Emergenza in Africa orientale: la solidarietà del Trentino

Dall'acqua al cibo alla lotta contro la deforestazione

L'assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami (foto) ha presentato stamani in Giunta i progetti sostenuti dal Trentino - con le sue associazioni e i missionari presenti nell'area - in Africa Orientale, colpita dalla peggiore siccità degli ultimi 60 anni.
La situazione di «emergenza siccità» si era già manifestata l'anno scorso, per il perdurare dei fenomeni legati al cambiamento climatico ed all'avanzamento della desertificazione.

L'agricoltura di questi Paesi è fortemente legata alla stagione delle piogge e la mancanza di raccolti mette a rischio la sopravvivenza delle comunità locali.
A tutto ciò si affianca il problema della deforestazione
Nel Corno d'Africa questi fenomeni sono aggravati da situazioni di grave instabilità politica.

Per far fronte a questa emergenza la Provincia autonoma di Trento ha avviato nel 2010 il Bando «Verso una Provincia ad Emissioni Zero» per finanziare progetti di riforestazione e di lotta alla deforestazione, che hanno una valenza, sia ambientale che di sostegno delle comunità che abitano le aree interessate.

Dei progetti finanziati con questo Bando uno si sta realizzano proprio in Somalia (riforestazione su terreni salati) e uno in Kenya (riforestazione e gestione comunitaria delle foreste).

Inoltre proprio per rispondere alla emergenza carestia in Somalia e per sopperire alla mancanza di invio di aiuti alimentari da parte delle organizzazioni internazionali nel Sud della Somalia abbiamo già finanziato un progetto di emergenza nel 2011 per fornire cibo alle mense delle scuole sostenute dall'associazione trentina «Acqua per la Vita» (Contributo provinciale: 100.000,00 €).
Infine numerosi sono i progetti finanziati che vanno a sostenere gli agricoltori di queste aree e i progetti per l'approvvigionamento di acqua potabile e per l'irrigazione.

LA SITUAZIONE DI EMERGENZA

I paesi dell'Africa Orientale sono oggi colpiti dalla peggiore siccità registrata negli ultimi 60 anni.
L'Etiopia, la Somalia, il Kenya si trovano infatti a fronteggiare una crisi che riguarda 13 milioni di persone.
Ma la crisi umanitaria rischia di coinvolgere anche Sud Sudan, Eritrea, nord Uganda ed il Gibuti.
Due successive stagioni delle piogge particolarmente scarse hanno determinato una situazione drammatica, con conseguenze che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel medio periodo.
In alcune aree della regione il prezzo del grano è salito tra il 100 e il 200%, riducendo la disponibilità di alimenti per le famiglie e per il bestiame, che rappresenta una delle principali fonti di sussistenza nell'area.
In Somalia la siccità si somma a una crisi politica e militare che non trova soluzione ormai da vent'anni.

L'ospedale di Mogadiscio ha esaurito le medicine di base e la città ha raggiunto il limite della sua capacità di accogliere nuove persone.
Le Nazioni Unite hanno dichiarato oggi lo stato di carestia in Somalia, in particolare nelle zone meridionali di Bakool e nel basso Uebi Scebeli.
La «fame» era stata dichiarata ufficialmente in questa zona l'ultima volta nel 1993.
La combinazione di instabilità politica, siccità e aumento dei prezzi delle derrate alimentari, ha creato una situazione di grave emergenza. Il tasso di malnutrizione in molte zone supera il 50% e migliaia di persone sono già morte per questa causa negli ultimi mesi.

Le Nazioni Unite stimano che 500 mila bambini sono in immediato pericolo di vita e i tassi di mortalità sono di tre volte superiori a quelli considerati 'di crisi' dalle agenzie umanitarie. Sono centinaia di migliaia le persone che stanno lasciando le loro case per rifugiarsi nei paesi vicini, anch'essi allo stremo a causa della siccità.
In Kenya, nel campo di Dadaab in pochi giorni si è passati da 300 mila a 400 mila sfollati. In attesa che si realizzino i nuovi campi promessi, quasi 400 mila persone vivono in un area prevista originariamente per 90 mila.
Mancano i servizi di base per almeno 470 mila persone, quelle arrivate da gennaio a giugno 2011.

A Dadaab, dove i profughi giungono prevalentemente dalla Somalia e dall'Etiopia, l'acqua è disponibile solo in quantità molto limitate, tra i 500ml e i 3 litri al giorno, contro uno standard minimo di emergenza di 15 litri per riuscire a bere e garantire un'igiene di base.
Una condizione che incrementa in modo esponenziale il rischio di un'esplosione epidemica, anche a causa della diffusione della diarrea e del morbillo contro cui solo un limitato numero di bambini è vaccinato.
La siccità colpisce ormai drammaticamente anche i paesi ospitanti, con i prezzi degli alimenti in crescita tra il 50 e il 240%, e numerosi kenioti che ormai cercano a loro volta assistenza nei campi. In Kenya, nella Rift Valley il raccolto, in questa zona che è uno dei granai del paese, farà fatica a raggiungere il 10% della media.

In Etiopia soprattutto nella Somaly Regional State, nuovi arrivati quotidianamente affollano i Transit points dei campi per rifugiati, mentre anche qui i prezzi degli alimenti di base sta aumentando vertiginosamente, le risorse idriche sono messe a dura prova e le scorte alimentari stanno terminando.
Tutti gli anni questo è un periodo molto difficile per le popolazioni perché, tendenzialmente, le famiglie hanno terminato le scorte alimentari e non hanno abbastanza denaro per comprarsi da mangiare.
Questo accade perché abitualmente i prodotti agricoli si vendono subito dopo la raccolta, ad un prezzo di mercato molto basso.
E visto il fallimento delle ultime due stagioni agricole le riserve sono scarse e si stanno diffondendo gravi problemi legati alla malnutrizione.

A conclusione del vertice convocato alla FAO per discutere dell'emergenza in Africa Orientale, i paesi donatori si sono dati un nuovo appuntamento alla prossima conferenza sugli aiuti.
L'ennesimo rinvio per una crisi che era stata ampiamente annunciata delle organizzazioni umanitarie e che per mesi è rimasta colpevolmente dimenticata.