Non gettare i tuoi sogni alle ortiche! – Di Daniela Larentis
«Se saper cogliere la bellezza del presente è cosa saggia, riuscire a coltivare speranza e sogni è direi vitale»
Un atteggiamento comune a molte persone è quello di trascorrere l’esistenza crogiolandosi nel ricordo di un passato che non c’è più e nutrendo aspettative per un futuro ancora da vivere.
In questo modo il presente perde valore, diviene un ponte fra ciò che è stato e ciò che potrà essere, una sorta di «tempo dimezzato».
Credere che ogni attimo di vita regali a ciascuno un’opportunità non è fantascienza, perché anche il dispiacere più grande racchiude in sé la bellezza del mistero profondo della vita.
Taluni vivono nel passato perché non hanno il coraggio di pensare al presente. Sono stanchi di combattere, demotivati, abbattuti dagli eventi, delusi dalle persone, disincantati. Demotivati.
Vorrebbero indietro la vita che hanno avuto o qualcosa di diverso da ciò che stanno vivendo.
Non si riconoscono in un contesto che sentono estraneo, rimpiangono le emozioni provate, convinti di non poterle vivere mai più.
Altri si proiettano freneticamente verso un qualcosa che non è ancora accaduto, convogliano verso il futuro tutti i loro pensieri, dimenticandosi, nella foga, spesso di vivere.
Blaise Pascal, il famoso matematico, fisico, filosofo e teologo francese del Seicento, così scrisse a tal proposito (a pag. 57 del libro «Il classici del pensiero libero» – Blaise Pascal – Pensieri – RCS Libri – con prefazione di Vittorio Messori):
«Noi non ci atteniamo mai al tempo presente. Anticipiamo il futuro come troppo lento a venire, come per affrettarne il corso; oppure ricordiamo il passato per fermarlo come troppo rapido; così imprudenti, che erriamo nei tempi che non sono nostri, e non pensiamo affatto al solo che ci appartiene, e così vani, che riflettiamo su quelli che non son più nulla, e fuggiamo senza riflettere quello solo che esiste.
«Il fatto è che il presente , di solito, ci ferisce. Lo dissimuliamo alla nostra vista perché ci affligge; se invece per noi è piacevole, rimpiangiamo di vederlo fuggire. Tentiamo di sostenerlo per mezzo dell’avvenire, e ci preoccupiamo di disporre le cose che non sono in nostro potere, per un tempo al quale non siamo affatto sicuri di arrivare.
«Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre tutti occupati dal passato e dal futuro. Il presente non è mai il nostro fine: il passato e il presente sono i nostri mezzi, solamente il futuro è il nostro fine. In questo modo non viviamo mai, ma speriamo di vivere; e, disponendoci sempre a essere felici, è inevitabile che non lo siamo mai.»
Se saper cogliere la bellezza del presente è cosa saggia, riuscire a coltivare speranza e sogni è a mio avviso vitale, tuttavia.
«Don’t stop thinking about tomorrow» (Non smettete di pensare al domani) recitava la canzone dei Fleetwod Mac, il famoso gruppo rock anglo-americano, «se ti svegli e non hai voglia di sorridere/ se ci vuole un po’ di tempo/ apri gli occhi e guarda il nuovo giorno/ vedrai le cose in modo diverso».
Emozionarsi di fronte alla vita è un’esperienza primordiale. Pensiamo ai bambini, a come loro sappiano fin dalla tenera età apprezzare la bellezza del momento.
Prima di imparare a camminare non sanno cosa sia il tempo. Vivono la suggestione dell’attimo, cogliendo l’intensità dell’istante.
Dovremmo imparare dai bambini, almeno questo.
Dovremmo ritornare a essere i bambini che siamo stati in un tempo ormai remoto, dovremmo ritornare a sperare.
Dovremmo continuare a credere nei sogni, perché i sogni, lucide proiezioni dei nostri desideri, sono il motore della vita.
Della nostra vita.
Sognare è salutare. Lo si può fare a qualunque età e in qualunque posto. I cuori dove alberga la speranza sono sempre intrisi di sogni. Essi non sono tutti uguali, ve ne sono di grandi e di piccoli, qualcuno apparentemente impossibile da avverarsi, quello che conta è comunque crederci davvero. Volere è potere.
Provare a concretizzarli, passo dopo passo (armandosi di pazienza e di costanza), ricordando che anche l’oceano più vasto è formato da singole gocce.
La realizzazione di qualunque sogno, infatti, parte da una piccola azione a cui ne seguono altre, molte altre, perché esso è anche «costruzione» e richiede una gran dose di determinazione e di coraggio (il coraggio di accettare, qualora non si riuscisse a raggiungerlo, la sconfitta).
Il sogno è un pensiero che diventa azione. È emozione.
Per quanto riguarda l’insuccesso, a cui ho appena accennato, purtroppo v’è da dire che viviamo in una società dove non si è troppo abituati ad accettarlo. Per niente.
Quando ci capita addosso lo si tratta a stregua di una calamità naturale, un terremoto o un’alluvione. Una catastrofe, insomma. In realtà non è una tragedia, vivere una batosta fa parte della vita.
Alle volte si vince, alle volte si perde, ciò che conta è averci almeno provato.
L’importante è non gettare alle ortiche i propri sogni. Il tragitto che ci conduce al compimento del sogno è spesso più gratificante del suo raggiungimento (quest’ultimo dura un attimo, giusto il momento di ripartire verso altre mete).
Perché l’uomo non si accontenta mai. Alle volte si dovrebbe farlo, però. Ci si dovrebbe fermare ad assaporare ciò che abbiamo raggiunto, dando valore alle nostre conquiste, rendendoci consapevoli dell’importanza di ciò che abbiamo, apprezzandolo, e di ciò che siamo, accettandoci.
«Rimanendo comunque dei sognatori che prima o poi ripartiranno di nuovo, alla ricerca di un nuovo sogno da afferrare.»
«…You may say I’m a dreamer/ But I’m not the only one/ I hope someday you’ll join us/ And the world will live as one…» cantava John Lennon in Imagine, ossia «Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono l’unico, Spero che ti unirai anche tu un giorno, e che il mondo allora diverrà una cosa sola».
Daniela Larentis