sempre stato il protagonista delle feste natalizie, del cenone della Vigilia o del pranzo di Natale, momenti fra i più attesi di tutto l’anno in cui le famiglie di uniscono attorno alla tavola imbandita, condividendo ricordi e sapori.
Saper stare a tavola è un’arte, nel passato ha raggiunto vette straordinarie in particolare nel Rinascimento, un’epoca in cui il banchetto esprimeva molto più che un semplice mangiare bene insieme.
Il libro di Pierluigi Ridolfi intitolato «Rinascimento a tavola – La cucina e il banchetto nelle corti italiane» (Donzelli Editore, 2015) racconta di sontuosi banchetti organizzati per famosi papi, imperatori, nobili; narra di cuochi come Bartolomeo Scappi e personaggi celebri come Cristoforo di Messisbugo e tanti altri, introducendo il lettore alle tradizioni culinarie e agli usi conviviali del tempo, parla dei banchetti a tema, come quelli di sole uova, e di pranzi composti da decine di portate.
Il libro «Rinascimento a tavola».
Il banchetto era a quei tempi un vero e proprio spettacolo rappresentato nelle splendide sale dei palazzi, dove i cuochi brulicavano dentro le cucine, insieme a numerosi aiutanti e personaggi affascinanti.
Pierluigi Ridolfi, nato a Ferrara nel 1934, ingegnere e professore all’Università di Bologna, è stato tra i protagonisti dell’informatica italiana. Dal 1960 al 1993 in Ibm Italia, è stato direttore centrale della Ricerca; successivamente ha svolto un’intensa attività di consulenza tecnologica per alcuni organi governativi.
È presidente dell’Associazione Amici dell’Accademia dei Lincei. Da sempre cultore della buona cucina e appassionato di storia della gastronomia, ha raccolto per la prima volta in questo libro il frutto delle sue ricerche sull’argomento.
«Rinascimento a tavola», impreziosito da un ricco apparato iconografico che illustra personaggi, luoghi, ambienti, oggetti relativi a ciò che viene raccontato nei vari capitoli, è suddiviso in tre sezioni: nella prima parte vengono descritti i fasti gastronomici di alcune fra le più importanti dinastie del Rinascimento; la seconda presenta delle schede di approfondimento su argomenti particolari, ad esempio alcune ricette caratteristiche, la cucina ebraica dell’epoca e quant’altro; nella terza vengono riportati in forma integrale e fedele all’originale alcuni testi già citati in sintesi nella prima parte.
Racconta l’autore che a metà del Cinquecento, le principali corti facevano a gara nell’organizzare banchetti e feste, a dircelo sono le descrizioni pervenute nei libri dell’epoca, le cronache locali nonché le relazioni degli ambasciatori, complete di lunghi elenchi di cibarie servite, di annotazioni su musiche, giochi, comportamenti dei commensali.
Lo scopo di tali banchetti era infatti quello di mostrare la potenza e la ricchezza della signoria.
Leggiamo a tale proposito: «In queste occasioni il signore (principe, duca, conte o marchese) poteva sfoggiare la sua familiarità con personaggi notissimi, le «star» dell’epoca: lo stesso Leonardo a Milano si cimentò nell’invenzione di scenografie meccaniche per abbellire gli spettacoli degli Sforza e l’Ariosto a Ferrara fece rappresentare la prima di una sua commedia in attesa che venissero apparecchiati i tavoli per una grande cena.
La responsabilità delle feste e dei banchetti era affidata a tre personaggi chiave, ciascuno con una ben precisa responsabilità: lo «scalco», il «cuoco» e il «trinciante»; un gradino sotto ce ne era un quarto, il «bottigliere».
In alcuni banchetti vengono menzionati anche altri personaggi, come il «credenziere», che si affiancava allo scalco nell’apparecchiare la tavola, lo «spenditore», responsabile degli acquisti, il «computista», che teneva i conti […].»
Lo scalco era una delle figure più importanti, era lui il regista della festa, curava la scenografia, i giochi, le musiche.
Spiega l’autore: «Il nome deriva dal latino scalcus, che significa servitore, ma il termine non deve trarre in inganno: lo scalco non era affatto un servitore, anche se di rango elevato, ma un cortigiano, cioè un membro della corte, un gentiluomo per nascita o per meriti speciali. Lo scalco più celebre di quei tempi fu Cristoforo di Messisbugo, che operò presso la corte estense nella prima metà del Cinquecento: a lui si deve il celebre trattato Banchetti, compositione di vivande et apparecchio generale del 1549, con un gran numero di ricette e la descrizione di ricchi banchetti.»
Il cuoco restava in cucina con i suoi numerosi aiutanti, suo era il compito di eseguire menù che predisponeva in collaborazione con lo scalco.
Annibale Carracci, Mangiafagioli, 1584-85 - Roma, Galleria Colonna.
Famoso fu Bartolomeo Scappi, autore di una celebre raccolta di ricette, «Opera», editato per la prima volta nel 1570.
Viene evidenziato nel volume di Pierluigi Ridolfi ciò che è scritto all’inizio del monumentale trattato di cucina, ossia le qualità che secondo Scappi deve avere un bravo cuoco.
A tal proposito sottolinea l’autore: «È interessante constatare, così come abbiamo fatto a proposito della figura dello scalco, l’importanza attribuita alle doti morali e al comportamento che devono tenere queste figure; il pericolo più frequente per il cuoco, interpretando le raccomandazioni dello Scappi, pare essere quello di perdere le staffe e di andare fuori dalle righe […].»
Il trinciante aveva invece il compito di tagliare le carni per il piatto del signore e degli ospiti illustri. Era abilissimo nel saper selezionare il pollame, era addetto al taglio non solo delle carni ma anche di altri cibi.
Scrive Ridolfi a proposito del trinciante: «Vestiva con grande decoro e si allenava continuamente per il perfetto successo del taglio che costituiva esso stesso un componente della festa.
«Faceva parte dello spettacolo la cerimonia dell’affilatura del coltello che il trinciante eseguiva in pubblico con suprema abilità e con appositi attrezzi che portava sempre con sé: una vera arte […].»
Una curiosità attira la nostra attenzione, riguardo a come mangiavano gli artisti.
Leggiamo a pag. 82: «Le abitudini alimentari del popolo, al quale per lo più appartenevano, erano in gran parte condivise anche dalla categoria degli artisti. Nel Cinquecento infatti l’artista - musico, attore, poeta, pittore - era costretto, tranne pochi casi, a una vita dura. Se figurava tra gli stipendiati di una corte, godeva di una paga modesta ma non aveva il problema dell’alloggio e del vitto, perché risiedeva a palazzo e mangiava gratis, di solito alla tavola della servitù, raramente a quella ricca del principe.
«Lo stesso Tasso, pur essendo famoso e stipendiato dagli Estensi, dovette battagliare per esservi ammesso: non era solo una questione di prestigio, ma anche di qualità e quantità di cibo.
«Se invece l’artista non era stipendiato, doveva fare affidamento sulle entrate saltuarie derivanti dalla sua professione, il che significava alternanza di periodi di relativo benessere con altri di ristrettezze. In quest’ultima categoria figurano alcuni dei maggiori artisti del Cinquecento, come Leonardo, Michelangelo, Caravaggio, i quali ebbero modo di diventare ricchi grazie alla munificenza dei signori e degli uomini di Chiesa che avevano commissionato le loro opere […].»
A proposito di Leonardo, l’autore racconta che delle sue abitudini alimentari si sa pochissimo, ma che qualche decennio fa circolava l’opinione che fosse vegetariano o addirittura vegano, ma non ci sono prove che possano confermare quest’ipotesi.
Dice inoltre che recenti indagini evidenzierebbero che nelle carte dei suoi codici, fra le fittissime note riportate, ve ne sarebbero alcune riguardanti liste della spesa. Su alcune di queste comparirebbero anche carne e uova.
Daniela Larentis – [email protected]