Aggiornamento crisi Enrica Lexia/ 2 – Di Guido de Mozzi

Una crisi internazionale gestita dai tecnici e non dai politici. Un bene o un male?

Questa è la nota che la Farnesina ha fatto pervenire alle redazioni sulla vicenda della nave Enrica Lexia che ha messo in crisi i rapporti tra Italia e India, dopo che è stato annunciato l'arresto dei nostri due militari.

Su indicazione del Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, il Segretario Generale della Farnesina, Giampiero Massolo, ha espresso oggi all’Incaricato d’Affari indiano a Roma Saurabh Kumar la vivissima preoccupazione del Governo italiano per la decisione del tribunale di Kollam di trasferire il Maresciallo Massimiliano Latorre e il Sergente Salvatore Girone in custodia giudiziaria nel carcere di Trivandrum con effetto immediato.
 
Nel definire inaccettabili tali misure in considerazione dello status dei nostri due militari e nel sottolineare l’estrema sensibilità della questione per le Autorità italiane, per le famiglie e per l’opinione pubblica e parlamentare italiana, l’Ambasciatore Massolo ha ribadito la ferma richiesta che ogni sforzo venga fatto per reperire prontamente per i nostri militari strutture e condizioni di permanenza idonee.

Nell’articolo di Antonio De Felice abbiamo fatto il quadro della situazione (vedi articolo), qui vogliamo esprimere le nostre considerazioni.
 
Anzitutto non può sfuggire come a dirigere i fili della crisi siano due tecnici e non due politici. Il Ministo degli Esteri e il Ministro della Difesa infatti provengono agli alti ranghi dei rispettivi dicasteri e non da iter parlamentari.
I quali nutrono la nostra massima stima, sia ben chiaro, ma siamo anche del parere che dovrebbe essere il Paese e non le strutture del Paese a prendere decisioni che potrebbero coinvolgere il sistema dei rapporti internazionali.
La preoccupazione infatti è che essendo tecnici (e quindi per definizione esecutori di decisioni solitamente prese dalla politica), potrebbero trovarsi in situazione di imbarazzo sia nei confronti del paese Italia che delle proprie Strutture.
Di fronte a decisioni importanti da prendere, neanche Monti è abbastanza titolato. Quindi si pensa che il referente finale possa essere il Presidente della Repubblica.
 
Nella faccenda peraltro c’è di mezzo un funzionario di cui abbiamo la massima stima, Staffan De Mistura. Lo vediamo nella foto esclusiva che lo ritrae a Herat insieme al colonnello Pierluigi Scaratti che gli consegna il libro sul 150esimo compleanno del 2° Reggimento Genio Alpini di stanza a Trento.
Le precedenti cariche di De Mistura presso l'ONU includono quella di vice Rappresentante Speciale in Iraq e direttore del centro informazioni ONU a Roma. Il suo lavoro lo ha portato in molti dei luoghi più problematici e instabili del mondo tra cui appunto l'Afghanistan, ma anche Iraq, Libano, Rwanda, Somalia, Sudan ed ex Jugoslavia.
Nominato sottosegretario agli esteri del Ministero Monti, gli sono state affidate le deleghe ai paesi Africani, finché non è scoppiata la crisi della nave italiana in India. A quel punto è stato inviato a seguire di persona l’evolversi della situazione.
 
Situazione che sembra comunque proseguire secondo dei binari che non promettono nulla di buono.
Al di là della personale benevolenza dimostrata nei confronti di de Mistura, grazie al quale i nostri marines vengono trattati con i guanti, la nostra impressione è che la magistratura indiana sia obbligata a procedere a senso unico.
L’opinione pubblica di quel Paese è stata caricata oltre misura per evidenti motivi elettorali e, di fronte a questi interessi, ci pare difficile immaginare che la magistratura indiana sia così indipendente come lo è nei paesi occidentali.
La domanda che poniamo al nostro sottosegretario De Mistura è che cosa faremmo nella malaugurata ipotesi di veder calpestati i diritti oggettivi della difesa dei nostri marò.
 
L'altra considerazione riguarda un po’ l’intera situazione sulla sicurezza internazionale nel suo insieme.
Premesso che le nostre navi vanno assolutamente protette da qualsiasi attacco, ci domandiamo con quale stato d’animo si muoveranno gli altri militari italiani che si trovano in servizio analogo a quello dei due sottufficiali arrestati a Kollam.
Non sfugge a nessuno che se fosse capitato a dei marines americani, una portaerei sarebbe da tempo al largo delle coste indiane.
Ma vogliamo dire di più. Se fossero stati americani, non sarebbero mai rientrati nel porto di Kollam. Sarebbero già casa con le proprie famiglie e la magistratura militare starebbe svolgendo una normale inchiesta sui fatti accaduti.
 
Noi non siamo americani, ma vogliamo proprio vedere che cosa siamo.
Lo sapremo, forse, al termine di questa sfortunata vicenda.
 
Guido de Mozzi
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