Balter: «Puntiamo al marchio dei Vini del Trentino Alto Adige»
Quella del presidente dei vignaioli trentini non è una provocazione, ma una proposta vera e propria
Il presidente dei vignaioli
trentini, Nicola Balter (nella foto, al
centro), ha tenuto oggi una conferenza stampa per
esprimere, in premessa, il senso di disagio dei suoi associati alla
luce di quanto sta accadendo in quel settore del vino che fa
riferimento alla cooperazione trentina.
Balter non ha nascosto di riferirsi alla Cantina LaVis, le cui
cifre sono al di fuori della portata di qualsiasi altra azienda
agricola.
Si è chiesto a quanto ammontino i debiti delle cantine sociali nel
loro insieme, anche se la domanda è retorica, dato che sappiamo che
si aggirano sui 250 milioni di euro.
Di questi, precisiamo noi, un'ottantina sono a carico della cantina
LaVis, ma va anche precisato che a fronte di questi debiti la
cooperativa espone a bilancio altrettanti asset aziendali, che
vanno dalle tenute agricole (anche fuori provincia) a linee di
imbottigliamento e ad altre pertinenze di grande valore.
In altre parole, il bilancio di LaVis regge proprio perché a fronte
dei debiti (in dare) ci sono le immobilizzazioni materiali (in
avere).
Il problema della discussa cantina sta nel fatto che in questo
momento di contrazione dei mercati si assottigliano le
disponibilità per far fronte alle necessità di cassa e di
banca.
Anzi, per evitare posizioni di sofferenza, la cantina ha dovuto
ridurre le liquidazioni dei soci.
«Ci sono due mondi diversi che stanno remando in direzioni diverse.
- Ha detto Balter, a conclusione della premessa. - Da una parte ci
sono le aziende agricole, il cui unico scopo è quello di fare il
vino migliore possibile, e dall'altra gli agricoltori che valutano
solo il prezzo dell'uva che vendono.»
Quindi l'affondo.
«Non è così che vogliamo andare avanti. Noi aziende agricole non
abbiamo problemi finanziari - ha ricordato. - Noi vogliamo che
l'immagine del vino trentino sia come quello dell'Alto Adige. Anche
lassù ci sono aziende agricole e cantine sociali, ma anche queste
ultime sono la pura e semplice espressione del loro territorio.
L'immagine del vino altoatesino è elevato, da qualsiasi azienda
provenga.»
Anche in questo casi, inevitabile il rapporto con LaVis.
«Perché mescolare la Val di Cembra con le colline di Lavis? - Si
domanda. - Che senso ha avere delle dimensioni che non hanno nulla
a che fare con ogni singola estrazione? Perché sono andare ad
acquistare grandi tenute fuori dal trentino?»
In realtà, l'Alto Adige produce la metà del vino prodotto in
Trentino, per cui le problematiche sono diverse. Ma il disagio è
comprensibile.
Ed è davvero illuminante il cartello che si legge sulla Statale del
Brennero all'altezza dei Murazzi: «Vigneto in vendita».
Non è uno scherzo, anche se solo un pio d'anni fa non sarebbe stato
possibile comperare neanche mille metri di vigneto.
Poi, la proposta. Provocatoria, ma realistica.
«Noi chiediamo che, al di là delle problematiche da risolvere per
il bene di tutti, si prenda in considerazione la terza via.
Cerchiamo di cerare insieme il marchio del Vino del Trentino Alto
Adige.»
Inevitabili le battute dei giornalisti, ma Balter non è mai stato
così serio e credibile.
«Magari non ci riusciremo, ma provate a pensarci. Anche se a
livello politico le cose stanno diversamente, geograficamente si
parla di Trentino Alto Adige, non di Trentino e Alto Adige. Già
adesso la gente tende a confondere le due aree e, se è un bene per
noi, non lo è per l'Alto Adige che, come abbiamo visto sta
soffrendo della nostra curiosa realtà vinicola.»
In effetti, non è male l'idea di un terzo marchio, quello che
consente di riconoscere a determinati vini il compendio di due
filtri, quello trentino e quello altoatesino.
Non abbiano idea di quale possa essere la via da imboccare per
arrivare a realizzare questo sogno.
Ma Nicola Balter ha fiducia nelle istituzioni autonomistiche.
«La decisione della Provincia di commissariale la cantina LaVis e,
soprattutto, l'aver individuato nell'istituto San Michele il
soggetto giusto per attivare il tavolo per affrontare la crisi del
vino, ci fa pensare che il presidente Dellai sia davvero super
partes e guardi al bene di tutti e non alle singole
problematiche.»
Che poi la Provincia salvi la cantina LaVis come ha fatto con il
caseificio di Fiavé, cioè acquistando gli asset per poi ridarli in
affitto alla stessa, tanto meglio per tutti. Sia per i dipendenti
della cantina e per gli agricoltori che non se la sentono di fare i
vignaioli a tempo pieno.