Storie di donne, letteratura di genere/ 136 – Di Luciana Grillo

Carmen Boullosa, «Cucinati un uomo» – È un’opera teatrale in cui l’autrice lascia affiorare il peso indelebile della cultura, dando finalmente voce alle donne

Titolo: Cucinati un uomo
Autrice: Boullosa Carmen
 
Traduzione: Brigidina Gentile
Editore: Arcoiris 2015 (collana Hispánica)
 
Pagine: 96, rilegato
Prezzo di copertina: € 10
 
Carmen Boullosa, forse poco nota in Italia, nata in Messico e residente negli USA, ha scritto romanzi, racconti, poesie, testi teatrali ricevendo premi prestigiosi ed un generale apprezzamento da critica e lettori. In Italia ha pubblicato con Feltrinelli, Vallecchi ed altre case editrici.
La curatrice e traduttrice Brigidina Gentile, prima di pensare alla pubblicazione in italiano del testo di cui oggi si scrive, ha chiesto all’autrice una scheda biobibliografica; e noi possiamo conoscere Carmen Boullosa come scrittrice attraverso le sue parole: «Mia nonna… sfaccendava, cucinava o tesseva, e mentre svolgeva queste attività parlava di nascosto. Ordiva e al tempo stesso rivelava. Da lei ho imparato il mestiere di narratrice.»
Ora, questo breve testo teatrale, dal titolo piuttosto minaccioso, è in realtà un’analisi impietosa sulla solitudine delle donne, che devono in qualche modo cercare di rimanere isolate, lontane affettivamente dagli uomini, i quali «finiscono sempre per ucciderci i sogni.
Anche la maternità è una scelta difficile per le donne, il cui corpo è spesso soggetto a decisioni altrui, a ruoli sociali imposti e probabilmente non voluti.
 
La storia inizia con lo strano risveglio di due donne, in un appartamento privo di porte. Si erano addormentate bambine, avevano dieci anni, e si risvegliano che di anni ne hanno ventitré, sono adulte, iniziate alla vita sessuale.
Si raccontano con qualche imbarazzo cosa hanno sognato, appare un’auto rossa ed una delle due si ritrova nel corpo di sua madre, mentre uomini «ti acchiappano come se fossi un cane rabbioso, e ti portano via chissà dove…».
Tutto è cambiato per le due ex bambine, il loro corpo, il loro odore, le unghie; e non hanno ricordi, o - se li hanno - «a cosa mi serve ricordare se non posso tornare?»
Qui affiorano le problematiche riguardanti i rapporti familiari: ad altre è stato possibile tornare a casa, perché «i loro genitori e i loro fratelli non hanno mai smesso di chiamarle, di ripetere il loro nome, dal momento in cui le hanno viste perdersi nell’oscurità, e questo le ha fatte tornare».
 
Ufe e Wine parlano continuamente per sbrogliare la matassa in cui sono avviluppate, la prima dice: «Me ne voglio andare, Wine, andarmene oggi, fuggire, perché non voglio stare qui per sempre, dormendo da sola oppure sveglia nella festa, voglio essere come sognavo da bambina, avere dei figli, un amore, una casa», spera di riappropriarsi della sua vita, mentre Wine, che ha capito cosa accadrà e come sarà “usata”, le risponde, dopo averla derisa e chiamata “bigotta”: «Sono sicura che oggi la festa ti piacerà… andrai nei letti degli uomini per seminare il desiderio e sarai infinitamente orgogliosa di essere quello che sei…»
 
A Ufe che vorrebbe un figlio, Wine parla di «responsabilità, formazione, cura, sensi di colpa…il peggior potere che quelli che crescono esercitano su coloro che li educano…», finché Ufe – drammaticamente convinta di un ruolo ineluttabile – prorompe come in un urlo: «…e tu, amore, vattene, porta via con te l’affetto, la fiducia, l’odio, lo zampillo che riempie l’aria di sentimenti, portateli via, vattene via… e la gelosia, la compassione, la tenerezza, l’invidia, che vadano via, via: finalmente potrò essere ciò che la notte impone: oh, non ricordo già più nulla!»
 
Cucinati un uomo è un’opera teatrale in cui l’autrice lascia affiorare il peso indelebile della cultura, dando finalmente voce alle donne «che portano sulla scena il loro immaginario, le loro necessità, i loro desideri, incluso le loro tragedie, in definitiva i segni dell’identità di tutto quello che a loro è stato rubato».
 
Luciana Grillo – [email protected]
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